ROMA – Dopo Avetrana, Brembate Sopra. Dopo Sarah Scazzi, Yara Gambirasio. E anche in questo nuovo tragico caso sin dall’inizio non sono mancate le ipotesi più assurde, comprese le affermazioni che la ragazzina era ancora viva, riesplose non appena s’è trovato per caso il cadavere della ragazzina di Brembate. Non è mancato il famoso psicologo che prontamente intervistato dal Corriere della Sera ha lanciato la pista delle sette sataniche. Su quali basi? “I segni trovati sulla schiena di Yara sono compatibili con i riti delle piste sataniche”. No comment. Mi limito a osservare che la spinta verso la spettacolarizzazione (anche) della cronaca nera e verso la creazione di “misteri”, quando semplicemente si brancola nel buio, è davvero un spinta formidabile, e non solo in tv. Il record è certamente quello del “rapimento” di Emanuela Orlandi: sono ormai ben 28 anni di frottole, una più evidente dell’altra, eppure la stampa e l’opinione pubblica se le bevono ancora.
Anche quello di Yara è, a mio modesto parere, il classico delitto consumato nella cerchia dei familiari, degli amici e dei vicini di casa. Non c’entra nulla il sesso, c’entrano l’invidia e i rancori con il conseguente desiderio di vendetta. Fu un capo della polizia a dire chiaro e tondo anni fa che quando un minore sparisce non bisogna andare a cercarlo chissà dove, lontano, ma “sotto terra e nei pressi di casa”. Perché? “Perché nella gran parte dei casi si tratta di omicidi compiuti per rancori familiari o di amici e vicini di casa”. Che colpiscono i figli per colpire un genitore o entrambi. Proprio come a volte fa la mafia con le sue “vendette trasversali”.
A quanto pare lo hanno capito anche gli inquirenti di Brembate. Il finale a sorpresa emerso ad Avetrana, dopo tre mesi di chiacchiere su “mostri”, “maniaci” e ovviamente “extracomunitari”, forse ha insegnato qualcosa a qualcuno. Gli inquirenti infatti puntano alla verifica del dna di “una decina di persone del paese”, che non c’entrano nulla con le sette sataniche e la pedofilia. E se davvero sotto le unghie della povera Yara ci sono tracce della pelle o dei capelli di chi l’ha uccisa, allora non sarà difficile trovare il colpevole. Yara aveva con sé il telefonino, del quale l’assassino – come è noto – ha fatto trovare solo la Sim e la batteria. Visto che il telefonino ce l’abbiamo ormai tutti, è molto probabile che ne avesse uno anche la persona, ben nota a Yara, che le ha offerto un passaggio in auto. Per portarla però non a casa, ma alla morte. Se si controlla quali numeri di telefonino hanno agganciato la stessa “cellula” agganciata da quello di Yara una volta uscita dalla palestra di danza, è lecito pensare che tra loro ci sia anche il numero di telefonino dell’assassino.
Io sono dell’idea che chi ha ucciso Yara l’ha invitata a salire in auto per ucciderla appena possibile senza dare nell’occhio. Non un raptus, ma una vendetta. Non la perversione del sesso, ma il risultato di rancori e/o invidie. I genitori di Yara dovrebbero essere bene in grado di sapere a chi hanno pestato i calli o suscitato comunque invidie e rancori. Non si tratta certo di un numero sterminato di persone.
Un’ultima annotazione, che si collega ad Avetrana. Evidentemente non è sempre vero quanto strombazzano i comunicati ufficiali e riportano un po’ troppo fiduciosamente i giornali riguardo il “setacciare a tappeto l’intera zona” e il “non tralasciare nessun indizio, nessuna traccia”. Cronaca nera o no, anche quando si fa “tutto il possibile” lo si fa sempre un po’ all’italiana… Tanto nel profondo Sud di Avetrana quanto nel profondo nord di Brembate Sopra.