ROMA – Ormai siamo al 20 settembre, giorno nel quale l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) chiederà all’Onu il riconoscimento della nascita dello Stato della Palestina. A quanto pare, il governo italiano sarà tra i pochi Stati che si opporranno, scelta politicamente ottusa e comunque decisa senza discussione alcuna, quasi che fosse stata imposta dall’esterno a un Silvio Berlusconi ormai chiaramente fin troppo ricattabile. Il portavoce del Dipartimento di Stato Americano, signora Victoria Nuland, ha già annunciato che gli Usa opporranno il veto. “Il riconoscimento dello Stato Palestinese può avvenire solo attraverso negoziati con Israele”, ha sentenziato Nuland. E visto come Israele ha implacabilmente ridotto il territorio palestinese nel corso dei decenni è come dire che i diritti di un pugile peso minimo non possono essere riconosciuti se non da una serie di incontri diretti sul ring con il peso massimo che gliele suona da sempre….
Paragoni a parte, se il veto Usa da una parte non sorprende, dall’altra invece sorprende per vari motivi. Vediamo quali:
– l’ONU nel ’48 ha già deliberato la nascita dello Stato della Palestina, così come deliberò anche la nascita dello Stato di Israele. E’ ammissibile che in sede Onu si sbarri la strada alla nascita di uno Stato che la stessa Onu ha già deliberato nel 1948?
– Che senso ha voler impedire l’esecuzione di una delibera dell’Onu per privilegiare uno Stato, in questo caso Israele, che oltre a essere enormemente più forte della sua controparte, soprattutto dal punto di vista militare, è nato anch’esso proprio da una decisione dell’Onu?
– Che senso ha voler sostituire all’Onu lo Stato di Israele per trattare una faccenda di competenza Onu e sulla quale l’Onu s’è già espressa da tempo e con chiarezza?
– Che senso ha tutto ciò in particolare alla luce del fatto che Israele ha ignorato nel corso degli anni una ottantina di risoluzioni, ammonimenti e raccomandazioni della stessa Onu contro i suoi “eccessi” ai danni dei palestinesi e dei Paesi confinanti?
– Che senso ha voler imporre ancora trattative dirette tra Israele e i palestinesi quando Israele ha svuotato completamente gli stessi “accordi di pace” di Oslo, che il mondo salutò come risolutivi al punto che valsero il premio Nobel per la pace sia al palestinese Arafat che agli israeliani Peres e Rabin? E ricordiamo che quest’ultimo per “punizione” è stato ucciso da un fanatico israeliano.
– E’ ammissibile che tutto ciò avvenga per decisione di un Obama che ha come segretario di Stato la signora Clinton, arrivata al punto da prendere in seria considerazione e proporre all’Autorità Nazionale Palestinese il “trasferimento” dei palestinesi in Amazzonia? Questa proposta è stata resa nota dai “palestinian papers” che alcuni membri dell’Autorità Nazionale Palestinese seguendo l’esempio di Wikileaks hanno voluto rendere di dominio pubblico stufi del continuo traccheggiare di Israele e dell’arrendevolezza dell’ANP.
Cosa dovrebbe ancora trattare la disgraziata dirigenza palestinese, ridotta ormai ad amministrare dei francobollini di territorio, dei bantustan, delle riserve indiane che tra loro non possono neppure comunicare senza l’asfissiante filtro militare israeliano e senza il Muro? Muro che di recente il sociologo ebreo polacco diventato inglese Zigmunt Bauman ha paragonato al Muro nazista del ghetto di Varsavia.
Obama e la dirigenza di destra israeliana non si rendono conto che impedendo sempre e comunque la nascita di uno Stato palestinese degno di questo nome nel giro di un paio di decenni sarà impossibile che Israele continui ad essere “lo Stato ebraico” per il semplice motivo che gli ebrei saranno in minoranza. Già oggi i palestinesi e gli arabi cittadini israeliani, che non vivono cioè nei Territori occupati, sono quasi il 20% dell’intera popolazione. Tempo fa la giornalista e docente universitaria israeliana Tania Reinhart, ebrea, ha voluto ricordare in un suo libro che di norma uno Stato con una minoranza superiore al 20% deve essere considerato e dichiarato Stato binazionale.
Come si vede, la rigidità degli Usa e di Israele di fatto sfocia in un vicolo cieco. Che alla lunga diventerà esplosivo non solo per loro, ma anche per l’Europa colpevole di stare a guardare limitandosi a qualche protesta e borbottio tanto per lavarsi la coscienza, ma di fatto al guinzaglio della politica israeliana.
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