Il Pentagono dice una cosa, ma Obama ne dice un’altra e lo sbugiarda, forse senza rendersene conto. Intervistato da Steve Kroft per la rete televisiva CBS su come è stata preparata la caccia a Bin Laden e su come ne ha vissuto in diretta la conclusione, il presidente Obama a un certo punto fa una affermazione esplicita: “C’è stato un momento in cui [gli uomini del commando] hanno detto che Geronimo era stato ucciso. E Geronimo era il nome in codice per Bin Laden”. L’intervista è stata pubblicata per intero su Repubblica di martedì 10 maggio, il testo occupa due pagine, la 12 e la 13, e la frase di Obama sul nome in codie Geronimo per Osama la si legge nelle ultime righe della prima colonna di pagina 13. Il presidente Usa, che è anche il comandante in capo delle forze armate, ha così affondato il comunicato con il quale il Pentagono, alle prime proteste dei “pellerossa”, ha tentato di mettere una pezza alla brutta gaffe del nome di un famoso capo apache affibbiato al Terrorista Mondiale Numero Uno: “Geronimo non era il nome in codice di Bin Laden, ma dell’atto della sua cattura o eventuale uccisione”, giuravano al Pentagono. Spiegazione già poco convincente di suo, che Obama ha liquidato. Non si sa se per leggerezza, distrazione o supponenza.
C’è un precedente, decisamente imbarazzante. George Bush junior fece la gaffe di chiamare “Crociata infinita” la campagna di bombardamenti dell’Afganistan e annessa invasione a seguito dell’attentato alle Twin Tower. Le proteste dei Paesi islamici furono tali e tante da indurre lo stordito Bush a cambiare velocemente il nome in “Operazione libertà infinita”, anche se non si è mai capito di chi fosse tale libertà illimitata. Ora a fare un’altra gaffe è Obama, e sempre sullo stesso tema, ma questa volta non ha protestato nessuno, né nel mondo islamico né in Occidente. Dell’infelice scelta del nome in codice per il capo di Al Qaeda si occupa da qualche giorno la commissione del Congresso degli Stati Uniti dedicata a combattere gli stereotipi razzisti contro i nativi americani, che vivono in prevalenza nelle “riserve indiane”. Finora però nessun giornalista è andato nelle riserve a chiedere agli abitanti cosa pensassero di questo nome in codice. Geronimo diede filo da torcere ai soldati Usa all’epoca dello sterminio degli “indiani d’America”, delle cui mattanze per mano delle Giacche Blu, dei pionieri, cioè dei coloni, e dei vari cow boy armati di revolver e Winchester, tutti noi quando eravamo ragazzini ci siamo razzisticamente entusiasmati. Il clou che ci riempiva di gioia era il momento dello squillo di tromba dell'”Arrivano i nostri!”: cioè quando, immancabilmente, la cavalleria delle Giacche Blu piombava al galoppo a far piazza pulita dei selvaggi cattivi, i “pellerossa”, per salvare i “buoni”, vale a dire i convogli degli invasori piovuti dall’Europa.
Per la Casa Bianca, che rappresenta il popolo americano, per il Pentagono e la Cia, vale a dire per le forze armate Usa e annessi servizi segreti, Bin Laden era il Geronimo dei nostri tempi? Accostamento pessimo, e non solo perché “Geronimo era un guerriero coraggioso e non un vile terrorista”, come ha scritto qualche giornale cambiando le carte in tavola molto in ritardo. Sì, molto in ritardo: a New York infatti si vendono T-shirt con la scritta “Terrorist” sul disegno di un gruppetto di “pellerossa” a cavallo per ricordare che il termine è nato negli Usa durante le guerre contro i nativi. Colpevoli di non sottomettersi e di combattere, sono stati prudentemente demonizzati bollandoli come terroristi… L’accostamento è pessimo anche perché legittima il sospetto che ancora oggi nel dna degli americani Usa ci sia del razzismo contro gli “indigeni”, piccoli rimasugli di molti popoli ridotti nei grandi ghetti delle famose “riserve indiane”. L’accostamento è inoltre imprudente perché potrebbe suggerire brutte idee: non vorremmo che Bin Laden venisse imitato anche da quanti se ne stanno nelle riserve a rimurginare sulle glorie degli antenati finite nella polvere.
A dire il vero di precedente brutto, e peggio, ce n’è anche un’altro. Un certo Adolfo Hitler a inizio carriera si entusiamò talmente per la “soluzione finale” adottata negli Usa verso gli indigeni, e per l’eugenetica Usa tesa a salvaguardare la “pura razza WASP” (acronimo di White, Anglo Saxon, Protestant) dagli immigrati dei popoli “inferiori”, da inviare una lettera di lode e ringraziamento a un noto esponente eugenetico statunitense. E poi da prendere la “soluzione indiana” a modello della “soluzione finale” nazista tesa a salvaguardare la “pura razza ariana”.
Come si vede, i motivi che avrebbero dovuto consigliare maggiore prudenza nella scelta dei nomi in codice sono vari. La gaffe di Bush tradiva, e fotografava, la visione imperiale della sua politica. Questo errore di Obama cosa fotografa? Nulla di bello, in ogni caso. Nulla di rassicurante per le minoranze sconfitte. Nulla di lodevole per una democrazia, quindi. Nulla di adatto per un Premio Nobel per la pace, qual è Obama. In ogni caso, che un tale errore sia stato compiuto o permesso da un nero è ancor più imbarazzante. Cosa avrebbe detto Obama se per nome in codice fosse stato scelto “Zio Tom”, “Kinta Kunte” o “Mandingo”?
“Indiani” a parte, saremmo curiosi di sapere che effetto ha fatto su Geronimo La Russa e suo padre, il nostro ministro della Difesa Ignazio La Russa, venire a sapere che Geronimo era il nome in codice del Terrorista Mondiale Numero Uno.