ROMA – Sul sito di Franco Abruzzo, Pierluigi Franz spiega che è iniziato mercoledì sera alla Camera il dibattito sulle cosiddette “pensioni d’oro” (riguarda da vicino il 90% dei giornalisti).
Proprio durante la semifinale di Coppa Italia Roma-Napoli si è svolta mercoledì sera alla Camera l’attesa discussione generale del disegno di legge presentato come prima firmataria dalla giornalista onorevole Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e intitolato “Disposizioni in materia di pensioni superiori a dieci volte l’integrazione al trattamento minimo INPS”, già bocciato dalla Commissione Lavoro per la netta opposizione del Pd, di Forza Italia e del Nuovo Centro destra che chiedevano tempo prima di decidere per poter conoscere i dati già chiesti all’INPS e al ministero del Lavoro, come peraltro emerso dall’impegno preso l’8 gennaio scorso nell’Aula di Montecitorio dal governo Letta-Alfano a conclusione dell’esame delle mozioni sullo stesso argomento. Dopo un ampio dibattito il voto é stato rinviato ad una prossima seduta della Camera (vedere accluso allegato).
Il provvedimento dell’on.le Meloni, impropriamente noto come taglio delle cosiddette “pensioni d’oro”, mira a revisionare e ricalcolare con il sistema contributivo e con effetto retroattivo tutte le pensioni in corso conteggiate con il sistema retributivo superiori ai 5 mila euro lordi al mese (3.200/3.300 euro netti), tagliando poi l’eventuale eccedenza rispetto al ricalcolo destinandola ad un istituendo Fondo pensioni. Soltanto tra INPS, fondi previdenziali speciali ed ex INPDAP potrebbero ricadere in questa “tagliola” ben 38 mila pensionati (ex dirigenti pubblici, banchieri, docenti universitari, medici ospedalieri, manager privati, magistrati, avvocati dello Stato, ambasciatori, ammiragli, generali, piloti, telefonici, ecc.), nonché altre migliaia di pensionati iscritti ad altri enti previdenziali privatizzati come avvocati, ingegneri, commercialisti, notai, giornalisti, ecc.
Peccato, però, che l’onorevole Meloni tanto appassionata in questa sua “crociata” si sia dimenticata di far rientrare in questa “revisione” pensionistica anche i vitalizi dei parlamentari, compreso, ovviamente il suo, perché potrà godere del beneficio del sistema retributivo dal 2006 (cioé da quando é stata eletta deputato) fino al 2011 (cioé per oltre 5 anni), mentre usufruirà del sistema contributivo per la sua permanenza a Montecitorio solo a partire dal 2012 in poi.
Vorremmo chiederle cortesemente, essendo considerata una delle parlamentari più autorevoli, esperte e preparate in materia: “Come giustifica questa esclusione dei vitalizi degli onorevoli dalla Sua proposta di legge per la quale lo stesso premier Enrico Letta nella passata legislatura aveva presentato un apposito disegno di legge rimasto poi, stranamente, nei cassetti di Montecitorio?”
E perchè si é anche dimenticata nell’occasione di far revisionare anche una norma che in 44 anni di vigenza sarebbe sinora costata allo Stato almeno 6 miliardi di euro, cioé la doppia pensione interamente gratis fino al 1999 e per 3/4 gratis dal 2000 in poi per deputati, senatori, europarlamentari, governatori di Regioni e sindaci di grandi città dal 2000 in poi?
Vorremmo, quindi, gentilmente una risposta a questo secondo quesito: “Come giustifica la mancata inclusione nella Sua proposta di legge della radicale modifica dell’art. 31 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970), cioé della norma che con una subdola interpretazione ha sinora consentito questo scandalo della doppia pensione? Per caso Lei, forse, non ci rientra o vi ha rinunciato espressamente, visto che é giornalista professionista iscritta all’INPGI dal 2006?”
“Ma, in caso affermativo, non sa forse che il 75% della sua futura pensione da giornalista Le arriverebbe gratis pagata da un ente previdenziale privatizzato di categoria come l’INPGI “Giovanni Amendola”? E non sarebbe, quindi, in tal caso paradossale che proprio Lei sia la promotrice di una “crociata” per revisionare – in vista di un possibile taglio – le pensioni di circa il 90 per cento dei suoi colleghi giornalisti, cioé la categoria che di fatto le pagherebbe per 3/4 la sua futura pensione?”
Attendiamo una Sua cortese risposta unitamente a quella relativa ad un’ultima domanda relativa alla legge di stabilità per il 2014. Si tratta del comma 487 dell’art. 1 della legge n. 147 del 27 dicembre 2013. Con abilità mediatica si é fatto erroneamente credere ai cittadini che anche i vitalizi sarebbero stati da quest’anno assoggettati allo stesso taglio previsto per gli altri comuni mortali.
Purtroppo, non é così , perché tale norma solo apparentemente sulla carta estende la possibilità di taglio dei vitalizi superiori ai 91 mila 250 euro lordi l’anno.
Difatti, contrariamente a quanto previsto dal precedente comma 486 per i pesanti tagli delle pensioni INPS, ex INPDAP, ex INPDAI, del Fondo Volo, della Banca d’Italia, dei telefonici, ecc. e degli altri enti privatizzati superiori ai 91 mila euro lordi l’anno, tagli (del 6% fino a 130 mila 359 euro, del 12% da 130 mila 360 euro a 195 mila 538 euro e del 18% oltre i 195 mila 538 euro) già in vigore dal 1° gennaio scorso (come il sostanziale blocco della perequazione per il 3° anno consecutivo, che ha ulteriormente penalizzato tutte le pensioni superiori a 39 mila 107 euro, cioé a 6 volte il minimo INPS, concedendo su dette pensioni solo un’”elemosina” di circa 10 euro netti al mese, che é ben al di sotto della normale perequazione annuale Istat) e destinati a confluire nelle competenti gestioni previdenziali obbligatorie, anche al fine di concorrere al finanziamento degli interventi per i lavoratori esodati (vedere comma 191 della stessa legge di stabilità), i vitalizi potrebbero anche non essere mai tagliati in primo luogo perché una decisione in merito spetterebbe in via esclusiva agli organi costituzionali (Camera, Senato, Consulta, ecc.).
In ogni caso, però, le somme ricavate da questi eventuali tagli non confluirebbero nell’istituendo Fondo presso l’INPS, ma nel bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48. E cosa dice questo comma 48? Semplicemente che i soldi finirebbero nel Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (compresi «Progetti di ricerca e innovazione») e nel Fondo di garanzia per la prima casa. Si tratta, cioé, di una destinazione di carattere tributario e quindi in palese violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione, come già espressamente sancito dall’Alta Corte con sentenza n. 116 del 5 giugno 2013.
In altri termini, i parlamentari si sono costruiti ad arte una sorta di salvacondotto ora per allora che li mette comunque in una botte di ferro e al riparo da qualsiasi futuro taglio perché ci penserebbe poi la Corte Costituzionale a restituire loro i soldi. E, allora, onorevole Meloni, “perché non mette mano anche a quest’altra “porcheria” legislativa, entrata in vigore poco più di un mese fa e che assomiglia molto al “gioco delle 3 carte”?
I commenti sono chiusi.