ROMA – Lo ha detto chiaro la Corte dei Conti: le pensioni dei giornalisti sono a rischio senza una svolta nell’Inpgi. Secondo la Corte dei Conti l’Inpgi rischia il fallimento e i giornalisti rischiano la pensione senza una svolta radicale della loro cassa previdenza. Tra scandali e conti in rosso è ora di rottamare il presidente Andrea Camporese che accusava di allarmismo chi evidenziava la fragilità dell’Inpgi che ha uno squilibrio di 102 milioni tra contributi e prestazioni..
Sull’urgenza di una riforma di Inpgi riporto un articolo del noto giornalista economico Ernesto Auci, già direttore del Sole 24 Ore, pubblicato su Firstonline, di cui è direttore.
Articolo di Ernesto Auci.
L’ultima relazione della Corte dei Conti sul bilancio dell’INPGI, l’ente che gestisce la previdenza e l’assistenza dei giornalisti, non lascia spazio a molti dubbi: l’Istituto ha perso lo scorso anno 81,6 milioni con un bel salto rispetto ai 51,6 dell’anno precedente ed all’attivo di 7,3 del 2012. Poiché la crisi dell’editoria non fa pensare ad una rapida inversione del trend, senza drastici interventi l’INPGI appare avviato al fallimento e le pensioni dei giornalisti sono a rischio.
Come si è giunti a questo punto? e di chi sono le responsabilità? Pur tenendo conto delle difficoltà congiunturali del settore editoriale, la prima responsabilità è senza dubbio del Consiglio di amministrazione ed in particolare del suo presidente Camporese che fino a 12 mesi fa negavano l’esistenza di qualsiasi problema per l’Istituto ed anzi accusavano di allarmismo coloro che, avendo letto i bilanci, temevano per le sorti dell’INPGI ed invocavano immediati interventi. Del resto presidente e consiglio sono un residuo del socialismo reale che ha caratterizzato per tanti anni il sindacato unico dei giornalisti. Infatti 12 consiglieri su 15 vengono eletti dalla Fsni, cioè dal sindacato, che ormai è poco più che una struttura corporativa autoreferenziale che rappresenta soprattutto i suoi dirigenti ed i suoi attivisti nel crescente generale disinteresse dei veri giornalisti attivi.
Si tratta di gruppi di persone che più che a fare il giornalista puntano alla carriera sindacale sempre utile sia per le posizioni all’interno delle redazioni, sia per la conquista di poltrone pubbliche o parapubbliche ben remunerate. Così ad esempio quella di presidente dell’INPGI che frutta ben 320 mila Euro all’anno, è certo una delle più appetite. Per lo più si tratta di gente che poco o nulla sanno di economia, di finanza, ed ancor meno di sistemi pensionistici che richiedono una approfondita conoscenza della matematica attuariale.
Al punto in cui è arrivata la situazione economica e finanziaria dell’ Istituto occorrono interventi drastici ed equi. E non sembra credibile che a gestire questa fase di sacrifici sia lo stesso Consiglio che ha portato al disastro o lo stesso presidente che finora non ha nemmeno sentito il dovere morale di autoridursi lo stipendio. Quindi occorrono le dimissioni di tutto il Consiglio e soprattutto una riforma della governance con la diminuzione del ruolo del sindacato e la possibilità di affidare la guida dell’ INPGI non a commissari governativi, ma a soggetti esterni professionalmente esperti del settore.
Si tratta di un passaggio indispensabile tanto più che il piano di risanamento elaborato da Camporese & Co comporta notevoli sacrifici sia per i pensionati attuali che per quelli futuri, oltre ovviamente che per gli editori in termini di aumento dei contributi. Per capire la gravità della situazione bastano pochi numeri: lo squilibrio tra prestazioni correnti e contributi correnti è stato lo scorso anno di 102 milioni. Le altre prestazioni obbligatorie presentano uno sbilancio di oltre 12 milioni. Il rendimento del patrimonio che ammonta ad oltre 1,8 miliardi di Euro è stato relativamente basso, mentre le spese di struttura sono salite a quasi 25 milioni. Al buco si è potuto far fronte sono con una plusvalenza fittizia realizzata con il passaggio di immobili di proprietà dell’INPGI ad un apposito fondo di gestione di cui l’Istituto detiene le quote.
