La guerra vista dalla parte della Russia mon amour. Galeotta è stata l’iscrizione fatta per caso a un corso di lingua russa quando 30 anni fa era ancora studentessa del liceo classico Cairoli a Varese, Lombardia profonda.
Da quel corso è nato un innamoramento per la Russia che negli anni ha portato la liceale varesina, al secolo Rossella Bezzecchi, a organizzare in Italia infinite mostre d’arte e di artigianato russo. Scambi tra musei italiani e russi. Inviti a giovani artisti russi per farli conoscere in Italia. Perfino l’organizzazione del Festival di Arte, Moda e Luce nella città di Kazan, capitale del Tatarstan.
Un’attività intensa di promozione dei rapporti artistici e artigianali tra Italia e Russia che l’ha portata anche a conoscere grandi artisti come il poeta Evtušenko e il ballerino Nureyev. Statisti come Mikayl Gorbaciov quando da poco non era più il presidente dell’allora Unione Sovietica.
DOMANDA – Per i 200 anni dalla nascita di Fëdor Dostoevskij il Comune di Mosca, il Comune di Milano e l’ambasciata russa a Roma avevano approvato il progetto di installare una statua a lui dedicata, realizzata dall’artista Alexey Morozov, in un luogo centrale di Milano. Città nella quale Dostoevskij soggiornò e si innamorò del duomo di Milano. Però poi non se n’è fatto niente. Perché?
RISPOSTA – Lo scorso 24 febbraio eravamo tutti nel giardino della Biblioteca Sormani per definire il luogo della posa della statua, quando è arrivata la notizia dell’invasione dell’Ucraina. E così il progetto è andato in fumo. Da allora sono rimaste bloccate una infinità di iniziative nel campo dell’arte e dell’artigianato, non solo quelle mie. Non c’è solo il blocco del gas, del petrolio, dei conti bancari, ma anche il blocco di questi scambi. Con danni notevoli per tutti.
D – Lei è da tempo molto attiva negli scambi culturali, artistici e artigianali con la Russia. Nel 1995 ha anche conosciuto Gorbaciov,
L’ex presidente dell’Unione Sovietica, varando a metà degli anni ’80 la Perestroika, nome russo di un vasto complesso di riforme politico-sociali ed economiche, e la Glasnost, cioè la Trasparenza, tentò di rendere più moderno e funzionante il colosso sovietico. Ottenendo però come risultato finale il suo crollo e scioglimento. Quali sono gli scambi e i programmi che lei stava curando e che ora sono bloccati dalla pioggia di sanzioni contro la Russia?
R – Sono esattamente più di 30 anni che mi sono avvicinata alla Russia, grazie ad un occasionale corso di russo fatto quando ero ancora liceale. Da allora la Russia non mi ha mai abbandonato. E’ stato come un amore a prima vista: ora sono fermamente convinta che esista anche il mal di Russia!
Ho iniziato ad andarci appena laureata, al timone c’era Gorbaciov, era una Russia ancora sovietica, affascinante per alcuni versi, era come si fosse per me fermato il tempo, o meglio essere catapultata in un’altra epoca, completamente lontana dal nostro consumismo. Non avrei mai pensato che 7 anni dopo avrei avuto l’occasione di conoscere Gorbaciov, Gorby, come oramai tutti chiamavamo, anche se ormai non più presidente dell’URSS!
D – Gorbaciov, addirittura! E come mai ha potuto conoscerlo?
R – Tutto è nato da un desiderio di un mio caro amico scultore, il professor Vincenzo Bianchi, di volergli donare una scultura dedicata alla pace in occasione del conferimento del Premio Labris. M’impegnai nel farlo e in men che non si dica riuscii a raggiungerlo a Rimini, dove si svolgeva il Meeting di Comunione e Liberazione e dove lui era presente in una diretta televisiva con la Rai. Incontrai subito il suo consigliere Vadim Zagladin, persona estremamente gentile, che mi organizzò il tutto. Dopo soli due mesi eravamo a Mosca in via Leningradskaja , dove c’era la sede della Fondazione Gorbaciov.
D – Sarà rimasta quanto meno sorpresa.
R – Ricordo che quando entrai per prima, come ambasciatrice di quel premio, essere davanti all’uomo che aveva affascinato tutto il mondo, mi aveva provocato un’emozione molto forte.. Ebbi l’occasione di rincontrarlo ancora a Venezia, nel 2008 all’hotel Hilton già in un’altra veste, quella di presidente della Green Cross.
