ROMA – Di “pensioni d’oro” Matteo Renzi non parla da un po’, né parla dell’annesso trattamento punitivo motivato con la ridicola scusa, da demagogia facile, della “maggiore equità sociale”. Forse gli hanno detto che anche i pensionati d’oro votano e anche le loro famiglie.
Pericolo scampato, dunque, anche per chi è talmente “ricco” da percepire una pensione di “addirittura” 1.800 euro al mese, pari all’astronomia cifra di 60 euro al giorno? Non è detto. Il pericolo incombe ancora. E comunque il prelievo è gia in atto. Anzi, i prelievi al plurale. Prelievi che colpiscono tutti, anche chi percepisce molto meno di quei 1.800 euro degni di Paperon de Paperoni e delle Mille e Una Notte. La perequazione automatica interessa circa 700.000 pensionati, perché gli altri 15.800.000 la percepiscono per intero non tanto per “equità sociale” quanto perché sono difesi a spada tratta dai sindacati classici, Cgil, Cisl e Uil, che li rappresentavano quando erano lavoratori attivi.
Ma vediamo come stanno le cose. Prima però è necessaria una doverosa premessa. Si usa dire in tutte le salse che il pensionato è mantenuto dai versamenti contributivi di chi è ancora al lavoro. Questo può essere vero per i pensionati Inps più che per i pensionati degli istituti privati o privatizzati, perché questi fanno investimenti che producono utili, i quali contribuiscono a garantire il pagamento del vitalizio ai propri pensionati. Ma in ogni caso: anche ammesso che sia vero che la mia pensione è pagata anche o soprattutto con i contributi di chi è ancora al lavoro, è altrettanto vero che anch’io nel corso dell’intera mia vita lavorativa ho contribuito s pagare il vitalizio di chi era già in pensione. Non c’è quindi nessun motivo per berciare e gridare all’”iniquità sociale” se oggi io usufruisco di ciò che in passato ho garantito potesse essere usufruito da altri. Mi pare elementare che io abbia diritto allo stesso trattamento che per una intera vita lavorativa ho garantito ad altri. Questo deve essere ben chiaro, detto ad alta voce, senza peli sulla lingua o complessi di colpa, visto che si tratta di colpe inesistenti o esistenti solo nella testa di demagoghi e/o politici da strapazzo.
Passiamo ora a vedere dunque come stanno le cose.
1) – Il primo prelievo già in atto sulle pensioni “d’oro” è il blocco della perequazione. Il blocco cioè dell’adeguamento delle pensioni “d’oro” a parte della svalutazione calcolata dall’Istat. Che come è noto calcola sempre un’inflazione inferiore al reale, motivo per cui anche la stessa perequazione è già monca in partenza. Perequazione sì e perequazione no, perequazione per chi sì e per chi no, perequazione da quando a quando: questi sono i temi che hanno generato una grande confusione, un autentico gioco delle tre carte grazie al quale nessuno sa di preciso come stanno le cose, cioè chi viene fregato e in quale misura.
2) – Il secondo prelievo di fatto, ma anch’esso mascherato, è una vera e propria tosatura alla fonte per TUTTE le casse previdenziali diverse dall’Inps. Infatti, caso unico in Europa, gli istituti previdenziali privati o privatizzati sono sottoposti ad una tassazione delle rendite eguale a quella dei fondi speculativi! Questi istituti è ovvio che per poter pagare le pensioni facciano anche degli investimenti per avere dei rendimenti, cioè per migliorare il proprio bilancio e la sicurezza di tutti i propri assistiti. E’ quindi lapalissiano che NON si tratta di speculazioni, ma di previdente saggezza. Eppure le attuali leggi obbligano gli istituti privati e privatizzati a un’ulteriore tassazione all’atto dell’erogazione delle pensioni in misura commisurata agli scaglioni Irpef. E così la tosatura è passata in pochi anni dal 12,5% al 26% in pochi anni! Altro che prelievo sulle pensioni “d’oro”!
Ripeto: nell’intera Europa questo trattamento punitivo per le casse previdenziali non pubbliche esiste solo nel BelPaese.
Oltre ai prelievi mascherati che agiscono da tempo, il governo sta studiando altri due tipi di prelievo forzato. Vediamo quali.
3) – Il ricalcolo con il metodo contributivo delle pensioni già liquidate con il metodo retributivo. L’Italia ha avuto due decenni ad alta/altissima inflazione (1974-1984: media 16,5% – 1985-1995: media quasi 6%) motivo per cui sarebbe importante vedere quali indici di rivalutazione il governo potrà utilizzare per i versamenti contributivi precedenti il 1995. L’emendamento di Marialuisa Gnecchi prevede che siano esenti dal ricalcolo le pensioni inferiori a 5.000 euro netti al mese. L’emendamento sembra tagliato su misura per tutelare pensioni come quelle degli ex parlamentari, ex magistrati ed ex ufficiali militari. Certo è che se il ricalcolo diventasse legge, come tale eguale per tutti, colpirebbe anche le pensioni elargite a gogò dalle leggi ad personas Rumor e Mosca per permettere il fenomeno dei baby pensionati e della buona sistemazione pensionistica di sindacalisti, funzionari degli apparati dei partiti e dei sindacati, tra i quali spicca l’attuale presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Piuttosto difficile quindi che il ricalcolo possa diventare legge.
4) – E’ invece più facile che la sforbiciata colpirà le pensioni di reversibilità, con modifiche peggiorative alla già pessima legge Dini n. 335/95, che ha portato la reversibilità della pensione dal 60% al 45%, al 36% se il reddito del coniuge superstite è fra 3 e 4 volte il minimo e al solo 30% se il reddito del coniuge superstite è superiore a 5 volte il minimo. Poiché il minimo è da ospizio – 501,38 euro – è evidente che il taglio drastico ha già colpito una marea di coniugi superstiti. Ma il governo Renzi sta pensando a come segargli ancor più le gambe. In previsione che in futuro la pensione di reversibilità venga totalmente abolita o ridotta a elemosina.
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