La mano dietro i black block: nuova strategia della tensione?

Ho guardato con attenzione i filmati dei disordini che hanno funestato la grande manifestazione degli “indignati” a Roma. E’ fin troppo chiaro, fin dalle prime mosse, che i cosiddetti black block erano bene organizzati.

Una organizzazione che non può essere stata improvvisata all’ultimo momento, ma che deve avere avuto bisogno di una preparazione piuttosto lunga e da parte di molte persone. Persone che hanno comunicato tra loro con telefonate, sms, e-mail, messaggi su Fecebook e quant’altro.

E’ quindi assolutamente impossibile che il tutto sia passato inosservato a chi di competenza, dai servizi segreti ai confidenti di polizia e carabinieri. Che le misure di sicurezza e lo schieramento delle forze dell’ordine siano stati argomenti quanto meno sottovalutati è lampante. Roberto Maroni è un ottimo ministro dell’Interno, può avere avuto fiducia nel senso di responsabilità dei manifestanti e dei loro organizzatori, evitando di mettere in campo migliaia di uomini in divisa. In tal caso è ancora più chiaro che i pericoli, anzi le certezze di violenza dei black block gli sono stati taciuti.

Perché? Beh, ma è chiaro: come sempre in certe situazioni di forte tensione politica, scende in campo la strategia del frantumare o almeno arginare l’opposizione dando briglia sciolta alle sue componenti più utili per screditarle e impantanarle. Maroni è un ottimo ministro dell’Interno, ma ci sono gangli dello Stato che non sono certo sotto il suo controllo ministeriale.

Se lo Stato volesse, i responsabili dei black block sarebbero stati messi già da tempo in condizione di non nuocere. Un po’ come il brigatismo all’inizio. Certi fenomeni sono oggettivamente utili a creare allarme sociale e quindi consenso alla repressione.

E’ evidente che i responsabili della violenza a contorno della grande manifestazione romana sono da condannare. Non solo per la violenza messa in campo, ma anche perché così fanno il gioco del circo Barnum installato a palazzo Chigi. Ciò detto, è necessario far rilevare alcune cose:

– in primo luogo, il doppiopesismo di chi in queste ore si straccia le vesti gridando e imprecando contro i violenti. Coloro che vogliono addossare le responsabilità di un pugno di imbecilli amanti delle devastazioni a tutti gli “indignati”, e quindi di fatto a tutta la sinistra e all’intera opposizione politica e sociale, sono gli stessi che – al contrario – distinguono e spaccano il capello in quattro, anzi in otto quando si tratta di dire che le responsabilità dei vari Dell’Utri, Previti, Papa, Romano, Carboni, ecc., non sono dell’intero sistema di potere e sottopotere berlusconiano, ma solo dei singoli. Che ovviamente sono sempre “innocenti e vittime della persecuzione giudiziaria”.

Per la nostra destra, ferma alla demagogia, le responsabilità sono dei singoli, come peraltro prescrivono le leggi e gli elementari principi di civiltà, solo quando è beccato in castagna uno di loro. Altrimenti vale la regola inversa, e cioè che le responsabilità di alcuni sono di tutti! Se non è disonestà questa…

– Ho avuto occasione di dire più volte che si illude chi pensa che le rivolte tipo Tottenham siano solo fenomeni inglesi, che quelle tipo banlieue parigine sono solo fenomenti parigini, che la rabbia dei giovani greci siano solo faccende greche e che le rivolte della “primavera araba” siano solo roba da arabi. Ho anche fatto notare che noi, cioè l’Italia, geograficamente siamo al centro di questi luoghi segnati da esplosioni di violenza, somigliamo pericolosamente all’occhio di un ciclone: calma piatta, ma solo finché dura. L’ho scritto anche nel libro “Non uccidete il futuro dei giovani!”, firmato da don Gallo, finalmente in libreria.

– E’ evidente che i cosiddetti black block et similia NON esisterebbero se la condizione sociale, e in particolare quella giovanile, a partire dalla scuola, non fosse critica come invece è. Quando non vengono offerte soluzioni e vie d’uscita decorose, l’ignoranza e la disperazione generano non solo rassegnazione o rabbia, ma alla lunga anche violenza. Che prima o poi qualcuno innesca. Come è noto fin da poco dopo Adamo ed Eva ed è purtroppo evidente ancora oggi in varie parti del mondo.

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