Imbarazzante. Davvero imbarazzante sentire la sfilza di banalità e inesattezze sciorinate da Walter Veltroni a “Che tempo che fa”, ospite di Fabio Fazio, pur di continuare a tentare di tenere desta l’attenzione al grido di “Via la salma di De Pedis dalla basilica di S. Apollinare!”.
Ovviamente col solito contorno di corollari abusivi, il cui pezzo forte è l’accostamento, anzi ormai la sovrapposizione con il “rapimento” della ragazzina vaticana Emanuela Orlandi, scomparsa come è noto il 22 giungo 1983. Ma è imbarazzante anche che Fazio non abbia ricordato al suo illustre ospite l’annuncio dato proprio da lui, l’8 gennaio 2006 a “Che tempo che fa” dell’abbandono definitivo della vita politica una volta compiuto il secondo mandato di sindaco di Roma. Era ancora l’epoca in cui Veltroni ripeteva – a partire dal 2001 – che si sarebbe trasferito in Africa a fare volontariato, promessa non mantenuta nonostante l’esperienza di sindaco di Roma sia stata conclusa nel 2008, vale a dire quattro anni fa.
Tetragono a ogni spiegazione, da quelle che gli ho inviato in abbondanza via e-mail a quelle, certo più autorevoli e meno snobbabili, fornitegli dal magistrato Giancarlo Capaldo nella commissione parlamentare Antimafia appositamente convocata, l’ex sindaco di Roma continua a pestare l’acqua nel mortaio nella speranza che questa si trasformi magicamente in solide fondamenta delle sue accuse.
L’insistenza di Veltroni è imbarazzante anche perché quando nel 1997 la giornalista Antonella Stocco scriveva su Il Messaggero, quotidiano romano, decine di articoli per tentare di chiarire la vicenda proprio della tomba di De Pedis nella basilica di S. Apollinare lui non viveva su Marte né in Africa, ma era il vicepresidente del consiglio dei ministri nel Governo Prodi. La vicenda narrata in lungo e largo dalla Stocco sul Messaggero non interessava quindi nulla a Veltroni nel ’97, nonostante un’apposita interrogazione parlamentare della Lega Nord e le proteste del sindacato di polizia contro la presenza di quella salma in quella chiesa.
E’ perciò legittimo chiedersi perché mai ci sia saltato su oggi , cercando di drammatizzarla in tutti i modi e di farne un caso nazionale, se non per farsi un po’ di pubblicità con un tema che tiene banco da anni anche se in modo sempre più confuso e inconcludente. Classica scoperta dell’acqua calda. In totale assenza, oltretutto, di novità anche perché la faccenda della tomba di De Pedis è stata già chiarita dal magistrato Andrea De Gasperis con un’inchiesta iniziata nel 1995.
E’ comunque arrivato il momento di aggiungere – a quelle già abbondantemente note e appurare dalla magistratura – alcune cose fino ad oggi mai rivelate.
1) – Qualunque cosa o delitto abbia o non abbia commesso suo marito da vivo, il motivo principale del perché la signora Carla De Pedis, vedova di Enrico detto “Renatino”, ha voluto spostarne la salma dal cimitero del Verano ai sotterranei dove si trova tuttora è quanto mai semplice e banale. Dal 1970 la signora Carla lavora come impiegata a meno di 200 metri dalla basilica di S. Apollinare. E come lei stessa ci spiega: “E’ ovvio che mi è più di conforto il poter andare a pregare sulla tomba di mio marito e a portarvi fiori se è così vicina a dove passo la mia intera giornata di lavoro. Magari approfitto della pausa pranzo, o di una uscita un po’ anticipata”. “Certo”, aggiunge Carla De Pedis, “non avrei mai immaginato che una cosa mia così intima e privata potesse scatenare, e per cosi tanti anni, le fantasie più malate e le insinuazioni più incredibili. Avessi anche solo immaginato un simile delirio, ma non ero bacata fino a credere possibile una cosa simile, Enrico lo avrei lasciato dov’era, nella mia tomba di famiglia al Verano”.
2) – Quando Carla De Pedis ebbe l’idea di trasferire i resti del marito in S. Apollinare, accollandosi con gli altri familiari del defunto la spese di rimessa in sesto della cripta, l’allora rettore della basilica, don Piero Vergari, fiutò l’occasione: vale a dire, la possibilità di utilizzare come cripte private il resto dei sotterranei abbandonati con gran lustro e qualche guadagno per la basilica. “In totale”, mi spiegò nel 2008 don Vergari, “vi si potevano ricavare 60-70 cripte private. In totale, un bell’investimento da parte di famiglie che avrebbero contribuito a rendere ancor più frequentata la basilica. Dal degrado iniziale di quando mi è stata affidata, quasi sempre chiusa, l’ho portata ad essere un punto di riferimento per moltissimi fedeli. Sono riuscito a dispensare oltre 100 mila comunioni l’anno. Poi è arrivata l’Opus Dei, che ha comprato la basilica e il limitrofo palazzo di S. Apollinare del quale fa parte, per farne l’Università della Santa Croce. L’Opus Dei ha ristrutturato soprattutto i sotterranei, in modo diverso da come avevo in mente io”.
3) – E qui si inserisce la considerazione che dovrebbe mettere a tacere definitivamente le proteste, assai poco cristiane e peggio che medioevali, di chi pretende che il Vicariato sfratti qulla tomba perché la sua presenza è “scandalosa” e “blasfema”. Abbiamo più volte spiegato che, contrariamente alla leggenda metropolitana ormai cara anche a Veltroni, in S. Apollinare non è sepolto nemmeno un papa e neppure un cardinale, come può constatare chiunque si prenda la briga, come ho fatto io, di informarsi sulla sua storia e visitare la basilica in lungo e in largo. Abbiamo anche spiegato che, da quanto ci è stato detto e ripetuto, la cripta di De Pedis non si trova in terra consacrata. Si trova sotto il livello stradale, ma non si trova né nella basilica né nella terra consacrata sita sotto il suo pavimento.
La basilica di S. Apollinare infatti non è altro che la cappella del palazzo omonimo, anch’esso di proprietà vaticana, il famoso palazzo di S. Apollinare, del quale in sostanza fa parte. E con il quale – è oggi il caso di aggiungere ad alta voce – divideva i sotterranei, nella quasi totalità dei quali l’Opus Dei ha sistemato aule, depositi e locali vari, tutti molto bene agibili e luminosi, della sua Università della Santa Croce.
De Pedis quindi non dorme affatto il suo sonno eterno nella basilica di S. Apollinare, ma in un piccolo spazio dei sotterranei che non sono in terra consacrata e fanno invece parte integrante dell’insieme palazzo S. Apollinare/basilica di S. Apollinare, che una volta quei sotterranei mettevano in comunicazione tra loro.