Ho cercato poi in quegli anni di poter portare Gorbaciov in Svizzera a Lugano per un Summit Political Forum , simile a quello fatto a Torino, ma per varie difficoltà organizzative della città non si è potuto realizzarlo.
D – Veniamo ad oggi.
R – Arrivando ad oggi mi stavo occupando di svariati progetti, alcuni già in stand by per via del coronavirus: dal progetto per i 100 anni della Repubblica del Tatarstan, a progetti su particolari illuminazioni a San Pietroburgo, alla mostra di un noto scultore contemporaneo Vasily Klyukin di origine russa a Como, che piace tanto a Sharon Stone, presso la Pinacoteca Civica da inaugurare il 7 luglio, un progetto sulla collezione del Museo Russo ( Ottocento e Avanguardia) presso i musei Civici di Villa Mirabello a Varese, la mia città, a una mostra di artisti contemporanei dalla galleria nota internazionalmente Liquid Art Gallery di Capri a San Pietroburgo, alla 4 edizione del Premio Felix, premio internazionale di cinema russo.
D – Che effetto vi ha fatto la notizia appresa a palazzo Sormani dell’invasione e della conseguente cancellazione dell’iniziativa in onore di Dostoevskij?
R – Rimanemmo tutti molto perplessi, sbigottiti. Da parte russa ci tranquillizzarono: tutto si sarebbe risolto in un paio di giorni, si sarebbe trattato di una cosa breve e poi la politica non avrebbe mai intralciato la cultura! Invece…
Con la mia città, Varese, avevamo in progetto di fare una bella mostra sulle quattro stagioni dell’arte russa compreso ottocento e avanguardia. A settembre scorso ho portato a termine un bel progetto. Tra il congresso degli architetti di Mosca e l’ordine degli architetti di Varese, presidente l’architetto Elena Brusa Pasquè, abbiamo realizzato un bel video e un libro in russo su Varese, che abbiamo presentato alla Camera di Commercio.
Erano previsti scambi di progetti tra architetti russi e varesini a iniziare da quest’anno. Tutto in fumo, o almeno fermato.
Peccato, anche perché sempre a Varese 4 anni fa siamo riusciti a celebrare, con l’arrivo di macchine storiche sovietiche, alla presenza di giornalisti del giornale Izvestija e del più grande tour operator in Russia, i 125 anni del passaggio dalla mia città del generalissimo Aleksander Suvorov.
D – Il 30 settembre dell’anno scorso s’è tenuto a Palazzo Litta a Milano il Summit museale italo-russo, cioè l’atto iniziale delle varie attività di scambio e cooperazione previste per quello che è stato definito “l’anno incrociato Italia Russia dei Musei 2021-2022”.
A Palazzo Litta il Ministro della Cultura Dario Franceschini e il Sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni hanno accolto una folta delegazione di direttori dei principali musei russi, accompagnati dalla ministra della Cultura russa, Olga Borisovna Ljubimova, e dall’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov. Perché è stato definito anno “incrociato” e quali erano i programmi da realizzare?
R – C’è stato un summit dei musei italiani e russi invitati dal Ministero della Cultura Italiano per scambiare idee, collaborazioni, strategie e in generale fare il punto della situazione nei musei nel mondo.
Dalla Russia c’erano i rappresentati di quasi tutti i musei: dalla simpatica Elena Gagarina, figlia del cosmonauta Yurij Gagarin e ora a capo del Musei del Cremlino al direttore del Museo di Stato Russo e alla vice direttrice dell’Ermitage, dalla direttrice dei musei di Zarskoe Selo, il Palazzo estivo di Ekaterina, ai responsabili della Galleria Tretjakov e del Museo Pushkin di Mosca, con la discendente e nipote di Tolstoj e i rappresentanti di tanti, tanti altri musei…. Anno incrociato in quanto i programmi di ciascun museo avrebbero dovuto appunto “incrociarsi”, realizzando vari interscambi, promuovere mostre etc.
D – E che fine hanno fatto quei programmi, quegli incroci? Sospesi? Rinviati? Cancellati?
R – I programmi sono stati cancellati purtroppo, alcuni congelati, ma il punto è che si tace, su tutto ciò è calato un muro di gomma.
D – Lei si è occupata o si occupa ancora di gioielli d’arte ortodossa. Cos’hanno di particolare questi gioielli? Se n’è occupata con una sua società? Se ne occupa ancora?
R – Sono stata per diversi anni la responsabile del brand russo Vladimir Mikhailov, che produce gioielli d’arte russa ortodossa , un’azienda nota e che ha molti punti vendita in Russia, nato subito dopo la caduta del comunismo e la riapertura delle chiese. A Milano avevamo una sede prestigiosa con uno show room in via del Gesù.