Insomma una operazione di ingegneria finanziaria che solo sulla carta elimina il pauroso buco di bilancio. In ogni caso è consigliabile per tutti, anche per i non esperti della materia, leggere la chiara relazione che la Corte dei Conti ha depositato in Parlamento. Di fronte al pericolo della imminente crisi finanziaria il Consiglio ha elaborato un piano di drastici tagli alle prestazioni che se da un lato è inevitabile dall’altro appare lacunoso su certe scelte e demagogico su altre. In primo luogo Camporese vuole imporre un contributo di solidarietà ai pensionati in essere. Si tratta di un provvedimento ingiustamente punitivo per chi ha usufruito delle regole allora in vigore e non ha colpe per l’attuale crisi del sistema. Per di più la Corte Costituzionale ha già dichiarato più volte non ammissibile un simile prelievo. Per di più si tratta di un risparmio stimato di 3 milioni all’anno cioè 30 milioni per dieci anni, sui 900 milioni che il piano prevede di dover recuperare nell’arco del decennio.
Inoltre si tolgono i mutui ai giornalisti che, a guardare il bilancio, danno un rendimento interessante, ed in ogni caso superiore a quello di altri impieghi. Per contro poco o nulla si fa per la riduzione delle spese di gestione che , come detto, sfiorano i 25 milioni ed appaiono veramente fuori linea come sottolinea la stessa Corte dei Conti. L’INPGI si trova in gravissima difficoltà. Il tentativo di metterci una toppa senza rivedere preventivamente l’assetto dell’Istituto ed i suoi legami con questo finto sindacato unico dei giornalisti, deve essere respinto proprio perché non si può avere più fiducia in chi ha portato la situazione a questo punto, senza avere il coraggio di intervenire, ed anzi tentando dubbie speculazioni finanziarie sul patrimonio dell’ Ente che invece è ancora un bene prezioso su cui si può contare per una vera rinascita.
L’ultima relazione della Corte dei Conti sul bilancio dell’INPGI, l’ente che gestisce la previdenza e l’assistenza dei giornalisti, non lascia spazio a molti dubbi: l’Istituto ha perso lo scorso anno 81,6 milioni con un bel salto rispetto ai 51,6 dell’anno precedente ed all’attivo di 7,3 del 2012. Poiché la crisi dell’editoria non fa pensare ad una rapida inversione del trend, senza drastici interventi l’INPGI appare avviato al fallimento e le pensioni dei giornalisti sono a rischio. Come si è giunti a questo punto? e di chi sono le responsabilità?
Pur tenendo conto delle difficoltà congiunturali del settore editoriale, la prima responsabilità è senza dubbio del Consiglio di amministrazione ed in particolare del suo presidente Andrea Camporese che fino a 12 mesi fa negavano l’esistenza di qualsiasi problema per l’Istituto ed anzi accusavano di allarmismo coloro che, avendo letto i bilanci, temevano per le sorti dell’INPGI ed invocavano immediati interventi. Del resto presidente e consiglio sono un residuo del socialismo reale che ha caratterizzato per tanti anni il sindacato unico dei giornalisti. Infatti 12 consiglieri su 15 vengono eletti dalla Fsni, cioè dal sindacato, che ormai è poco più che una struttura corporativa autoreferenziale che rappresenta soprattutto i suoi dirigenti ed i suoi attivisti nel crescente generale disinteresse dei veri giornalisti attivi.
