Pagamenti della Pa: procedure sbagliate, ripartire dagli enti

vittorio grilli
Grilli: cambiare procedure

Il tema dei pagamenti dei creditori delle pubbliche amministrazioni è diventato, e a buon titolo, l’argomento centrale di politica economica del nostro Paese. Lo sblocco del meccanismo inceppato risolverebbe molti problemi: immissione di liquidità nel punto del sistema (le imprese) in cui il bisogno è maggiore; riattivazione dei rapporti di credito tra imprese e sistema bancario; diffusione generalizzata nel territorio nazionale (trasversale per dimensione aziendale e settori merceologici interessati); riorganizzazione dei sistemi contabili delle pubbliche amministrazioni (miglioramento del ciclo passivo, sistemazione delle contabilità generali, ricostituzione delle dotazioni di cassa).

Il tutto senza alimentare quell’effetto di azzardo morale che l’Europa teme ogni volta che sono concesse deroghe al rigore: la destinazione delle risorse è infatti ben delineata e può essere certificata in forma analitica.

Sarebbe una vera ripartenza che, se attuata con intelligenza, evitando le torsioni burocratiche del passato, potrebbe contribuire a realizzare, agendo sul cantiere del bilancio pubblico (legge costituzionale 1 del 2012 e legge rinforzata 243 del 2012), quel salto che la pubblica amministrazione italiana deve compiere per stare al passo con i sistemi pubblici dei grandi Paesi europei. L’armonizzazione dei bilanci degli enti della Pa e il passaggio a un bilancio di cassa organizzato per missioni e programmi possono costituire un valido ausilio per consolidare il processo tratteggiato.

Per riuscire, bene e rapidamente, è necessario però partire dalla testa (gli enti della Pa) e non dalla coda (i creditori), come si è fatto fino ad oggi. I decreti governativi dello scorso anno hanno messo in piedi un procedimento farraginoso (richiesta di certificazione, commissari ad acta, compensazioni triangolari con il fisco) gestito attraverso l’adesione facoltativa e non obbligatoria per le amministrazioni a una piattaforma informatica centralizzata, affiancata da un meccanismo cartaceo che si poteva sovrapporre e quello telematico (da rendere evidentemente esclusivo per ragioni di efficienza). Il risultato è stato molto inferiore alle attese: finora solo 3 milioni di crediti sono stati intercettati su un ammontare che, secondo le stime più attendibili (Banca d’Italia) si aggira intorno ai 70 miliardi.

Per avere successo il progetto di smaltimento dei debiti commerciali della Pa deve partire dalle contabilità generali degli enti. L’universo delle Pa è definito e stabile (si tratta di circa 20.000 enti), non variabile e indefinito come quello dei creditori. Ciascun ente, anche se non adeguatamente organizzato, dispone di un sistema contabile informatizzato da cui estrarre le informazioni necessarie, da comunicare anche alla Ragioneria Generale dello Stato. Dalla ricognizione delle contabilità può essere ricavato con relativa facilità l’elenco delle fatture passive non pagate (“in sospeso”) che possono a loro volta essere suddivise tra quelle inserite in assenza di imputazione (potenziali debiti fuori bilancio) e quelle correlate a effettivi impegni (effettuate quindi sulla base di stanziamenti di bilancio del conto residui o del conto competenza).

Di queste ultime un sottoinsieme disporrà del relativo atto di liquidazione (che è necessario per effettuare il pagamento). L’analisi dettagliata dei debiti verso fornitori degli enti territoriali consentirebbe inoltre di distinguere tra quelli verso altri enti pubblici (in primis le aziende in house o partecipate in forma maggioritaria) e quelli verso soggetti esterni alla Pa (fornitori di beni e di servizi, professionisti, prestatori di opere collegate a finanziamenti vincolati di altri enti). La scomposizione delle posizioni debitorie consente anche l’identificazione del soggetto che deve effettivamente erogare il finanziamento (trasferimenti vincolati).

Sfuggono alla rilevazione della contabilità generale le fatture non inviate al servizio finanziario, che restano depositate negli uffici a causa della non ottimale gestione del ciclo passivo (l’avvio del processo dovrebbe sollecitare l’inserimento di tutte le fatture fino al 31 dicembre 2012 e prevedere inflessibili procedure di trasmissione e registrazione a partire dal 1 gennaio 2013).

Una grande azione di trasparenza sulla contabilità delle pubbliche amministrazioni, con assistenza e coordinamento centrale per diffondere le best practice e risolvere le principali criticità. Un progetto che, oltre a smaltire lo stock, porrebbe le premesse per evitare la sua ricostituzione, rendendo possibile, non solo sulla carta, l’attuazione delle stringenti disposizioni europee, che prevedono il pagamento entro 30 o al massimo 60 giorni.

La provvista necessaria per attuare l’operazione delineata si aggira intorno ai 3 punti di Pil, che potrebbero essere distribuiti su due anni. Un punto e mezzo di Pil nel 2013 e nel 2014, che rallenterebbe solo apparentemente l’attuazione della “regola del ventesimo” prevista dal “fiscal compact” in quanto i forti effetti sul denominatore rafforzerebbero, e non di poco, il processo di riduzione dello stock di debito nei prossimi anni.

La provvista necessaria, che incrementerebbe il debito, può essere a sua volta ribaltata pro-quota sugli enti, che si accollerebbero l’onere del finanziamento nel lungo periodo (per esempio in un arco trentennale). Una soluzione del problema è ora agevolata dalla dichiarazione congiunta dei Commissari europei Olli Rehn e Antonio Tajani in merito alla possibilità di prendere in considerazione “fattori significativi” in sede di valutazione della conformità del bilancio di uno Stato membro con i criteri di deficit e di debito, aprendo la strada all’inclusione dei debiti commerciali tra i “fattori attenuanti”.

Lo sviluppo si rimetterebbe in moto in forma diffusa e controllata; migliaia di prestatori di beni e servizi sarebbero pagati e potrebbero a loro volta onorare i propri fornitori e liberare le rispettive posizioni bancarie, ricostituendole per nuovi investimenti, nell’ambito di un processo interamente tracciato e certificato; il ciclo passivo delle pubbliche amministrazioni sarebbe sottoposto a un’azione stringente di razionalizzazione che, oltre ad eliminare lo stock accumulato, rappresenterebbe la base per pagamenti regolari e puntuali nel futuro (si realizzerebbe, in pratica, una riconciliazione del debito, con la possibilità di transigere gli interessi accumulati, di compensare gli eventuali debiti nei confronti della Pa, di verificare le posizioni fiscali dei creditori); i prezzi per la Pa si ridurrebbero perché non risentirebbero più della incorporazione del ritardo di pagamento; le spese per interessi sarebbero minori; vi sarebbe una disintermediazione finanziaria (il rapporto banche imprese sarebbe ricondotto ad una funzione più fisiologica).

Il pagamento, a questo punto rapido e preciso, potrà essere attivato, attraverso un sistema di trasmissione esclusivamente telematica, direttamente dalle amministrazioni con un controllo centralizzato. Dopodiché si potrà procedere, con regolarità crescente, a regolarizzare il flusso dei pagamenti, recuperando posizioni nelle classifiche europee che ci hanno fino ad ora visto collocati agli ultimi posti.

 

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