* Presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati presso l’Associazione Stampa Romana
ROMA – Desta vivissima preoccupazione la volontà di quasi tutti i partiti (tranne Forza Italia-Pdl e il Nuovo Centrodestra) di voler di nuovo intervenire con pesanti tagli sulle pensioni medio-alte, cioé impropriamente definite in base solo alla loro entità “d’oro, d’argento e di bronzo”, dopo quelli già operati con la legge di stabilità n. 147 in vigore dal 1° gennaio scorso.
Sono quindi ancora una volta seriamente a rischio di decurtazione soprattutto i vitalizi di ex magistrati, avvocati dello Stato, ambasciatori, generali, ammiragli, docenti universitari e dirigenti pubblici, nonché manager privati, notai, medici, avvocati, giornalisti, ed altri liberi professionisti, cioé le categorie che generalmente hanno versato per un lungo – o addirittura un lunghissimo periodo – i maggiori contributi previdenziali.
Sono stati infatti ipotizzati nuovi pesanti contributi di solidarietà sulle pensioni che potrebbero presto tramutarsi, purtroppo, in legge nell’incomprensibile silenzio (tranne rarissime eccezioni) di giornali, radio, tv ed online.
Sei sono i disegni di legge (Pd, Scelta Civica per l’Italia, Movimento 5 Stelle, Sel, Lega e Fratelli d’Italia) sinora esaminati dalla Commissione Lavoro della Camera, presieduta dall’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, che ha deciso di adottare come testo base quello presentato dall’opposizione, e cioé quello di Fratelli d’Italia (prima firmataria l’onorevole Giorgia Meloni).
Dal tenore dei numerosi interventi dei vari deputati nella seduta della Commissione del 15 gennaio (vedere allegati qui in calce) emerge chiaramente che a Montecitorio vi sia un preciso disegno complessivo di non affossare l’idea di ulteriori tagli, ma di procedere rapidamente al varo delle nuove norme. Gli unici finora a non mettere fretta e a richiedere maggiore attenzione e ponderazione a rispettare la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 5 giugno scorso e ad attendere l’esito del monitoraggio da parte del Governo, come previsto dalla mozione approvata a larga maggioranza dalla Camera l’8 gennaio scorso al termine di un ampio dibattito, sono stati gli onorevoli Sergio Pizzolante (NCD), Renata Polverini (Forza Italia-Pdl) e Titti Di Salvo (Sel). Ma l’onorevole Giorgia Meloni, rivendicando di aver intrapreso per prima questa crociata, é stata inflessibile: sì al rinvio, ma solo per pochi giorni.
Il prossimo appuntamento in Commissione é fissato per martedì 21 gennaio, poi dal 27 gennaio si andrà in Aula a Montecitorio.
Ecco perché diventa improcrastinabile far sentire al Parlamento anche la voce dei pensionati con controproposte non demagogiche, ma aperte e disponibili alla solidarietà in favore dei più deboli a condizione, però, dell’assoluta condivisione dei principi sanciti dalla Consulta sette mesi fa.
In altre parole i pensionati non vogliono, né intendono sottrarsi ad aiutare i più svantaggiati, ma non devono farlo da soli, come furbamente vorrebbero i politici. Devono essere anche in loro compagnia e, a parità di reddito denunciato al fisco, in compagnia di tutti gli altri cittadini, enti e società, che in qualità di contribuenti italiani hanno anch’essi il sacrosanto dovere di venire incontro alle necessità dei più sfortunati e/o svantaggiati.
In tal modo, peraltro, lo Stato potrebbe alimentare il neonato Fondo previdenziale di povertà presso l’INPS con ben altre risorse rispetto a quelle derivanti dalle sole pensioni.
La nostra Costituzione del 1948 é chiarissima e finché non sarà modificata va rispettata alla lettera.
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