Il mistero di Emanuela Orlandi si avvicina ai 30 anni senza soluzione e, come dal cilindro di un prestigiatore, dai cassetti della Procura della Repubblica di Roma escono rivelazioni con ritmo quotidiano.
L’ultima in ordine di tempo è in queste parole:
“Ne hai fatte di tutti i colori, persino in quella storia di Emanuela Orlandi”
provenienti da una pare vecchia intercettazione telefonica della fidanzata di Marco Fassoni Accetti, l’uomo del flauto, auto accusato di essere stato tra i telefonisti del “rapimento”, che potrebbe davvero collegarlo alla scomparsa di Emanuela Orlandi o semplicemente rivelare il coinvolgimento di Fassoni Accetti nel turbine di azioni di depistaggio che si susseguono da 30 anni.
Dopo una serie di colpi di Fabrizio Peronaci del Corriere della Sera, è toccato a Cristiana Mangani del Messaggero, che sabato 27 aprile è uscita con questo titolo:
“Emanuela Orlandi, il giallo del teschio ritrovato sotto il Colonnato a S. Pietro. Il testimone Marco Fassoni Accetti che contattò Chi l’ha visto? intercettato in una strana conversazione”.
Cristiana Mangani si muove circospetta e premette che
“nel giallo della scomparsa di Emanuela Orlandi i misteri non finiscono mai. E così, con un rituale già visto più volte, c’è chi ciclicamente tenta di orientare le indagini o di depistare”.
Lasciano perplessi le “rivelazioni” di Marco Fassoni Accetti, quello del flauto consegnato a “Chi l’ha visto?”:
“Intanto, però, tra racconti che appaiono fantasiosi, contraddizioni, e presunti «nuclei di controspionaggio», qualcosa di strano intorno a questa vicenda continua ad accadere”.
Ecco la ricostruzione della sequenza di eventi fatta da Cristiana Mangani
1. “21 dicembre 2012: un turista segnala una busta sospetta lasciata dietro a un colonnato di San Pietro. C’è scritto in inglese «non toccare», eseguita con una calligrafia particolare. Gli investigatori scoprono che contiene un teschio. Il medico legale al quale viene consegnato, fa una prima indagine e conclude che si tratta di ossa abbastanza vecchie.
2. “Quattro mesi dopo, a casa di Antonietta, sorella di Mirella Gregori, l’altra ragazza scomparsa misteriosamente negli stessi giorni di Emanuela Orlandi, e a casa di Raffaella Monzi, amica di Emanuela Orlandi, vengono recapitate due lettere. Contengono ritagli di giornali scritti in tedesco che parlano del corpo delle guardie svizzere, una ciocca di capelli, e la foto di un altro teschio con uno strano marchio inciso. Una breve indagine permetterà di accertare che si tratta di un teschio conservato in una chiesa di via Giulia, e che risale ad epoca medioevale.
3. Secondo “il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Simona Maisto c’è una certa somiglianza tra la calligrafia del biglietto che accompagna il pacco recuperato sotto al colonnato e quella del messaggio contenuto nelle lettere. Già dodici anni fa un teschio lasciato nella chiesa di San Gregorio VII aveva fatto riaprire le indagini. I periti, all’epoca, non si trovarono d’accordo: per qualcuno poteva essere di una donna giovane, per altri di un uomo. E non se ne fece nulla”.
4. Aprile 2013. Viene ritrovato il flauto e irrompe sulla scena Marco Fassoni Accetti, che
“si autodenuncia, racconta di una strana operazione per mettere sotto pressione il Vaticano, di un nucleo di controspionaggio del quale lui stesso avrebbe fatto parte”.
Scetticismo di Capaldo e Maisto:
“Fassoni sostiene che Emanuela Orlandi e Mirella Gregori sono ancora vive e che si sono allontanate da casa volontariamente. I primi interrogatori si svolgono tra mille perplessità”.
5. Colpo di scena:
“la squadra mobile consegna ai pm il contenuto di una intercettazione recuperata dagli atti di una vecchia indagine”. Fassoni parla al telefono con la sua fidanzata. Lei è molto arrabbiata e gli dice: «Ora basta, ne hai fatte di tutti i colori, persino in quella storia di Emanuela Orlandi». Avrà millantato? Oppure potrebbe sapere veramente qualcosa che riguarda la scomparsa della ragazza? A piazzale Clodio stanno cercando di capire fino a che punto l’uomo conosca la verità. O anche se dietro la sua autodenuncia ci possa essere il tentativo di smuovere le acque”.
Una sublime regia del Fato sembra avere coordinato la ultima serie di eventi in un crescendo iniziato un anno fa con rivelazioni improbabili e inattendibili ma che hanno anche costretto la Magistratura a una serie di atti giudiziari che, se non porteranno a nulla nella spiegazione del giallo, certamente costeranno parecchio denaro dei contribuenti.
Se non fosse un pensiero impossibile e peccaminoso, verrebbe da scrivere che un autore con mente geniale e grande capacità di regia, tipo quello di “Desperate housewives”, ha pianificato tutto a tavolino. Invece, come tutti sappiamo, il Caso che regola la Vita è uno sceneggiatore sublime e capriccioso.
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