Papa Francesco e i figli dei gay: nessuna apertura alle coppie, amore ai bimbi

Papa Francesco e i figli dei gay: nessuna apertura alle coppie, amore ai bimbi
Papa Francesco. Non rivoluzionario, gesuita

Doccia fredda sulle asserite “aperture di Papa Francesco sulle coppie gay”. Si scopre così che a spintonarsi e a scambiare lucciole per lanterne sui diritti delle coppie omosessuali non sono oggi solo il rottamatore Matteo Renzi, che ne chiede il riconoscimento anche in campo matrimoniale, e il ministro Angelino Alfano, che si mette di traverso indicando ben altre priorità, ma anche chi interpreta con eccessivo entusiasmo le parole di Papa Francesco, visto ormai come “rivoluzionario” su tutti i fronti, e chi invece fa notare che sono state equivocate.

Quando era ancora il cardinale Bergoglio di Buenos Aires l’attuale pontefice non essendo cieco ha notato che gli eterosessuali separati e divorziati e le coppie gay sono un fenomeno di proporzioni piuttosto vaste, non più trascurabile, e che i loro figli, da chiunque siano amati, hanno il problema che è di tutti gli esseri umani, in particolare dei bambini: il problema del bisogno di sentirsi amati. Cosa che non sempre avviene neppure per i figli delle coppie “regolari”.

“Ricordo il caso di una bambina molto triste che alla fine confidò alla maestra il motivo del suo stato d’animo: “La fidanzata di mia madre non mi vuol bene”,

si è infatti limitato a dire papa Bergoglio quando il 29 novembre ha ricevuto in Vaticano i superiori generali degli ordini religiosi parlando loro a braccio per tre ore degli argomenti più disparati. Per poi aggiungere:

“La percentuale di ragazzi che studiano nelle scuole e che hanno i genitori separati è elevatissima. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Come annunciare Cristo a questi ragazzi e ragazze? Come annunciare Cristo a una generazione che cambia?”.

Il papa parlando di questi giovani ha infine concluso:

“Bisogna stare attenti a non somministrare ad essi un vaccino contro la fede”.

Come si vede, nelle parole del Papa Francesco non c’è neppure l’ombra di aperture verso le coppie gay, ma solo ed esclusivamente la preoccupazione che i figli delle coppie variamente “irregolari” possano diventare impermeabili all’evangelizzazione predicata dalla Chiesa.

E, di conseguenza, la volontà di trovare i modi per poter annoverare nel gregge dei fedeli anche queste giovani pecorelle che crescono in situazioni problematiche o comunque malviste dalla Chiesa. Che, per esempio, vieta la comunione ai divorziati che si siano risposati, divieto che espellendoli di fatto dalla comunità dei credenti certo non avvicina né loro né i loro figli alla Chiesa stessa.

Eppure è bastato che venerdì scorso, 3 gennaio, la rivista La Civiltà Cattolica, organo dell’ordine dei gesuiti del quale fa parte anche Papa Bergoglio, pubblicasse a firma del suo direttore don Antonio Spadaro 15 pagine di riassunto delle parole dette in quell’occasione dal pontefice per far sparare in prima pagina a Repubblica la notizia

“Il Papa apre alle coppie gay. “Da loro nuove sfide educative””.

Titolo e articolo che hanno immediatamente suscitato entusiasmi a macchia d’olio, tanto da far credere a Matteo Renzi di poter giocare addirittura la carta Bergoglio nella sua tenzone con Alfano. Ma le illusioni sono durate, è il caso di dirlo, il classico espace d’un matin.

Pronta infatti la messa dei puntini sulle i da parte di don Federico Lombardi, responsabile della sala stampa vaticana e quindi di fatto portavoce anche del pontefice: parlare di “apertura alle coppie gay” è semplicemente “paradossale”, ha chiosato Lombardi, specificando che le parole del Papa sui problemi inediti creati agli educatori cattolici dai diversi tipi di convivenze e di famiglie di fatto, comprese quelle omosessuali, avevano un senso “del tutto generale”.

“Il piccolo esempio concreto fatto dal Papa in merito (una bimba triste perché la fidanzata della sua mamma non la ama) allude proprio alla sofferenza dei figli”,

ha sottolineato don Lombardi:

“Nella conversazione con i Superiori religiosi il Papa fa la considerazione che la situazione in cui oggi si svolge la educazione dei bambini e dei giovani è molto diversa dal passato, perché essi vivono in molte situazioni familiari difficili, con genitori separati, nuove unioni anomale, a volte anche omosessuali e così via”.

Il portavoce vaticano ha fatto notare che la Chiesa,

“non può prescindere da questa realtà e deve essere attenta al bene delle nuove generazioni, accompagnandole con affetto proprio a partire dalla loro situazione concreta, per non provocare in loro reazioni negative contrarie all’accoglienza delle fede stessa. Il 29 novembre il Papa non si era assolutamente espresso su un dibattito che si è riaperto in Italia un mese dopo, e chi ricorda le posizioni da lui manifestate in precedenza in Argentina in occasione di dibattiti analoghi sa bene che erano completamente diverse da quelle che alcuni ora cercano surrettiziamente di attribuirgli”.

Piuttosto dura la conclusione:

“La forzatura è del tutto evidente, tanto da apparire in certi casi come una strumentalizzazione”.

L’asserito spirito rivoluzionario che a detta di molti – con in testa l’ateo dichiarato Eugenio Scalfari – animerebbe qualunque iniziativa e parola di Papa Francesco, crea equivoci diventati ormai un fenomeno costante e molto diffuso.

Scalfari è addirittura arrivato a scrivere che Papa Bergoglio ha “abolito il peccato”. Cosa che se fosse vera equivarrebbe a dire che questo Papa ha abolito la stessa Chiesa. Per capirci qualcosa ed evitare altri abbagli è utile leggere cosa ha detto monsignor Georg Gaenswein – prefetto della Casa Pontificia e segretario del Papa emerito Benedetto XVI – nella lunga intervsta alla televisione bavarese Bayerisches Fernsehen, ripresa dal sito Korazym.org.

Don Georg chiarisce:

“Papa Francesco non vuole riformare la fede ma i fedeli. C’è la bella espressione Ecclesia semper reformanda est che significa che la Chiesa si deve sempre riformare. Non è una cosa che si è capita solo ieri, ma è l’esperienza che accompagna la Chiesa da quando esiste”.

E don Georg così conclude:

“Non vedo nessuna rivoluzione e non è una risposta al fatto che prima non era stato realizzato nulla di ciò che era stato deciso dal Concilio Vaticano II. Neanche con la migliore volontà posso pensare che la Chiesa si trovi in una situazione così catastrofica che è ora di rimetterla in piedi”.

 

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