Appena le prima copie di “L’affaire Emanuela Orlandi” sono comparse in libreria, subito ne è stato chiesto il sequestro. Il libro di 176 pagine scritto dalla fotografa Roberta Hidalgo e pubblicato dalle Edizioni Croce ha provocato la richiesta di sequestro da parte di Pietro Orlandi, fratello di Emanela, che si è rivolto allo studio legale Petra Bassani, Grieco e Associati.
Vane le proposte dell’editore Fabio Croce di togliere eventualmente alcune parti e provvedere quindi a un’edizione purgata. Nossignore: non potendo più ordinare manzonianamente “questo libro non s’ha da fare!”, visto che qualche copia in libreria la settimana scorsa ce l’ha fatta ad arrivare, si ripiega su un altrettanto perentorio “Questo libro s’ha da sequestrare!”. Insomma, non deve circolare perché il suo contenuto non deve essere letto.
Eppure la sua tesi è tale da suscitare perplessità anche a chi non sia particolarmente addentro alla misteriosa vicenda della Orlandi.. Hidalgo infatti sostiene che Emanuela Orlandi vive a casa di suo fratello, a Roma in via Traspontina 15, facendo finta di essere sua moglie. Ma le “prove scientifiche” che elenca nel libro a supporto di tale tesi sono piuttosto deboli, tant’è che neppure lei ne fa una affermazione tranchant, preferendo presentarla come una semplice ipotesi, della quale lei è abbastanza convinta sì, ma non in modo perentorio, e che comunque non vuole imporre al lettore. Che in definitiva viene solo invitato a riflettere un po’ di più.
Che bisogno c’è quindi di chiedere il sequestro? Perché impedire che circoli un libro basato su supposizioni che non è neppure necessario confutare?
C’è solo da sperare che i magistrati respingano la pretesa del cittadino vaticano Pietro Orlandi. L’Italia infatti, nonostante tutto, non è una estensione dello Stato pontificio.
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