Nord Italia, dal miracolo economico alla stagnazione

Nord Italia, dal miracolo economico alla stagnazione
Foto d’archivio

ROMA – Giuseppe Turani ha scritto questo articolo dal titolo “Dal boom alla stagnazione” anche sul suo sito Uomini & Business:

“La via del Nord” (Dal miracolo economico alla stagnazione) di Giuseppe Berta è un libro illuminante, ma anche sconsolato. Verrebbe da dire “disperato”, se l’espressione non fosse troppo forte. E l’autore non è un gufo di passaggio: storico fra i migliori di cui disponiamo oggi, sono almeno dieci anni che studia con grande pazienza la società padana.

Anzi, proprio dieci anni fa sorprese un po’ tutti con un libro, intitolato semplicemente “Nord”, con il quale ci spiegava che, sparito il famoso “Triangolo Industriale” (Milano-Genova-Torino) si era creata una specie di città industriale che da Torino si spingeva fino a Venezia. Certo, c’erano delle diversità, qualche zona grigia, ma il senso di quello che era successo era del tutto evidente: si era formata una lunghissima città industriale.

Lungo quell’asse succedeva di tutto, tutte le novità nascevano lì. Da altre ricerche, peraltro, si era visto che anche le aziende del “Quarto Capitalismo” (medio grandi molto dinamiche) grosso modo spuntavano tutte lungo il “sentiero” delineato da Berta, che poi era appunto la direttrice Torino-Venezia.

Dieci anni fa, ci spiega Berta, si riteneva ancora che il Nord avrebbe funzionato come grande motore del paese intero, esportando la voglia di fare e certi valori (il lavoro, l’onestà, la buona amministrazione, ecc.). L’illusione di un Nord meraviglioso, una sorta di terra promessa del fare e del bene è durata a lungo e ha radici antiche. Io stesso ricordo che a metà degli anni Novanta scrissi “I sogni del Grande Nord”, una specie di rassegna di quello che il Nord avrebbe voluto e potuto fare per il proprio benessere e per quello del paese.

Ma questo è il passato. Nel libro di oggi, “La via del Nord”, Berta non crede più nemmeno a una delle illusioni che per anni hanno alimentato il mito del Nord e della Padania. Si è perso tutto per strada: la via del Nord si è smarrita. E quel territorio non ha più niente da indicare al resto del paese.

Il libro è denso di storie, più di mezzo secolo di vicende, ma il senso è chiaro. Questo Nord, che si voleva punta avanzata dell’Italia, non ha saputo difendersi dalla corruzione, ad esempio. Anzi, Milano (una volta definita “capitale morale”) è stata il centro di quella brutta vicenda che è stata Tangentopoli.

Ma il Nord, questo Nord orgoglioso, capace e intelligente, non ha nemmeno saputo difendere il proprio territorio, che ormai viene devastato a ogni pioggia appena un po’ insistente. Della “buona amministrazione” pubblica non si ha più notizia.

Ma, soprattutto, in questo Nord non ci sono più idee e progetti. Si tira a campare. Nel Nord di una volta si aggiravano personaggi come Adriano Olivetti e altri capaci di inventare il futuro e di costruire una nuova società. Laboriosa, certo, ma anche abbastanza giusta.

Oggi, invece, il Nord è un insieme di attività senza una direzione, senza un disegno. Certo, l’ultima crisi lo ha colpito duramente. Ma i segni del declino, scrive Berta, erano già tutti presenti, bastava vederli. E, a tratti, sembra dispiaciuto di aver scritto dieci anni fa il primo libro sul Nord, assai più positivo. Grande esempio di onestà intellettuale. Ma, purtroppo, si deve convenire che il Nord di oggi è quello che lui descrive: è come il resto del paese e come quest’ultimo non sa come fare per uscire dalla crisi e per ritrovare un futuro.

 

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