Lo scandalo della pedofilia che mina il clero irlandese ha avuto una nuova fiammata. Il primo ministro della cattolicissima Irlanda, Edna Kenny, dopo la pubblicazione del rapporto nazionale su decenni di abusi dei preti irlandesi sui minori non solo nella diocesi di Cloyne, che un paio di anni fa ha dato origine a una inchiesta su scala nazionale, ha accusato ad alta voce il Vaticano non solo di non aver “debellato” la pedofilia, ma di non averla neppure combattuta.
Si è infatti scoperto che quella che viene anche chiamata la Santa Sede ha coperto in modo sistematico i suoi violentatori di minori irlandesi anche in tempi recenti. “Questa è una Repubblica, non il Vaticano!”, ha tuonato Kenny chiedendo spiegazioni Oltretevere. Affermazione elementare, ma sicuramente inaudita per i nostri politici, quando invece l’Italia avrebbe proprio bisogno di meno acquiescenza e servilismo clericale. Il governo di Dublino ha annunciato che il cancro della pedofilia del clero cattolico “sarà affrontato con una nuova legislazione che obbligherà i sacerdoti a denunciare anche i casi appurati in confessione”.
Immediata la reazione d’Oltretevere. Il portavoce vaticano monsignor Federico Lombardi ha ripetuto piuttosto imbarazzato una frase simile a quella che ormai ripete ogni volta che, dagli Usa all’Australia, scoppia uno scandalo di preti cattolici pedofili: “La Santa Sede risponderà opportunamente alla domanda posta dal governo irlandese a proposito del rapporto sulla diocesi di Cloyne. Ci auguriamo che il dibattito aiuti “la salvaguardia dei bambini e dei giovani, come auspicato dal Papa”. Dura invece la replica dell’arcivescovo Francesco Girotti, reggente della Penitenzeria Apostolica: “Il sacramento della confessione non si tocca!”.
Strano però che don Girotti non sappia che quando faceva comodo alla Chiesa il sacramento della confessione è stato “toccato”, e non poco. Papa Paolo IV nel 1559 impose ai confessori di chiedere come prima cosa ai penitenti se possedessero o avessero letto “libri eretici” e cosa sapessero a questo riguardo dei loro parenti, amici e conoscenti, nonché – in caso di risposte affermative – di rimandarli al tribunale dell’Inquisitore perchè abiurassero o denunciassero formalmente gli altri. L’assoluzione dai peccati poteva avvenire solo dopo questo passaggio. Di questo e di altri casi del genere ha parlato per esempio nel suo libro “Tribunali della coscienza”, edizioni Einaudi, il docente Adriano Prosperi. Il quale ha scritto anche altrove pagine interessanti sulle radici storiche dell’ossessione della copertura dei reati sessuali del clero. “Una ossessione che viene da lontano e che sbocca direttamente nelle linee di comportamento della Congregazione erede del Sant’Uffizio”, ci ha spiegato il docente: “Ne ho parlato anche nel Dizionario storico dell’Inquisizione da me curato”.
Per l’Italia però il problema è anche e soprattutto un altro. A impartire l’ordine di tacere alle autorità civili qualunque caso di pedofilia del clero sono stati personalmente, con una circolare inviata nel 2001 ai vescovi di tutto il mondo, gli attuali papa Benedetto XVI Ratzinger e segretario di Stato Tarcisio Bertone, all’epoca rispettivamente capo e suo vice della Congregazione per la Dottrina della Fede, come si chiama oggi quella che una volta era l’Inquisizione prima e il Sant’Uffizio dopo.
Tant’è che nel 2005 Ratzinger è stato incriminato da una corte del Texas in un processo per pedofilia contro alcuni sacerdoti e se non è stato rinviato a giudizio lo deve al fatto che essenso nel frattempo diventato papa ha potuto godere dell’immunità concessagli per ordine di George Bush al magistrato. Bertone, attuale segretario di Stato del Vaticano, cioè suo capo del governo, invece non ha avuto nessun fastidio.
Da qualche tempo, come è noto, il sempre molto sorridente cardinal Bertone si dà molto da fare per far rinascere in Italia il partito dei cattolici, qualcosa che somigli molto alla defunta Democrazia Cristiana, travolta anch’essa come tutti gli altri partiti dal (l’inutile) ciclone di Mani Pulite.
Si dà il caso che il Vaticano sia uno Stato estero, sovrano, diverso e distinto dall’Italia, anche se all’ombra del Cupolone non tutti ne sono convinti. In qualunque altro Paese civile le manovre del capo del governo di un Paese straniero per crearvi un partito susciterebbero scandalo e indignazione, specie se le manovre fossero fatte sfacciatamente alla luce del sole e con tanto di squilli di trombe, per giunta vantandosene a 32 denti.
In Italia invece pare normale, al nostro ceto politico, che il Vaticano faccia e disfaccia a suo piacimento, come fosse la Casa Bianca ad Hanoi o a Panama o l’Eliseo nel Ciad e in Nigeria. Sì, lo so, certe cose accadevano già ai tempi di Roma e Cartagine, ognuna delle due finanziava un partito amico all’interno delle mura dell’altra.
E poi, per essere sinceri, il ritorno della Democrazia Cristiana non sarebbe male, in definitiva era meno prona alla Chiesa dei politici laici di oggi. Però non dovrebbe essere ritenuto normale che a occuparsi di creare un partito in Italia, e un partito di governo, sia proprio il primo ministro di uno Stato estero che, come Bertone, ha pesanti responsabilità nella protezione internazionale della pedofilia e nella sottrazione dei colpevoli in abito talare alla giustizia dei singoli Paesi.
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