ROMA – Mi spiace molto che anche giornali e dibattiti televisivi siano così approssimativi e superficiali nel commentare e nell’esporre l’ultima decisione della Consulta sulle pensioni. Si grida a un nuovo buco di 5 miliardi di euro, senza considerare che i buchi possono essere colmati in tanti modi (vi ricordate della spending-review, mai partita?, o della lotta all’evasione fiscale che procede lenta) e non mettendo gli uni verso gli altri infrangendo le più elementari regole costituzionali.
Ma veniamo alla sentenza. Vi si afferma, sostanzialmente, che 1) le pensioni sono stipendio differito; 2) che questo stipendio, ancorché differito, deve garantire nel tempo la sua integrità e dunque dev’essere rivalutato; 3) che tutti i cittadini, a parità di reddito, debbono in egual misura concorrere a pagare le imposte: quindi, a parità di reddito, i pensionati non possono essere discriminati in alcun modo e pensionati e attivi debbono pagare le imposte in egual misura.
Tutto ciò in un Paese normale sarebbe ovvio e mai la Corte Costituzionale sarebbe stata costretta a ribadire il concetto. Ma qui da noi le cose stanno diversamente ed è difficile far capire anche ai giornalisti (che pur devono seguire corsi di aggiornamento professionale) che c’è chi le pensioni se le è costruite pagando regolarmente i contributi e chi, invece, ha ricevuto regali e sconti regali (legge Mosca, baby-pensioni, eccetera) per non parlare di chi le percepisce addirittura indebitamente. Per esempio i parlamentari. Infatti, se una pensione è stipendio differito, anche le indennità dei parlamentari (dei consiglieri regionali, eccetera) sono stipendio differito? Forse l’attività che svolgono è lavoro professionale? E sarebbe lavoro a tempo pieno visto che non hanno alcun obbligo di presenza e alcuni continuano addirittura a svolgere la propria vera attività considerando quella parlamentare solo un secondo impegno, non professionale beninteso? Si tratta solo di un esempio, fra i molti possibili.
Veniamo al “buco” di 5 miliardi. Fa notizia, ovviamente. Ma lo fa solo perché finora non si è messo veramente mano alla spending-review, malgrado nel nostro Paese ci sia molto da tagliare, come tutti sappiamo. C’è da tagliare l’economia improduttiva, che in Italia (a differenza di altri Paesi) è ben più consistente di quella produttiva. Poi c’è, addirittura, la spesa parassitaria, quella che erode il reddito prodotto. E’ però evidente che è difficile metter mano alla spending-review in un Paese dove un milione 300 mila persone (come a dire un italiano ogni 50) campa di attività politica e i lavori pubblici servono spesso soltanto per distribuire soldi, è molto meglio confondere le carte e gridare allo scandalo pensionistico. Peraltro, come sappiamo, alimentato anche da finalità che nulla hanno avuto a che fare con la previdenza. Questa non è trasparenza, cioè il presupposto della democrazia. Non stupisce che molti politici ci sguazzino, stupisce invece che molti giornalisti non lo denuncino.