D – Si vendono ancora queste collezioni?
R – Solo a Bari, dove ho creato un progetto apposito, visto il legame che Bari ha con la Russia per via di San Nicola, patrono della città. Mi ricordo che venne Putin a Bari nel marzo 2007, in quell’occasione osannato, in occasione del summit Russia-Italia.
Ci fu una grande cerimonia, alla presenza dell’allora premier Romano Prodi per la riconsegna simbolica alla Russia della Chiesa ortodossa russa di Bari. Io ero alla conferenza stampa, a pochi metri da Putin che presentava. Sono stata recentemente a Bari, dato che lì il progetto commerciale continua e ho potuto constatare che la presenza dei russi è diminuita drasticamente.
D – Lei a Mosca ha conosciuto anche Vadim Zagladin, consigliere in politica estera di Gorbaciov e del suo predecessore Leonid Brezhnev.
Zagladin voleva riformare il comunismo in socialdemocrazia, cosa che lo ha reso molto vicino all’Europa occidentale e amico personale dei presidenti François Mitterand, Willy Brandt e del nostro Giorgio Napolitano. Che argomenti ha trattato con Zagladin? Si interessava anche lui agli scambi culturali e artistici con l’Italia?
R – Ho conosciuto Vadim Zagladin prima di Gorbaciov, è stato lui che mi portò da Gorbaciov. Una persona coltissima, poliglotta, di una gentilezza squisita , unica.
Ho organizzato per lui delle conferenze in Svizzera e in Italia, con un tema sempre ricorrente : l’Europa dalla caduta del muro di Berlino. Era imbarazzante per lui trovarsi, mi confidò allora, nella situazione di doversi sostenere anche con le conferenze, dopo il putch che aveva fatto cadere Gorbaciov: da uomo che incontrava quotidianamente Presidenti di Stato , mi raccontava che la sua vita era cambiata radicalmente . Diventammo amici. Per me fu una grande perdita, parlare con lui , sentire le sue analisi politiche sul mondo era incredibilmente arricchente.
Zagladin era il consigliere personale di Gorbaciov, fine uomo di politica ma anche di cultura. Insieme abbiamo fatto tantissimi incontri, tra Italia, Lugano e Piacenza dove c’era la Fondazione Gorbaciov Italia. Si parlava di tutto, lui era spesso in Italia, con la bella moglie Gianna e la figlia Katya, adorava la Toscana e Punta Ala, dove partecipava a dei campus estivi presso la fondazione Giorgio La Pira.
D – Cos’è il Premio Felix da assegnare, o assegnato, a Palazzo Reale a Milano?
R – Il Premio Felix è il primo Festival del cinema russo in Italia, creato 4 anni fa dalla brava produttrice di film italo-russi Uliana Kovaleva, che mi ha coinvolto in questo progetto per la promozione istituzionale. Si svolge, dopo il Festival di Venezia, a Milano e vengono proiettati al cinema Anteo di Milano dei film scelti da Uliana, dopo un’attenta selezione.
Alla fine viene premiato il film scelto da una giuria composta da personaggi di spicco della cultura e di cinema, alla presenza di ospiti internazionali, di registi e attori. L’ultima edizione è stata proposta presso il patio di Palazzo Reale a Milano, con un gran successo di stampa e di pubblico. Lo abbiamo presentato anche nelle città di Como e di Varese, l’anno scorso.
D – Alla Villa Reale di Monza avrebbe dovuto esserci o c’è stata la mostra di cammei dell’Ermitage. Sono così tanti i cammei del museo dell’Ermitage da poter alimentare un’intera mostra all’estero?
R – La mostra sui gioielli ad intaglio e di cammei antichi, provenienti dall’Ermitage insieme a pietre preziose-gioiello intagliate del gioielliere Aleksander Tenzo, un po’ il Bulgari russo, avrebbe dovuto essere organizzata nel 2020 presso i Musei di Villa Reale a Monza, su mio diretto interessamento: ho fatto in modo che Michail Piotrovsky, l’ormai mitico direttore dell’Ermitage, potesse essere disponibile a tale operazione, ma quando tutto si doveva iniziare , il direttore del Museo di Monza fu trasferito e la cosa si congelò. Quest’anno prima di febbraio avevo ripreso lo scambio tra Ermitage e Monza, ma poi di nuovo la novità della guerra in Ukraina ha fermato tutto…
D – Lei due anni fa ha organizzato il Festival di Arte, Moda e Luce nella capitale Kazan del Tatarstan per i cento anni della sua nascita. C’è stata partecipazione del mondo della moda italiano? E in che senso festival anche della Luce?
