Fontana bonificò 250 mila euro al cognato per risarcirlo della donazione. Allora sapeva della fornitura imbarazzante.
Ovviamente non abbiamo dubbi sul fatto che Attilio Fontana, governatore della Regione Lombardia, non abbia mentito e non stia mentendo riguardo la brutta vicenda della vendita di camici sanitari alla Regione da parte della Dama Spa, amministrata da suo cognato Andrea Dini, fratello di Roberta Dini moglie di Fontana e intestataria del 10% delle azioni.
Si tratta, come è ormai arcinoto, della famosa vendita trasformata dalla stessa Dama il 20 giugno in donazione, quando ormai era trapelato che sulla vicenda c’erano già giornalisti in piena caccia.
Non abbiamo dubbi. Però ci sono tre particolari strani. Decisamente strani.
Tre strani dettagli
Il primo, stranissimo, è che nell’elenco ufficiale della Regione che riporta TUTTE le donazioni di privati il nome della Dama Spa NON figura da nessuna parte. Come mai? Ho provato a chiederlo in Regione, ma dopo una serie di bocche cucite e silenzi ho trovato che mi ha dato una risposta o sibillina o lapalissiana:
“Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”.
Come sarebbe a dire?
“Sarebbe a dire che è meglio lasciar lavorare i magistrati”.
Il secondo particolare non lo ricorda nessuno, ma pare anch’esso alquanto importante: Fontana quando è diventato governatore della Lombardia – 26 marzo 2018 – ha dichiarato come reddito del 2017 la cifra di 294 mila euro, come riporta diligentemente l’edizione del 19 luglio 2018 del giornale Repubblica.
Fontana e l’eredità della madre
Dell’eredità dei 5,3 milioni di euro di sua madre Maria Giovanna Brunella, dentista, morta a 92 anni nel giugno 2015, quando il figlio era sindaco di Varese, nelle dichiarazioni d’obbligo per gli eletti in Regione finora i magistrati non hanno trovato traccia. La madre di Fontana era intestataria di due trust nel paradiso fiscale della Bahamas: in uno suo figlio era il “soggetto delegato e nell’altro il “beneficiario economico”.
Strano che i magistrati non ne abbiano trovato traccia, perché già nel settembre di quel 2015 Fontana, all’epoca presidente del Consiglio regionale, approfittando dello scudo fiscale e della legge sulla “voluntary disclosure”, cioè sulla “collaborazione volontaria”, aveva regolarizzato nei confronti del fisco italiano la posizione di quei quattrini senza subire sanzioni penali.
La Voluntary Disclosure permette infatti agli italiani che hanno patrimoni all’estero sconosciuti all’Agenzia delle Entrate di regolarizzare la propria posizione, anche sul piano penale, pagando le imposte scontate. E così i 4,4 milioni di euro rimasti dopo la regolarizzazione erano a tutti gli effetti nella disponibilità di Attilio Fontana, anche se ufficialmente amministrati da una società terza, l’Unione Fiduciaria, e depositati in Svizzera presso la banca UBS.
Fontana diceva di non sapere ma…
Il terzo particolare strano è che fino al 7 giugno scorso di fronte all’esplodere del caso grazie a inchieste giornalistiche, Fontana ha sempre dichiarato di non sapere assolutamente nulla dell’intera vicenda – e dell’annessa procedura – che ha coinvolto la Regione da lui governata e l’azienda Dama Spa, proprietaria del noto marchio Paul&Shark. La Dama, come abbiamo già detto, è amministrata da suo cognato Andrea Dini, fratello di Roberta Dini moglie di Fontana e intestataria del 10% delle azioni.
Come poteva però Attilio Fontana non saperne assolutamente nulla se il 19 maggio, cioè il giorno prima della sorprendente trasformazione della vendita in donazione, aveva deciso di versare con un bonifico 250 mila euro alla Dama Spa proprio per rifonderle gran parte del mancato guadagno? Mancato guadagno, si noti bene, di cui pubblicamente nessuno sapeva ancora niente.
Fontana il 19 maggio ha fatto un bonifico tramite l’Unione Fiduciaria, che amministra per lui il mandato fiduciario dei 4,4 milioni di euro. Il bonifico però è stato bloccato in base alla normativa antiriciclaggio perché non era indicata nessuna causale e il versamento era per giunta disposto da persona caratterizzata da un incarico politico di peso.
Il 9 giugno la Guardia di Finanza, su segnalazione della Banca d’Italia a sua volta avvertita dalla fiduciaria, ne ha interrogato come teste il responsabile della Funzione anti riciclaggio.
E due giorni dopo Fontana ha annullato il bonifico.
Come andrò a finire?
Staremo a vedere.