Il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro Orlandi è nel cono d’ombra della Chiesa.
Gli appelli prima al Segretario di Stato e poi alla Segreteria di Stato del Vaticano con raccolta firme in Internet. La petizione direttamente a Papa Benedetto XVI Ratzinger e a Papa Francesco. Le manifestazioni dal Campidoglio e da piazza S. Apollinare fino a piazza S. Pietro. Gli striscioni e i cartelli agitati in piazza S. Pietro all’affacciarsi di papa Ratzinger. La pubblicità e i grandi appoggi televisivi di “Chi l’ha visto?”, di “Quarto Grado” e delle pagine romane del Corriere della Sera.
Niente da fare. Pietro Orlandi non solo non è riuscito a farsi ricevere né in Segreteria di Stato né dai due papi, ma è stato completamente ignorato: nessuna risposta, neppure un cenno di riscontro. La sua campagna per addossare al Vaticano la responsabilità della scomparsa di sua sorella Emanuela, sparita il 22 giugno di 30 anni fa, e del tenere nascosta la verità su cosa le sia successo, Oltretevere è stata completamente ignorata. Neppure un eco, solo silenzio.
La pagina aperta a suo tempo da Pietro su Facebook per usarla come megafono per “incendiare il web” e raccogliere “un milione di firme” alle sue petizioni da mesi è ferma a poco più di quota 28.000. Con troppi commenti stralunati, scombiccherati, troppo simile da una parte a una macchina del fango impazzita e dall’altra a un pellegrinaggio a un santuario per chiedere una grazia: far dire dal papa a Pietro cosa è successo a sua sorella.
Insomma, sono arrivati al pettine della saturazione i troppi nodi. Troppe le apparizioni di Pietro in tv, spesso sconclusionate e anche contraddittorie, troppe le accuse lanciate a dritta e a manca senza neppure l’ombra di mezza prova, troppe le piste e le tesi assurde sposate con troppa leggerezza. Troppo smaccati i programmi televisivi a trattare il caso come uno show a puntate. Troppe le frottole su ossa, teschi, scheletri “probabilmente” di Emanuela tirate in ballo per dare addosso a qualcuno. E così ora si tenta la carta della cartolina supplice a papa Francesco. Da mandare “in massa” chissà perché il 16 ottobre e con su scritto:
“Santo Padre, accogli la richiesta di Pietro Orlandi di poterti incontrare. Aiutalo a far conoscere la verità sul rapimento della cittadina vaticana Emanuela, sua sorella”. Con una chiosa: “Noi non ci lasceremo rubare la speranza”.
E poiché anche Papa Francesco fa orecchio da mercante, nella pagina Facebook della petizione di Pietro non manca lo sdegno contro di lui. Ecco alcuni commenti malevoli, compreso quello di un prete,
Attilio Augusto Angellotti:
“Cazzarola, l’esorCiccio telefona a chiunque ovunque si trovi e non trova il tempo di fare un’urbana alla famiglia Orlandi?”.
Alberto Bergamini:
“Ma com’è buono Francesco ma quant’è simpatico Francesco ma quanto telefona Francesco ma com’è umano Francesco…al di là del marketing VERITA’ PER MIRELLA GREGORI E EMANUELA ORLANDI…altrimenti è solo fuffa! (perdonate l’irruenza ma è stato il primo pensiero appena sveglio -.- )”.
Marco Medini
“Roba da matti apro la cassetta della posta il Papa mi manda gli auguri per i dieci anni di ordinazione diaconale e si dimentica non di scrivere ma di parlare a Pietro Orlandi, emendanda et reformanda,di sicuro ne la chiesa ne la loro zucca sempre ottusa e sbalorditivamente vuota,scrivono a me e non parlano a Pietro,continuano a leggere il Vangelo alla rovescia,chissà se presto o tardi lo raddrizzano ed iniziano a leggerlo per il verso giusto”.
Ma Pietro e i suoi fans ignorano alcuni particolari. Papa Francesco a giugno è stato debitamente informato che tra le altre manipolazioni la campagna televisiva a supporto delle petizioni di Pietro e della tesi del “rapimento politico contro il Papa” è arrivata a spacciare per insegnante di flauto di Emanuela fino a tutto il giorno della scomparsa, cioè fino al 22 giugno 1983, il maestro Jures Lello Balboni, in realtà morto sette mesi prima di quel giorno disgraziato. Papa Francesco è stato debitamente informato anche del fatto che Pietro e l’intera famiglia di Emanuela, più vari giornalisti che ne supportano le tesi senza se e senza ma, sanno benissimo, e in modo documentabile, chi era l’insegnante di flauto di Emanuela e che non era certo il defunto Balboni.
Papa Francesco non ha inoltre gradito neppure un po’ che il breve incontro domenicale dello scorso 17 marzo con la madre e il fratello di Emanuela, avvenuto in Vaticano all’uscita dalla messa nella chiesetta di S. Anna, sia stato spacciato in lungo e in largo da Pietro per ciò che non era e che gli siano state messe in bocca da pietro affermazioni che non ha mai fatto. Nei pochi secondi di incontro con la signora Maria Pezzano, madre di Emanuela, Papa Francesco si è limitato a dire
“Se Emanuela è in cielo, allora pregheremo per lei”.
Il 3 giugno però Pietro ha cambiato versione: prima dal programma Uno Mattina della Rai e poi dovunque ha sostenuto che il Papa gli ha detto che “Emanuela è in cielo”, cioè che che è morta, e che a sentire queste parole a lui gli si “è ghiacciato il sangue”. Che questa versione sia imprecisa lo dimostra senza ombra di dubbio il filmato del breve incontro del 17 marzo: la signora Maria oltre che molto riverente verso il pontefice è chiaramente contenta e sorridente, e sorride felice anche Pietro. Strano modo, improponibile, di reagire alla notizia della morte di Emanuela e di avere il “sangue ghiacciato”.
Dopo l’incontro, Pietro ai giornalisti ha detto:
“Il colloquio è stato breve ma ho sentito che c’è stata un’intesa. Gli ho chiesto di aiutarmi a far emergere la verità e lui mi ha stretto più forte la mano. È stato bello, ho avuto la sensazione che ci possa essere quel dialogo che attendo da tempo e che il muro di silenzio che dura da due pontificati si stia incrinando. Mi ha ascoltato e ha avuto parole di incoraggiamento. Per questo chiederò un’udienza privata e sento che me la concederà e che riuscirò a parlargli».
Pietro s’è sbagliato anche in questo: l’udienza infatti non è stata concessa ed è improbabile che lo sia in futuro, nonostante la speranza e l’auspicio anche nostro che la conceda. E’ infatti difficile che Papa Francesco – abituato in Argentina a non cedere a ben altre pressioni – ceda a siffatte pressioni, costruite con metodi per nulla ortodossi. Anzi, in Vaticano circola la voce che è meglio per Pietro se non incontra il pontefice: “Francesco è capacissimo di fargli un cazziatone”, ha detto un monsignore della Segreteria di Stato. Scusandosi per l’ultima parola.
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