R – Una precisazione: non abbiamo potuto organizzare il Festival di Arte , Moda e Luce in quanto la pandemia ha fermato anche questo progetto in fiere, avrebbe dovuto essere un festival internazionale a cavallo tra la cultura occidentale e quella orientale, in occasione sempre dei 100 anni del Tatarstan. Solo lo scorso agosto su invito del ministro della cultura del Tatarstan, Irada Oiupova, ho tenuto una conferenza tra arte e moda a Kazan e sono state organizzate delle sfilate di designer tatari. Il programma prevedeva che da quest’anno si invitassero questi designer a Milano e insieme al cavalier Mario Boselli presidente on. di Camera Nazionale della Moda si potesse fare una kermesse di moda tatara durante la fashion week. Sempre per i 100 anni del Tatarstan , era stato presentato un progetto-spettacolare open air per il centenario della indipendenza di questa Repubblica, legato anche ad una singolare leggenda di questo incredibile paese.
D – Cos’è il Tunnel della Conoscenza che vede la partecipazione di 190 Paesi dell’Unesco?
R – Sempre per la capitale del Tatarstan e su richiesta della ministra Irada quest’anno mi era stato chiesto di poter preparare un progetto di allestimento per la capitale Kazan che potesse essere presentato in occasione del forum UNESCO per la 45 sessione del Comitato per il patrimonio dell’umanità, cui avrebbero dovuto partecipare ben più di 190 paesi. L’esperienza in Tatarstan è stata ed è una grande scoperta , la scoperta di un popolo totalmente differente da quello russo, detentore di un’antica storia che arriva a Gengis Khan , culla di tutte le religioni dove l’islam russo è da sempre in armonia con il cristianesimo ortodosso. Fatto singolare è che nel territorio del Cremlino di Kazan la chiesa ortodossa si trovi a pochi metri dalla moschea.
D – Come è nato questo suo interesse per l’arte e il mondo russo?
R – E’ nato in modo del tutto casuale: liceale del Classico mi fu offerto di seguire in 5 ginnasio un corso di russo: aderii e l’anno seguente decisi di continuarlo come prima lingua all’Università IULM di Lingue e Letterature, abbandonando la mia passione per l’arte e la recitazione che mi avrebbe invece fatto scegliere il DAMS di Bologna.
Da allora non ho più abbandonato il mondo russo , tanto che mi sono anche sposata un russo, che di mestiere faceva lo scrittore, ho vissuto a Mosca negli anni dopo la Perestroika e fino ad oggi ogni anno vado in Russia regolarmente. La Russia è diventata un po’ lo mia seconda patria, ormai non potrei farne senza, fare senza di tutte quelle voci amiche, molte delle quali persone di grande intelligenza, cuore e talento che ho incontrato negli anni e che fanno parte del mio bagaglio personale.
D – Immagino che con le sanzioni e i divieti contro la Russia siano state bloccate anche le iniziative di altri operatori di scambi culturali, artistici e artigianali con l’Italia. Quali sono le iniziative più importanti bloccate?
R – Immagino di sì, tante persone in Italia che si occupano di Russia hanno dovuto bloccare le attività e saranno tutte danneggiate da questa situazione. E’ una grande perdita per tutti quelli che come me ha investito in questo paese energie, lavoro e amore. Non riesco ad immaginare quando si potrà recuperare il tutto. E pensare che Italia e Russia hanno sempre viaggiato in sintonia, c’è stata sempre verso al Russia simpatia ed interesse da parte dell’Italia. Le iniziative bloccate sono diverse , altre come la mostra di Kandinsky a Rovigo hanno continuato ad essere aperta.
D – E si può tentare una stima di quanti sono gli operatori danneggiati e a quanto ammonta il danno totale
R – Onestamente non sarei in grado di poter quantificare i danni
D – Il danno colpisce anche il turismo tra i due Paesi?
R – Certamente si, non dimentichiamo che in questi ultimi 15 anni il turismo russo in Italia è stato uno dei più consistenti per numero e consumi. Abbiamo note cittadine turistiche, come Forte dei Marmi, dove i russi hanno fatto da padroni, comprando ville, alberghi, ora sono tre anni tra pandemia e ora la guerra che non stanno arrivando.
D – Lei ha conosciuto molti artisti russi, vari dei quali famosissimi. Quali l’hanno impressionata di più?
