Nicotri: Teresa Lewis, Sakineh e l’indignazione a senso unico

di Pino Nicotri
Pubblicato il 26 Settembre 2010 - 09:39| Aggiornato il 20 Dicembre 2020 OLTRE 6 MESI FA

E dunque la Sakineh statunitense che risponde al nome di Teresa Lewis e di cui tutti ci siamo bellamente strafregati, è stata puntualmente giustiziata, con una iniezione letale dopo averla legata come un Cristo donna a un lettino a forma di croce per poterle infilare il veleno nelle arterie. Pudicamente, o meglio ipocritamente, è stato scritto di “un cocktail di barbiturici che le ha fermato il cuore”. Insomma, un po’ come se fosse andata al bar e avesse bevuto un cockail sbagliato, o meglio: il cocktail della Giustizia… Made in Usa. Più esattamente, in Virginia. Quando l’hanno uccisa in Europa erano le 3 di notte. Anche in Francia, e la signora Carla Bruni sposata Sarkozy se la dormiva beatamente come il filosofo maestrino di pensiero Bernard Levy, che si mobilita solo se c’è da dare addosso all’Iran.

Non voglio certo mettere sullo stesso piano Stati Uniti e Iran in materia di repressione di libertà: in America il dissenso è libero e nessuno rischia la condanna a morte perché non la pensa come il regime, cosa che invece  si verifica di continuo in Iran.

Voglio però ricordare a tanti moralisti a senso unico che non è vero che tutto il bene sta da una parte sola e tutto il male dall’altra. E voglio anche mostrare come i professionisti dello sdegno internazionale si indignino in modo diverso secondo il colore del reprobo.

Dico anche subito, a scanso di equivoci, che ho firmato l’appello a favore della Sakineh di Teheran, perché sono contro qualunque tipo di pena di morte.

Alla pari della coetanea iraniana Sakineh, Teresa Lewis è stata condannata a morte per avere in qualche modo collaborato all’uccisione di suo marito. Nel caso Lewis,  il marito Julian e il figliastro Charles, sono stati uccisi nel 2002 allo scopo di incassare i soldi di una polizza di assicurazione, 250mila dollari, e fuggire con l’amante. Intervistata in carcere dal Washington Post, Teresa ha ammesso le sue responsabilità ed espresso rimorso senza accampare scusanti: “Non ho premuto il grilletto quel giorno, però feci del male, lasciai che due persone fossero uccise. Questo lo so. Ho tradito due persone che amavo. Ma ho paura della morte, vorrei continuare a vivere”.

Questa condanna a morte ha vari lati orribili, oltre a quello intrinseco ad ogni condanna capitale. Il primo è che Teresa è una ritardata mentale, il suo quoziente di intelligenza è solo 72: vale a dire, appena due punti sopra l’incapacità di intendere e di volere. Il secondo è che la sua domanda di grazia è stata respinta proprio perché per quei due miserabili punti: “Teresa Lewis non rientra nella definizione legale di una ritardata mentale”, ha seraficamente dichiarato il governatore Robert McDonnell. La definizione legale scatta infatti a quota 70. Ma è il terzo lato orribile il più incredibile e orribile di tutti: mentre lei è stata condannata a morte, gli autori materiali del delitto – tali Shallenber e Fuller – sono stati invece condannati NON alla pena capitale, bensì all’ergastolo. Incredibile, ma vero. Orribile, ma vero.

Ci sono tutte le apparenze di una sentenza discriminatoria verso le donne. Il giudice Charles Strauss ha definito Teresa “la testa del serpente”.