Ilva. Ma se un magistrato indagasse sul fumo del tabacco

La Ilva di Taranto, la più importante industria siderurgica italiana nonché la seconda europea, se non ci mette una pezza il Governo, chiude i battenti per ordine della magistratura, che non ha esitato neppure a fare ricorso a una raffica di manette. Migliaia di lavoratori con la dura prospettiva, non solo a Taranto, di finire sul lastrico e un altro duro colpo all’industria italiana, da almeno vent’anni priva di una politica e ormai orfana di quasi tutti i suoi gioielli in tutti i settori

Per carità, nulla di dire contro la magistratura che deve pur fare rispettare le leggi e quando si tratta di salute pubblica, in questo caso dell’intera città di Taranto, non si possono certo fare sconti. Ci sono però delle considerazioni da fare, sia per evitare l’impressione di un funzionamento a singhiozzo della magistratura o di un suo uso di diversi pesi e diverse misure a seconda delle occasioni, sia per evitare che i governi continuino a latitare in fatto tanto di politica industriale quanto in fatto di chiarezza.

L’Italia ha un triste record europeo delle morti sul luogo di lavoro, ma non risulta che siano mai stati chiusi per ordine della magistratura non solo le industrie che non sempre rispettano le regole della sicurezza, ma neanche i cantieri edili dove il risparmio dei costruttori avviene sulla pelle dei lavoratori, evitando sistematicamente i costi e il rispetto delle norme di sicurezza..

Non solo Taranto, ma anche Gela, Priolo, Bagnoli, Porto Torres, le miniere dell’Iglesiente, Marghera ancora oggi e decine di altri siti industriali ancora in funzione o abbandonati – in totale 13 mila siti potenzialmente inquinanti – potrebbero finire sotto sequestro per ordine della magistratura. Quelli di interesse nazionale sono 57. Per bonifiche e messe in sicurezza servono 30 miliardi di euro, ma per le bonifiche al ministero dell’Ambiente sono disponibili la miseria di 164 milioni. Eppure le persone a rischio di danno si calcola che siano più di 6 milioni.

Il problema della discesa in campo della magistratura è nato, anzi è esploso il 10 luglio 1976. Vale a dire, ben 36 anni fa. Quel giorno è stato il giorno del disastro provocato della nube di diossina, una delle sostanze più pericolose esistenti, emessa dall’impianto chimico della Icmesa in quel di Meda: non ci furono morti, ma 240 persone colpite da lesioni e malattie della pelle e la massiccia contaminazione del territorio dei comuni di Meda, Cesano Maderno, Desio e Seveso. Senza contare che i danni alla salute anche per i nuovi nati sono stati documentati almeno fino al 2008 e che all’epoca il governo, primo ministro il democristiano Giulio Andreotti, pur essendo ancora vietato l’aborto concesse una deroga alle abitanti della zona che ne avessero fatto richiesta.

Nonostante tutto ciò, i vari governi che si sono succeduti non hanno mai fatto chiarezza in tema di sicurezza e inquinamento nei luoghi di lavoro, mostrando un atteggiamento velleitario se non rinunciatario esattamente come nella lotta all’evasione fiscale e alle mafie.

Avanti di questo passo, la magistratura sequestrerà anche l’intero settore del fumo di sigari, sigarette e pipe? In Italia le vittime del fumo si contano a decine di migliaia l’anno, con un costo sociale enorme reso ancora più drammatico dal monte di ore di lavoro perse per le malattie, che abbiano esito mortale o no. Le scritte “Il fumo uccide” e “Il fumo nuoce gravemente alla salute” si sono rivelate, come prevedibile, del tutto inefficaci. E meno male che Umberto Veronesi quando era ministro riuscì a far varare il divieto di fumo almeno nei locali pubblici e negli uffici. Provate però a dare un’occhiata a questo rapporto del ministero del 2009 del ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali.

A leggere il rapporto, c’è da mettersi le mani nei capelli. Dovranno intervenire i magistrati? E che diremmo se ciò accadesse?

Insomma, oltre al problema dello spread e della tenuta dell’euro c’è anche l’urgenza di tornare alla politica in grado di affrontare e risolvere anche altri problemi. Per evitare, tra l’altro. che la magistratura sia costretta di fatto a surrogare, spesso con conseguenze drammatiche, l’azione del legislatore. Che non è surrogabile.

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