Lombardia, Mattarella mette in riga Fontana, sulla sua gestione del covid indagano in 3

Lombardia, Mattarella a Bergamo mette in riga Fontana: memoria vuol dire anche assumersi responsabilità. E sulla gestione lumbard del covid indagano in 3

“Fare memoria significa anzitutto ricordare i nostri morti e significa anche assumere piena consapevolezza di quel che è accaduto. Senza cedere alla tentazione illusoria di mettere tra parentesi questi mesi drammatici per riprendere come prima. Ricordare significa riflettere, seriamente, con rigorosa precisione, su ciò che non ha funzionato, sulle carenze di sistema, sugli errori da evitare di ripetere”

A parlare esplicitamente di errori da evitare di ripetere è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lo ha fatto nel suo breve discorso di ieri 29 giugno nel cimitero monumentale di Bergamo per ricordare con un concerto le 6.000 vittime locali del Covid. 

Quelle vittime che non hanno neppure potuto avere un funerale, né l’estremo saluto dei familiari, perché erano talmente tante che hanno dovuto arrivare i camion dell’esercito per portarne via le bare ai forni crematori.

E Mattarella ha parlato di errori realmente commessi, e di tentazione illusoria di far finta di niente.

Tra le cose da ricordare ci sono anche i buchi spaventosi, anzi l’assoluta mancanza di controlli sanitari sui manager bergamaschi che facevano avanti e indietro con la Cina già in preda al nuovo coronavirus. Come ha rivelato almeno un autista, si usa dire driver, delle auto noleggiate dai manager in questione. Testimonianza che vedremo meglio in seguito. Intanto torniamo a Mattarella e ai suoi moniti.

Le parole di Mattarella a Bergamo

Chi sperava che la visita e l’omaggio di Mattarella fosse un innocuo bis in pompa magna della silenziosa deposizione di una corona di fiori  “A ricordo dei caduti del Covid-19” nel cimitero di Codogno lo scorso 2 giugno è rimasto deluso. E preoccupato. Questa volta Mattarella non è rimasto muto.

Nel frattempo infatti ci sono le acquisizioni fatte dalla Procura della Repubblica di Bergamo di documenti, testimonianze e testi di leggi in vigore. In vigore, ma bellamente ignorate dai vertici responsabili della Regione Lombardia.

Ironia della sorte, il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, continua a ripetere come un disco rotto il mantra che la responsabilità della mancata zona rossa nel Bergamasco è “di Roma”, cioè del governo Conte. Compreso il mattatoio del Covid della Val Seriana. Ma è stato contraddetto nei fatti dal suo omologo della Campania.

In Campania De Luca non ha aspettato Roma

Il governatore Vincenzo De Luca senza neppure consultare il governo stava infatti per esercitare i suoi poteri decretando autonomamente, per la seconda volta, una zona rossa.  Questa volta a Mondragone, anche se poi non ce n’è stato bisogno perché il focolaio locale si è estinto da solo.

Stando così le cose, suonano molto stonate e fuori luogo l’iniziativa del “comitato dei saggi” decisa da Fontana e le parole con le quali l’ha presentata al pubblico:

“Siamo tutti quanti pronti a riconoscere degli errori, qualora fossero stati commessi, sottolineando il fatto che ci siamo ritrovati all’interno di un cataclisma”.

Che gli errori siano stati commessi è ormai assodato, chiaro anche a un cieco. Altrimenti Mattarella non avrebbe certo affermato a Bergamo che ci sono stati. E che bisogna rifletterci su per evitare di ripeterli.

In quanto al cataclisma, Fontana – a proposito di “tentazione illusoria” – omette. Omette di dire che se c’è stato e ha avuto le dimensioni che ha avuto è anche perché in Regione anziché agire e decidere come ha fatto De Luca in Campania hanno fatto poco o nulla.

Hanno ignorato per un mese che avevano pieni poteri decisionali. E hanno scalpitato per rimuovere o alleggerire le restrizioni imposte dal “governo di Roma” e poi, molto tardivamente, dalla stessa Regione.  

Un comitato un po’ fuori luogo

L’iniziativa del comitato dei saggi è oltretutto fuori luogo per due motivi:

1) – a Bergamo la Procura della Repubblica, subissata da oltre 250 denunce del comitato Noi denunceremo, sta indagando su responsabilità e annessi e connessi. Per indagare il magistrato Maria Cristina Rota è anche andato a Roma per interrogare il premier Conte, qualche ministro e vari funzionari.

Meglio, e più corretto ANCHE istituzionalmente, lasciar lavorare i magistrati senza creare confusione o volersi parare il fondo schiena nominando un comitato di saggi scelti dalla stessa Regione. Il conflitto d’interessi è lapalissiano: a nominare i saggi è chi dovrà essere da loro giudicato come colpevole di errori oppure no. Manca solo che ci si scelga anche i magistrati per l’inchiesta giudiziaria.

2) – La commissione d’inchiesta nominata vari giorni prima di quella dei saggi NON è stata ancora mesa in grado di iniziare a funzionare. A bloccarla sono le strane polemiche tra maggioranza al governo della Regione e opposizione.

Indagano in tre sulla Lombardia

A conti fatti, a indagare su errori e responsabilità ci saranno ben tre diversi organismi: la Procura di Bergamo, la commissione d’inchiesta e il comitato dei saggi. Difficile che ne venga fuori qualcosa di chiaro e univoco, senza che ognuno contesti l’altro.

L’orgoglioso leghista lombardo Fontana pare si sia ispirato più che altro al famoso ordine napoletano borbonico dato alle truppe lanciate all’attacco: “Facìt’ ammuina!”, cioè “Fate casino!”. I maligni già sentono odore di “ammuìna” possibile salvagente per Fontana&C. 

Forse Fontana vuole sostenere ancora che “c’è un clima anti lombardo” anche da parte del presidente della Repubblica, visto che ha parlato esplicitamente di errori commessi. E visto che con queste parole Mattarella ha sbarrato o reso più perigliosa la strada alla  “tentazione illusoria di mettere tra parentesi questi mesi drammatici per riprendere come prima”.

Veniamo ora al racconto fatto a Repubblica dall’autista bergamasco.

“Tra febbraio e marzo ho fatto 3mila e 700 chilometri. Ho preso imprenditori della Val Seriana di ritorno dalla Cina e li ho accompagnati dall’aeroporto a casa. Arrivavano a Orio al Serio, Linate, Malpensa. Quando, con il lockdown, gli aeroporti hanno chiuso, sono andato a recuperare i clienti in Svizzera – a Zurigo, o a Lugano per i jet privati – e a Nizza. Perché tanti clienti di rientro hanno dovuto volare su questi scali. Poi macchina fino a Bergamo.

“Mi chiedevo – visto che presto si è capito che il coronavirus girava nella Bergamasca ben prima del 21 febbraio e che le aziende della Val Seriana hanno rapporti stretti con la Cina – perché queste persone, che tornavano da Pechino, Shanghai, Wuhan, Shenzhen, non venissero messe in quarantena. La stessa domanda se la sono fatta anche i miei colleghi”.

 Ora, oltre a domandarcelo anche noi, se lo domanderanno e lo domanderanno ai responsabili il magistrato Rota, la commissione regionale d’inchiesta e il comitato dei saggi.

Attendiamo fiduciosi le risposte.

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