MILANO – Dopo il rientro dal viaggio in Corea, Papa Francesco sta pensando a come poter avere rapporti migliori con la Cina.
La posizione di Pio XII ha portato il gigante cinese a creare la Chiesa Patriottica, che nomina i propri vescovi, circa 200, senza consultare il Vaticano, dal quale non intende dipendere in nessun modo.
La Segreteria di Stato Vaticano sta valutando se non sia il caso di chiedere nuovamente un aiuto a Oliviero Diliberto, leader del Partito dei Comunisti Italiani e presidente dell’Associazione di Amicizia Italo Vietnamita, visto che a suo tempo è stato molto disponibile ad aiutare il Vaticano a essere rappresentato meglio in Vietnam, Paese che conta sei milioni di cattolici. Abbiamo perciò intervistato Diliberto.
– Qualche anno fa il Vaticano le ha chiesto un aiuto per migliorare i rapporti con il Vietnam, al quale ha, tra altro, accennato Papa Francesco. Può raccontarci come è andata?
La vicenda è rimasta riservata per molto tempo.
Poi, a seguito della visita del presidente del consiglio dei ministri vietnamita, Nhuyen Tan Dung, a palazzo Chigi, inevitabilmente, è filtrata qualche notizia e il Corriere ci ha fatto, a suo tempo, un pezzo.
Ora posso dunque rompere anch’io un po’ di riserbo (non tutto!). Non ci fu una telefonata, ma un incontro, riservato e al massimo livello, richiestomi dal Vaticano.
Era la fine del 2006. Conoscendo la mia fraternità e le frequenze con i vietnamiti, molto strette (forse uniche in Italia), mi chiedevano di intercedere con loro per stabilire relazioni diplomatiche Santa Sede – VietNam.
Così ho fatto, recandomi ad Hanoi. Era interesse di entrambe le parti aprire il dialogo: i vietnamiti lo hanno capito benissimo e pochi mesi dopo il mio viaggio il Presidente Vietnamita è stato ricevuto in udienza privata da Benedetto XVI in Vaticano. Le relazioni ora sono decisamente migliorate (in VietNam ci sono circa 6 milioni di cattolici!).
– Ma i comunisti non mangiano i bambini e non sono stati scomunicati fin dagli anni ’50?
Credo che la scomunica sia stata, per così dire, abrogata per desuetudine…
– Ritiene di essere stato utile per il recente viaggio del papa in Corea?
Non esiste alcun rapporto diretto, come ovvio. Di certo, vi è stata una attenzione all’Oriente che non nasce oggi: come anche il mio viaggio di allora testimonia eloquentemente.
– Il papa in Corea ha detto che la Chiesa “non vuole conquiste”, ma non è arrivata anche in estremo Oriente al seguito dei conquistadores?
La Chiesa ha avuto, nel corso dei secoli, molte facce diverse in Oriente. Matteo Ricci era un gesuita, ma – nel corso della lunghissima missione in Cina – divenne, come noto, tra la fine del ‘500 e la prima metà del ‘600, “cinese” a tutti gli effetti: abiti, linguaggio, cambiò persino il proprio nome “cinesizzandolo”. Ed ebbe una particolare attenzione al Confucianesimo, senza mai proporre alcuna gerarchia tra religioni o spiritualità occidentali ed orientali. Immagino Papa Francesco, gesuita anch’egli, ben consapevole di quell’insegnamento.
– Personalmente credo che il vero obiettivo del Papa sia la Cina. Gli Usa hanno studiato la possibilità di fomentare la rottura della millenaria unità cinese, in modo da praticare anche in Cina il classico “divide et impera”. Pare però che abbiano giudicato tale possibilità assai poco consistente. Lei conosce la realtà cinese? Se sì, cosa pensa di quell’opzione Usa?
Conosco un po’ la Cina (per quanto si possa conoscere un mondo così enorme). Escludo che si possa rompere l’unità cinese e concordo sul fatto che l’obiettivo principale di Francesco sia proprio la Repubblica Popolare Cinese: ci vorrà tempo e pazienza, ma mettere le basi per stabilire relazioni diplomatiche ufficiali e risolvere il problema dei cattolici cinesi (divisi tra quelli fedeli al Vaticano e i cattolici “patriottici”, fedeli allo Stato cinese) mi sembra ancora una volta di comune utilità.
– L’autoritarismo di Pio XII, minacciando di scomunicare chi avesse frequentato i riti “pagani” per gli avi defunti creati dal confucianesimo, provocò per reazione la nascita negli anni ’50 della Chiesa Patriottica Cinese, che non dipende da Roma e nomina autonomamente i suoi vescovi, oggi quasi 200. Per secoli però il Vaticano aveva ottimi rapporti con vari Stati orientali, compresi gli odierni Uzbekistan, Kazakistan e Cina. Varie mogli e madri di imperatori mongoli erano infatti cristiane, anche se non cattoliche, ma nestoriane. Si possono recuperare certi rapporti?
La scelta operata da Pio XII fu una iattura per tutti. Altri tempi. Sia per il Vaticano, che per i cinesi… In moltissime parti del mondo il cattolicesimo si è intrecciato a religioni, riti, costumi, spiritualità diversi e preesistenti: si pensi all’America Latina (in particolare l’America centrale, con l’animismo) o all’Africa. D’altro canto, il Cristianesimo prima e il Cattolicesimo poi hanno mutuato sin dalle origini elementi che non gli erano propri (pensiamo ai riti dei santi cristiani, che, nella loro molteplicità, sostituivano e integravano il politeismo delle tante divinità dei pagani). La chiusura dogmatica del Vaticano di allora era figlia davvero di altri tempi (e di un’idea di “superiorità”, in ogni senso, dell’Occidente – coincidente con i valori cristiani – sul resto del pianeta). Figlia della guerra fredda e, se vogliamo, tornando indietro nel tempo, delle stesse Crociate…
– In conclusione: davvero il cattolicesimo rinuncia al colonialismo religioso e, novità assoluta, rinuncia a essere motivo di penetrazione della cultura occidentale nelle altre culture e negli altri popoli?
Lo spero (e, in fondo, ci credo, almeno sino a che il Papa sarà espressione non dell’Occidente ma dell’America povera, quella del Sud). Non sarà facile: le spinte in senso contrarie, conservatrici, sono fortissime nelle gerarchie: dipenderà dai rapporti di forza all’interno della Curia e del mondo cattolico in generale. L’elezioni di Francesco ha segnato, oggettivamente, una discontinuità molto seria: primo in tre cose: latino-americano, gesuita e, appunto,… di nome Francesco!