ROMA – Oramai dovrebbero conoscere i politici che li odiano, guidati da Enrico Zanetti di Scelta Civica. Dovrebbero conoscere anche chi li difende: nessuno, perché intanto ai politici la pensione non sarà mai toccata, nemmeno ai pregiudicati o quasi. Si staccano l’opportunista dell’ultima ora Matteo Salvini e il primo ministro e segretario del Pd Matteo Renzi, ancor più opportunista di Salvini.
Matteo Renzi era partito che voleva togliere la pensione di reversibilità anche a sua nonna, poi da politicante di prima scelta ha fatto due righe di conto e ha cambiato idea o almeno ha dato l’impressione di avere cambiato idea. Che questo basti ai pensionati per stare sereni non pare, visti i precedenti e la assoluta mancanza di pudore di Renzi nel rimangiarsi la parola data.
Lina Palmerini sul Sole 24 Ore descrive in poche efficaci righe il roveto in cui si trova ora Renzi, spiegando con chiarezza perché abbia indossato il vello dell’agnello:
“Matteo Renzi non aveva previsto che la campagna elettorale si facesse sulle pensioni. La sentenza della Corte Costituzionale non solo è una mina sui conti pubblici – ed espone l’Italia al rischio di procedura della Ue – ma disegna i contenuti della prossima competizione. Anche se è regionale, comunque i 5,5 milioni di pensionati interessati dalla sentenza della Corte e precedentemente colpiti dal blocco dell’indicizzazione, sono una platea di tutto rilievo.
Il modo in cui deciderà e si comporterà il Governo diventa un segnale per tutti i 18 milioni di pensionati che sono il grosso del bacino elettorale del Paese. E del Pd, soprattutto, che nell’ultima elezione nazionale del 2013 aveva trovato nei pensionati il 35,3% del consenso. Dato che si è mantenuto anche nelle europee del 2014 che, secondo l’analisi di Marco Maraffi di Itanes, sono cresciuti di quasi 10 punti. Insomma, un “blocco sociale” che Renzi non può permettersi di trascurare ora. E dunque il primo atto concreto di questa campagna elettorale sarà la decisione del Governo su come, quanto e quando restituire il “maltolto””.
Stia quindi attento Renzi quando, passate le Regionali, vorrà cedere alla tentazione di gettare la maschera buonista e rivelare il vero volto del lupo: altre elezioni incombono e c’è il tempo per un partito meno sbilenco della Lega di Salvini per cavalcare i temi delle pensioni e del fisco. Le memorie delle porcherie di Umberto Bossi si sono ormai stinte, una laurea in Albania appare poca cosa rispetto alle prodezze di Ercole Incalza e anche rispetto al Rolex di Maurizio Lupi.
C’è un mercato di voti, al centro, che è quello che determina il risultato delle elezioni in tutto il mondo. I laburisti inglesi, figli della stessa foresta da cui sono usciti i vari Fassina, stanno confermando l’antica teoria: la sinistra vince al centro, senza i ceti medi i partiti di sinistra restano prigionieri della gabbia dell’ideologia. Ora che il proletariato ha trovato altri tutori, la Lega al Nord e l’ex An al Sud, il Pd ancor più rischia la sindrome del Labour post Blair.
Matteo Renzi questo lo ha capito molto bene. La sua riforma elettorale ha come ultimo obiettivo non dichiarato proprio lo sganciamento da Sel, che, grazie a Pierluigi Bersani, col 3 per cento controlla un bel pezzo d’Italia, dalla Camera alle tre grandi capitali regionali (Roma, Milano, Genova). Avete i mendicanti alla porta di casa, gli ambulanti vi perseguitano, gli artisti di strada vi rovinano il pomeriggio? Non è un problema di polizia ed ordine pubblico, è un problema politico che punta dritto a Sel.
Se poi i conti dello Stato, delle Regioni, dei Comuni non quadrano, non è che quelli pensano a eliminare un po’ di sprechi e ruberie, aumentano le tasse.
Se poi i Italia ci sono tanti “poveri”, categoria che comprende anche gli evasori totali, la base su cui far gravare il costo del milioni e duecento – trecento mila parassiti si restringe. I parassiti, cioè politici e affini, sono uno ogni 5 italiani bambini. Toglieteci quel terzo di “poveri” che l’Istat denuncia, restano una trentina di milioni, bambini, moribondi, casalinghe e disoccupati su cui far gravare il costo della piramide del potere.
Se andate a Roma, evitate le strade del centro dove si annidano i capi del sistema politico italiano. L’altra sera un pensionato passava per via della Dogana Vecchia, la strada fra la Senato e Palazzo Giustiniani, dove il presidente del Senato resiede. La strada è blindata, ci si va solo a piedi. Tornava a casa per cena il Presidente del Senato: berlina con vetri oscurati, due auto di scorta, paletti che si abbassavano e risalivano con un ronzio appena percettibile, portone che si spalancava e richiudeva senza il rumoraccio del nostro portone di casa.
Il pensionato ha esclamato: “Mi tolgono il 60 per cento della pensione, tra tasse e contributo di solidarietà, per garantire tutto questo. È davvero giusto?”. Poi si è guardato attorno: troppe facce da carabinieri e poliziotti in borghese in giro da quelle parti e alto è di questi tempi il rischio di finire nei guai per una opinione un po’ storta.
I tempi sono maturi perché prenda coscienza del suo peso politico una categoria di ex dirigenti dello Stato e di azienda, colpevoli solo di avere guadagnato di più senza rubare e oggi considerati come nemmeno i loro omologhi all’avvento del socialismo reale nella neonata Urss e nei Paesi dell’Est via via che entravano nell’orbita sovietica.
Matteo Renzi ci stia attento e ci rifletta. Anche i pensionati ci riflettano e si guardino bene da votare Scelta Civica alle prossime elezioni. Il partito fantasma del fantasma di Mario Monti, cui dobbiamo metà di questa nostra crisi, proprio deve finire di fare danni ai pensionati e all’Italia tutta.