Gomorra all’Indice? Monta lo sdegno contro Saviano: “Esalta la Camorra”

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Roberto Saviano, autore di Gomorra

Roberto Saviano non solo respinge le accuse, ma addirittura accusa di complicità con la camorra chi, ormai in numero crescente, osa criticare la serie televisiva di Sky nata dal suo romanzo Gomorra:

“Ha ispirato baby gang? Chi lo dice è complice delle paranze“. Ove le paranze sono le bande armate di giovanissimi, che, come i pesci attirati dalle lampare delle paranze dei pescatori finiscono nella loro rete. Il penultimo romanzo di Saviano si intitola appunto “La paranza dei bambini”. Stando all’accusa lanciata dal romanziere, quelli che secondo lui sono “complici delle paranze dei bambini” aumentano in continuazione e comprendono nomi insospettabili. Difficile annoverare tra i “complici delle paranze” il presidente della giunta regionale della Campania, Vincenzo De Luca, che riguardo Gomorra e dintorni parla di “cose un po’ pelose e un po’ ipocrite”. Difficile anche annoverare  tra i complici Ciro Corona, rappresentante della cooperativa “Resistenza” di Scampia e del fondo rustico “Amato Lamberti” di Chiaiano, confiscato al clan Polverino e riutilizzato per un progetto di agricoltura sociale, secondo il quale la serie tv savianea di Sky mitizza i camorristi. Ma andiamo per ordine.

All’inizio poteva parere una critica malevola tirata per i capelli, anche se i sintomi c’erano già. Ora però oltre ai sintomi ci sono quelle che a detta di molti  sembra proprio siano prove inconfutabili – per esempio il taglio dei capelli “a cresta” a imitazione del personaggio figlio di un capo camorrista Genny Savastano – tali da poter affermare che l’impegno di Roberto Saviano riguardo la camorra non solo è una lotta contro, ma è invece un lucroso filone letterario e cinetelevisivo, molto redditizio.

Che per giunta  a Napoli e dintorni sta provocando anche emulazione da parte dei giovani e dei giovanissimi ai cui occhi la camorra e i camorristi narrati da Saviano appaiono con l’aureola dell’eroismo, da imitare quindi non solo con il taglio dei capelli. L’anno nuovo si è aperto con un boom di prenotazioni alberghiere della stanza dell’hotel Mignon di piazza Garibaldi a Napoli cara a Ciro Di Marzio, detto Ciro l’Immortale.

Si tratta purtroppo del personaggio della camorra, magistralmente interpretato da Marco D’Amore, diventato il protagonista chiave, quello cioè che più ha fatto furore, dei finora tre capitoli televisivi su Sky di Gomorra La Serie. Tre capitoli che hanno avuto un tale successo da avere convinto Sky a mettere già in cantiere il quarto, che – come ha promesso Nils Hartmann, direttore delle produzioni Sky Italia – sarà trasmesso tra l’autunno di quest’anno e la primavera del prossimo.

I molti patiti del genere sperano in un ritorno di Ciro nonostante che le ultime scene della terza serie lo abbiano visto morire ammazzato, con grande disappunto e dolore dei suoi ammiratori. La speranza che il morto torni, a mo’ di resuscitato, pare proprio una speranza vana, ma Ciro era soprannominato l’Immortale….

Oltre a rapine un po’ dappertutto e pestaggi di barboni in pieno centro, l’ultima trovata di aficionados e ammiratori è invece la foto manifesto apparsa in questi giorni su Facebook: immortala un gruppo di otto giovanissimi bellamente in posa da guappi camorristi: armati chi di pistola, per giunta di grosso calibro, chi di mazze e bastoni, chi di baionetta, chi “solo” di tirapugni, ma tutti in orgoglioso atteggiamento di sfida provocatoria.

L’agenzia di stampa Omninapoli ha reso noto che il forte aumento delle prenotazioni per soggiornare nell’albergo Mignon  si può spiegare solo   con la voglia di pubblicare nei cosiddetti social video e selfie con le stesse inquadrature e angolazioni di Ciro nell’hotel dove amava soggiornare tra un’impresa criminale l’altra.

