Alle 9,30 di giovedì 26 aprile, il cardinale Agostino Vallini, dal giugno 2008 Vicario del Papa per la diocesi di Roma, inizierà nel suo ufficio una riunione decisamente rovente. Saranno presenti un rappresentante del Comune di Roma e un rappresentante della Gendarmeria del Vaticano, il colonnello Costanzo Alessandrini forse in compagnia del comandante Domenico Giani, l’ex ufficiale della Finanza diventato il capo della Gendarmeria nel 2006.
Ordine del giorno: il trasferimento della salma di Enrico De Pedis, detto “Renatino”, dai sotterranei della basilica di S. Apollinare al cimitero comunale di Prima Porta, noto anche come cimitero Flaminio perché sito lungo la via Flaminia. La decisione del trasloco arriva dopo anni di clamori, insinuazioni e proteste crescenti contro la presenza di quel defunto nei sotterranei della basilica, nei quali era giunto nel 1990 dalla tomba della famiglia di sua moglie Carla al cimitero del Verano. In S.Apollinare Carla e Enrico De Pedis si erano sposati, lei lavora anche là vicino, e ragioni sentimentali e pratiche l’avevano spinta a ottenere la traslazione, senza prevedere il polverone di vent’anni dopo.
Passare dalle parole ai fatti non sarà però facile come sembra. Il Vicariato infatti ha sì competenza sul contenuto della basilica di S. Apollinare, ma non può decidere nulla su una proprietà privata – quale è la salma di De Pedis, compresa la cripta che la contiene – senza il permesso dei legittimi proprietari, in questo caso la vedova e i due fratelli di De Pedis. Poiché la basilica per decisione della Corte Costituzionale gode del privilegio dell’extraterritorialità, la magistratura italiana può decidere l’ispezione della tomba, visto che sono consenzienti sia il Vicariato che i De Pedis, ma non il trasloco se questi ultimi non sono d’accordo. Idem il Comune.
Monsignor Vallini sperava partecipasse alla riunione almeno un rappresentante dei De Pedis, invitati espressamente dopo avere letto su Blitz che la vedova Carla non vede l’ora di spostare la salma del marito non appena la magistratura le darà l’ok. Ma gli avvocati Lorenzo Radogna, legale della vedova, e Maurilio Prioreschi, legale dei due fratelli di Enrico De Pedis, quando hanno saputo quale fosse la destinazione decisa dal Vicariato hanno cortesemente rifiutato l’invito: “I De Pedis non si sono mica sposati nel cimitero di Prima Porta”, ha ironizzato l’avvocato Radogna, “e comunque finché la magistratura non decide che fare è meglio non fare niente”.
Il Vaticano ha bisogno di riuscire a far spostare in qualche modo la sempre più ingombrante salma di De Pedis per poterla dare in pasto come contentino all’opinione pubblica. Sono ormai in troppi ad avere finalmente capito che la Segreteria di Stato tace, mente e depista fin dall’inizio della vicenda Orlandi e che sarebbe invece il caso che il suo dossier sulla sorte di Emanuela venga consegnato alla nostra magistratura.
Trasferire il caro estinto distoglierebbe l’attenzione dalla sorte di Emanuela e la sposterebbe su “Renatino”, il Dandi del Romanzo Criminale, con un altro accostamento alla famigerata Banda della Magliana che di fatto suonerebbe per De Pedis come la conferma un legame inconfessabile con la scomparsa della ragazza. I legali dei De Pedis hanno però fiutato la trappola, evitando di abboccare.
La riunione di giovedì mattina nella sede del Vicariato si annuncia quindi decisamente difficile. Anzi, tempestosa. Nei giorni scorsi infatti alcuni dirigenti della Gendarmeria avrebbero protestato vivacemente contro la presenza – ancora oggi in veste di vice comandante – di Raoul Bonarelli. Nel ’93 i magistrati italiani lo hanno interrogato come testimone appurando che era a conoscenza quanto meno del dossier sepolto in Segreteria di Stato, e a causa del suo mutismo lo hanno avvisato del non lieve reato di concorso in sequestro di persona. L’avviso di reato è finito in nulla per scadenza termini delle indagini. Saranno tutte insinuazioni e calunnie, ma il tam tam, forse sarebbe meglio dire il tintinnio dei campanelli, del Vaticano è forte.
E che fine ha fatto il confronto del Dna della famiglia Orlandi con quello dei resti di De Pedis? Il continuo rinvio del confronto ha alimentato anch’esso le voci più morbose. Il nuovo procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone non ama l’argomento, ma informarsi e risolvere il mistero non è difficile. Il Dna è stato prelevato agli Orlandi non per essere confrontato con quello delle ossa di “Renatino”, ma con le eventuali tracce di Dna rintracciate nei nascondigli indicati dalla “supertestimone” Sabrina Minardi, rivelatasi peraltro inattendibile su troppe cose, per capire se in quei nascondigli fosse stata tenuta prigioniera Emanuela, nell’ipotesi del rapimento da parte della Banda della Magliana.
Il Dna è stato infatti prelevato anche a un consanguineo di Mirella Gregori, la ragazza romana scomparsa tre settimane prima di Emanuela e che la leggenda vuole sia stata rapita dalla stessa mano, nonostante che dal dicembre 1997 la sentenza istruttoria del giudice istruttore Adele Rando affermi, su parere conforme del sostituto procuratore generale Giovanni Malerba, che non è stata rapita nessuna delle due: né Mirella né Emanuela.
Quindi i Dna degli Orlandi e dei Gregori sono stati prelevati, nel giugno 2010, non per essere messi a confronto con quello delle ossa della bara di De Pedis, ma, ripetiamo, con quelli eventualmente rintracciati nei nascondigli “sospetti”. Invece il Dna è stato prelevato il 23 dicembre 2009 ai fratelli di “Renatino” per poter eventualmente controllare se i resti conservati nella bara sotto S. Apollinare sono o no del defunto.
Il cavallo di battaglia del battage contro la sepoltura di De Pedis in S. Apollinare è che in quella basilica sono sepolti papi e cardinali, compagnia della quale “Renatino” non è quindi degno, e che nelle chiese non può essere seppellita gente comune, priva cioè di benemerenze eccezionali come quelle dei santi, dei beati e dei grandi benefattori. Basta andare a fare un banale controllo di persona e si scopre che in S. Apollinare non sono sepolti né santi né beati, né grandi benefattori né papi e neppure un cardinale. Se poi ci si informa adeguatamente, si scopre che perfino nella chiesa parrocchiale dello stesso Vaticano, intitolata a S. Anna dei Palafrenieri, è sepolta gente comune. Compresa la nonna Natalina e la bisnonna Caterina di Emanuela Orlandi.