R – L’incontro più significativo è stato con Evghenij Evtushenko. Era il 91, inaugurazione dell’apertura del museo dacia di Boris Pasternak, nel villaggio dei poeti, fuori Mosca . Evento importante; c’erano le televisioni, giornalisti. Io ero con un caro amico di famiglia, l’allora sindaco di Mantova, (che ebbe il compito di celebrare il mio matrimonio con uno scrittore russo) Vladimiro Bertazzoni.
Il nome, Vladimiro, è russo non a caso: Bertazzoni era nato in Uzbekistan da genitori italiani rifugiati in quel Paese perché socialisti. Fu lui che mi presentò’ Evtushenko, del quale aveva tradotto alcune poesie.
Dopo l’inaugurazione del museo di Pasternak andammo a Peredelkino nella dacia di Evtushenko, che ci offrì del buon vino georgiano. Mi fece una dedica forte su un libro e mi strinse a sè per delle foto.
Da quel momento lo rividi diverse volte, lo invitai ad un festival della poesia a Lugano, dove recitò poesie struggenti con mia madre, anch’essa poetessa. Evghenij sapeva recitare come non pochi poeti sanno fare con le proprie poesie, in modo teatrale. Sapeva affascinare il pubblico.
L’ultima volta che lo rividi, tre mesi prima che morisse, recitò in una prestigiosa galleria d’arte privata sotto la chiesa di Cristo Salvatore a Mosca. Recitò per due ore di fila, con veemenza nonostante la salute ormai cagionevole perché gli avevano già amputato una gamba.
D – Mi pare abbia recitato anche a Roma.
R – Sì. Poiché si cimentava anche nel cinema mi chiese di trovargli un coproduttore per un suo film sui funerali di Stalin. Gli presentai l’amico regista Giuliano Montaldo, che era allora presidente di Rai Cinema. Non se ne fece nulla, agli italiani non sarebbe interessato un film del genere. Ma di quell’incontro rimane un momento molto toccante quando Evtushenko nel grande salone affrescato del Grand Hotel Plaza recitò una delle sue poesie più belle, Babij Yar, e Montaldo si commosse fino alle lacrime. Ero contenta che due grandi anime avevano avuto occasione d’incontrarsi. Questo per me fu importante.
D – Era l’epoca in cui in Russia le recite dei poeti riempivano gli stadi come da noi i Rolling Stones e i Beatles.
R – Vero! In seguito conobbi in modo fortuito e curioso anche Bella Achmadulina, grande poetessa, una delle mogli di Evtushenko. Lei , Evtushenko e Voznesenskij negli anni ’60 riempivano gli stadi con decine di migliaia di fan. Sì, proprio come da noi succedeva con i Rolling Stones e i Beatles.
D – Qual è il modo fortuito e curioso col quale ha conosciuto Achmadulina?
R – Ero stata mandata in un sanatorij, cosi si chiamava una specie di casa di riposo degli scrittori, a 400 km da Mosca, per riprendermi un pò dalle mie pene sentimentali, dovute ad un matrimonio un po’ tribolato con uno scrittor russo. Quando arrivai immagino mi guardassero come una mosca bianca: un’italiana catapultata lì in quel gruppo di scrittori, un po’ debosciati.
Che mi presentarono Bella Achmadulina, l’ultima grande poetessa russa, che voleva organizzare uno spuntino nella sua stanza, dato che anche lei era nel sanatorij. Era un periodo nel quale trovare qualcosa da mangiare in giro era difficile. Sono riuscita miracolosamente a trovare gli ingredienti e così ho organizzato uno spuntino con pizza all’italiana.
D – L’ha più rivista, dopo?
R – Sì. Bella Achmadulina la rividi prima a Mosca, a casa sua, poi a Lugano dove l’avevo invitata per una nuova edizione del Festival della poesia. Venne insieme al marito Boris Messerer, mitico coreografo del teatro Bolshoj. Bella era già malata, per giunta colpita da un lutto recente, la scomparsa del suo amico di sempre, il poeta Voznesenskij. Bella era una donna affascinante, un po’ diva alla russa, ma estremamente fragile.
D – Ha conosciuto anche “il tartaro volante”, soprannome del grande ballerino Rudolf Nureyev?
R – Sì, ma quando ormai faceva il direttore d’orchestra, la sua nuova attività dal ‘91.
Vorrei aggiungere altri momenti con altri artisti, ma andrei ancor più per le lunghe.
Esiste il mal d’Africa. Ma anche il mal di Russia per chi l’ha conosciuta bene.