Si tratta di gruppi di persone che più che a fare il giornalista puntano alla carriera sindacale sempre utile sia per le posizioni all’interno delle redazioni, sia per la conquista di poltrone pubbliche o parapubbliche ben remunerate. Così ad esempio quella di presidente dell’INPGI che frutta ben 320 mila Euro all’anno, è certo una delle più appetite. Per lo più si tratta di gente che poco o nulla sanno di economia, di finanza, ed ancor meno di sistemi pensionistici che richiedono una approfondita conoscenza della matematica attuariale. Al punto in cui è arrivata la situazione economica e finanziaria dell’ Istituto occorrono interventi drastici ed equi. E non sembra credibile che a gestire questa fase di sacrifici sia lo stesso Consiglio che ha portato al disastro o lo stesso presidente che finora non ha nemmeno sentito il dovere morale di autoridursi lo stipendio.
Quindi occorrono le dimissioni di tutto il Consiglio e soprattutto una riforma della governance con la diminuzione del ruolo del sindacato e la possibilità di affidare la guida dell’ INPGI non a commissari governativi, ma a soggetti esterni professionalmente esperti del settore. Si tratta di un passaggio indispensabile tanto più che il piano di risanamento elaborato da Camporese & Co comporta notevoli sacrifici sia per i pensionati attuali che per quelli futuri, oltre ovviamente che per gli editori in termini di aumento dei contributi.
Per capire la gravità della situazione bastano pochi numeri: lo squilibrio tra prestazioni correnti e contributi correnti è stato lo scorso anno di 102 milioni. Le altre prestazioni obbligatorie presentano uno sbilancio di oltre 12 milioni. Il rendimento del patrimonio che ammonta ad oltre 1,8 miliardi di Euro è stato relativamente basso, mentre le spese di struttura sono salite a quasi 25 milioni. Al buco si è potuto far fronte sono con una plusvalenza fittizia realizzata con il passaggio di immobili di proprietà dell’INPGI ad un apposito fondo di gestione di cui l’Istituto detiene le quote. Insomma una operazione di ingegneria finanziaria che solo sulla carta elimina il pauroso buco di bilancio. In ogni caso è consigliabile per tutti, anche per i non esperti della materia, leggere la chiara relazione che la Corte dei Conti ha depositato in Parlamento. Di fronte al pericolo della imminente crisi finanziaria il Consiglio ha elaborato un piano di drastici tagli alle prestazioni che se da un lato è inevitabile dall’altro appare lacunoso su certe scelte e demagogico su altre.
In primo luogo Camporese vuole imporre un contributo di solidarietà ai pensionati in essere. Si tratta di un provvedimento ingiustamente punitivo per chi ha usufruito delle regole allora in vigore e non ha colpe per l’attuale crisi del sistema. Per di più la Corte Costituzionale ha già dichiarato più volte non ammissibile un simile prelievo. Per di più si tratta di un risparmio stimato di 3 milioni all’anno cioè 30 milioni per dieci anni, sui 900 milioni che il piano prevede di dover recuperare nell’arco del decennio. Inoltre si tolgono i mutui ai giornalisti che, a guardare il bilancio, danno un rendimento interessante, ed in ogni caso superiore a quello di altri impieghi. Per contro poco o nulla si fa per la riduzione delle spese di gestione che , come detto, sfiorano i 25 milioni ed appaiono veramente fuori linea come sottolinea la stessa Corte dei Conti. L’INPGI si trova in gravissima difficoltà. Il tentativo di metterci una toppa senza rivedere preventivamente l’assetto dell’Istituto ed i suoi legami con questo finto sindacato unico dei giornalisti, deve essere respinto proprio perché non si può avere più fiducia in chi ha portato la situazione a questo punto, senza avere il coraggio di intervenire, ed anzi tentando dubbie speculazioni finanziarie sul patrimonio dell’ Ente che invece è ancora un bene prezioso su cui si può contare per una vera rinascita.