Ma non ci sono solo le prenotazioni alberghiere. Ci sono infatti, come abbiamo visto, anche le imprese delinquenziali delle bande di giovanissimi, le baby gang, decisi a non sfigurare di fronte ai loro eroi televisivi. Tanto che il ministro dell’Interno Marco Minniti s’è sentito in dovere di correre a Napoli per presiedere un apposito comitato, annunciare l’invio di altri 100 poliziotti da dislocare nelle zone delle baby gang e sottolineare il pericolo del “rischio emulazione”.

Intanto però la serie nata dal filone savianesco di Gomorra e dintorni è il prodotto televisivo  italiano di maggior successo di tutti i tempi, venduto in poco meno di 200 Paesi. Il primo episodio ha raccolto una media di 1 milione 13 mila spettatori, numeri da finale  della  Champions League. E cifre da record anche sui social per tutte le 12 puntate.  Ottimo anche il debutto al cinema: lo scorso novembre alla vigilia dell’andata in onda su Sky i primi due episodi sono proiettati sul grande schermo ottenendo a Napoli un bagno di folla tra i giovanissimi e un incasso di oltre 500 mila euro.

Cosa c’entra tutto ciò con la lotta alla camorra? Nulla evidentemente. Si tratta solo di un lucroso business nel mondo dello spettacolo.  Nel ’92, cioè 26 anni fa, il giornalista de L’Espresso Giorgio Bocca – la cui rubrica L’Antitaliano è stata affidata all’italianissimo Saviano – pubblicò il libro di grande successo “L’Inferno. Profondo Sud, male oscuro”, che descriveva i malavitosi mali del nostro Meridione. Bocca però non si è mai presentato né mai è stato presentato come un eroe o un protagonista della lotta alla camorra, mafia, ecc., si accontentava di essere un bravo e coraggioso giornalista.

Stando così le cose appare quanto meno stonato, se non ipocrita, l’appello di Saviano secondo il quale Napoli ormai in fatto di baby gang è come il Sud America e solo la scuola può salvare i giovani innamorati della camorra e affini. Oltretutto Saviano dovrebbe sapere che spesso si tratta di ragazzi che la scuola l’hanno abbandonata e non si vede chi e come ce li possa riportare. Non si vede neppure chi e come come possa convincere gli altri giovanissimi  sulla cattiva strada  ad andare a scuola per studiare e diventare migliori anziché per scaldare i banchi.

E’ anche per tutto questo che le critiche e le accuse a Saviano/Sky salgono di numero e di tono. Al punto che  sulla propria pagina Facebook un economista di Pomigliano D’Arco – Giovanni Esposito, contitolare della Esposito Partners specializzata nel campo della consulenza legale, societaria, tributaria, del lavoro e della revisione contabile –  dopo una nuova impresa di baby gang  s’è sfogato molto duramente con il seguente post, subito condiviso e commentato positivamente da non poche persone oltre ad avere collezionato un buon numero di Mi piace:

“SOLO CHI SI RIFIUTA DI CAPIRE, NON COMPRENDE L’EFFETTO GOMORRA”.

L’ultima risale appena a quando due ragazzi sono stati circondati, aggrediti con l’uso di catene e derubati di uno smartphone a Pomigliano d’Arco (cittadina dove abito e lavoro). Solo chi si rifiuta di comprendere, non capisce il gravissimo danno, in termini di emulazione, che sta procurando il fenomeno Gomorra sulle giovani generazioni del mio territorio.

Lo si percepisce dagli atteggiamenti e dal vestire dei ragazzi per strada, dal loro modo di esprimersi e rapportarsi con gli altri, da quanto si stia diffondendo la pettinatura a “cresta” di Genny Savastano.

C’è chi arriva a dire, follemente e incautamente, che Roberto Saviano andrebbe privato della cittadinanza italiana ed espulso dal nostro paese; e che la serie, liberamente ispirata all’omonimo best seller che racconta, in termini criminalmente epici ed eroici, le gesta di camorristi nella periferia di Napoli, andrebbe censurata e vietata la sua messa in onda nella TV pubblica”.

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