Palermo ovvero Ipocricity. Ora dopo il notaio, innocente fino a sentenza definitiva, c’è il commercialista, poi ci sarà l’agronomo, l’ingegnere, il professore universitario.
A Palermo, tra mandamenti che non si parlano, tra la città borghese e quella di borgata, un codice universale poi si trova.
“I piccioli”, i soldi, pubblici ovviamente, europei, tanto a loro non importa se li buttiamo nel cesso. Ovviamente non è vero e la procura europea ce li sta sequestrando.
La storia è antica quanto semplice, uno dei catturati nell’ultima retata della DIA è il boss Micalizzi. È boss per matrimonio, avendo sposato la figlia di uno che negli anni 70 contava assai, Saro Riccobono, il boss di Partanna Mondello, borgata di confine tra il mandamento di San Lorenzo, Tommaso Natale, Vergine Maria-Arenella.
Lui è uno dei sopravvissuti alla guerra di mafia degli anni 80. Sembra che non cambi mai niente a Palermo, passano i decenni ma i nomi ritornano, i Riccobono, gli Inzerillo, gli Spatola. Sembra il Trono di Spade, con famiglie spodestate da altre che poi riemergono, con nuovi volti ma stesso sangue. O semplicemente è il Gattopardo di Tomasi, da cui non riusciamo a scappare, in cui tutto cambia per non cambiare nulla.
L’occasione è ghiotta: ci sono i soldi del PNRR, sull’agricoltura, magari biologica, magari sostenibile, c’è sempre un colletto bianco sporco che ha gli agganci giusti, le sedi adeguate, le affiliazioni importanti. Ci possiamo “fottere fino al 90% a fondo perduto, a rendicontare ci pensa lui”, lavoro vero, produzione qualitativa nulla, solo truffe. Perché noi siamo scaltri, loro, gli Europei, fessi. E se i fessi, visto che i nostri figli emigrano da loro, dove hanno lavoro vero e servizi, fossimo noi?
E la borghesia palermitana sta a guardare? Si fa come dice “i cazzi propri”? Ha un moto di piazza, organizza una sessione di consapevolezza collettiva sulla distinzione morale del lavoro pulito da quello sporco? O la pecunia non olet?
La pecunia olet per un po’, poi magari si va nelle scuole giuste, ci si iscrive nel circolo adatto, si fa un matrimonio accreditante nei giusti ambienti, e di colpo quello che prima puzzava susseguentemente profuma di eau de Cologne ed Hermes. Tutto questo a Ipocricity Palermo.
PS: io non sono salvo per scagliare la prima pietra, sono palermitano e peccatore, come e forse, per consapevolezza, più degli altri.