Pensioni, incostituzionali molti dei temi nella legge di Stabilità

Pensioni, incostituzionali molti dei temi nella legge di StabilitàROMA – Pierluigi Franz, Presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati, ha scritto questa nota sul sito di Franco Abruzzo:

La legge di stabilità 2014, definitivamente approvata dal Senato il 23 dicembre scorso, contiene importanti novità pensionistiche, alcune delle quali, però, appaiono a molti giuristi palesemente incostituzionali.

Perché, allora, il Governo Letta-Alfano non provvede a correggerle in corsa nel cosiddetto “decreto milleproroghe”, che sarà varato venerdi mattina a palazzo Chigi, accontentando così il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che appena dieci giorni fa aveva suggerito importanti modifiche in linea con la Costituzione?

Ecco le discutibili novità pensionistiche.

Innanzitutto per il 3° anno consecutivo dopo il 2012 e 2013 resta anche per il 2014 il blocco totale della perequazione su tutte le pensioni superiori ai 38.646 euro lordi l’anno. Tuttavia il congelamento della rivalutazione ISTAT imposto dal comma 483 lettera e) non rispetta affatto l’ultimatum che la Corte Costituzionale, dopo aver salvato per il rotto della cuffia il blocco della perequazione per il 2008, lanciò al Parlamento con la sentenza n. 316 del 2010, affermando che: “la sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo, ovvero la frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità, perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta”. A questo cortese quanto fermo invito Camera e Senato hanno, di fatto, risposto con un blocco per 3 anni dal 2012 al 2014 su tutte le pensioni superiori ai 38.646 euro lordi l’anno che subiscono così un danno irreparabile e con effetti permanenti. Non appare, forse, come un’aperta sfida ai giudici della Consulta che dovranno comunque pronunciarsi sulla legittimità del taglio per il biennio 2012-2013 a seguito della recente ed argomentata richiesta del tribunale di Palermo? E quante cause inizieranno ora nei tribunali per riavere almeno in parte i soldi “congelati” dal 2012?

Vengono poi di nuovo tagliate migliaia di pensioni impropriamente definite “d’oro”(poco più di mille sono i giornalisti) e addirittura in misura maggiore rispetto a quella stabilita a partire dall’agosto 2011 e fino al 5 giugno 2013 quando arrivò la bocciatura da parte della Corte Costituzionale con la sentenza n. 116. Queste sono le misure a scaglioni dei nuovi pesanti tagli:

– 6% oltre i 90 mila 168 euro lordi l’anno (cioé oltre 14 volte il trattamento minimo INPS) e fino a 128 mila 812 euro lordi l’anno (cioé fino a 20 volte il trattamento minimo INPS);

– 12% oltre i 128 mila 812 euro lordi l’anno (cioé oltre 20 volte il trattamento minimo INPS) e fino a 193 mila 218 euro lordi l’anno (cioé fino a 30 volte il trattamento minimo INPS);

– 18% oltre i 193 mila 218 euro lordi (cioé oltre 30 volte il trattamento minimo INPS).

Il precedente taglio dichiarato incostituzionale con sentenza della Consulta n. 116 del 2013 era, invece:

– del 5% oltre dopo i 90 mila euro lordi l’anno fino a 150 mila euro lordi l’anno;

– del 10% dai 150 mila euro lordi l’anno fino ai 200 mila euro lordi l’anno;

– del 15% oltre i 200 mila euro lordi l’anno.

Infine, il comma 590 prevede che oltre i 300mila euro lordi l’anno non é più dovuto da tutti i pensionati il contributo di solidarietà del 3%.

I nuovi pesanti tagli introdotti dal comma 486 colpiranno in particolare tutti i pensionati titolari di vitalizi compresi nella fascia tra i 128 mila 812 euro lordi l’anno (cioé oltre 20 volte il trattamento minimo INPS) e fino a 150 mila euro lordi l’anno che saranno assoggettati ad un taglio del 12% contro il precedente 5% e quindi penalizzati con una trattenuta su questa differenza superiore addirittura del 7% rispetto alla normativa anteriore alla decisione dell’Alta Corte del 5 giugno scorso.

A parziale compensazione i pensionati titolari di vitalizi superiori ai 90 mila euro lordi l’anno che avevano subito il taglio a decorrere dall’agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2012 dovranno, però, riavere gli importi trattenuti per 17 mesi oltre alla 13^ e 14^. La restituzione sarà effettuata per 1/4 nel 2014 e per 3/4 nel 2015. Il costo del rimborso é stato stimato dall’Erario in 80 milioni di euro: 20 milioni nel 2014 e 60 milioni nel 2015.

Altra novità è la destinazione del ricavato della somma corrispondente al taglio della pensione che non finirà più nel bilancio dello Stato, ma – almeno in prevalenza – nelle casse dei vari enti previdenziali di categoria. La legge di stabilità 2014, tuttavia, non specifica con precisione come la somma ricavata dai tagli dovrà essere utilizzata. Con ogni probabilità dovrebbe essere destinata ad aiutare i titolari di pensioni più basse, ma non si può escludere che possa servire anche per fronteggiare i disavanzi della disoccupazione e della cassa integrazione INPS che sono per lo più alimentati dallo Stato. Una parte del ricavato potrà comunque essere utilizzata per il cosiddetto Fondo INPS per gli esodati che é stato appositamente incrementato dal comma 191.

Anche il comma 486 é in odore di incostituzionalità sotto vari profili. Innanzitutto perché per il 3° anno consecutivo vengono disposti tagli su pensioni “congelate” per effetto del blocco della perequazione. Appare in sostanza illegittimo che per 1000 giorni queste pensioni non solo non aumentino di 1 solo euro, ma addirittura vengano abbassate, cioé vadano indietro come i gamberi.

Un altro motivo di incostituzionalità é l’utilizzo dei 50 milioni di euro (a tanto ammonta il gettito annuo di questo nuovo taglio) per fini sostanzialmente o anche indirettamente tributari, ma abilmente mascherati da finalità previdenziali – anche se normalmente di competenza dello Stato. Sarebbe stata così aggirata in maniera subdola la sentenza n. 116 del 2013 (poi in parte confermata dalla successiva sentenza n. 304) che aveva chiaramente sancito l’illegittimità di tagli introdotti dai governi Berlusconi e Monti che, a parità di reddito, colpivano una sola categoria di contribuenti, cioé i pensionati, anziché la generalità di contribuenti italiani a parità di reddito IRPEF denunciato al fisco.

Il principio giuridico fissato dall’Alta Corte appare di assoluto buon senso e in perfetta linea con l’articolo 53 della Costituzione fin quando tale norma non dovesse essere cambiata. La risposta del Parlamento con la legge di stabilità per il 2014 appare, invece, come un goffo tentativo, ispirato prevalentemente dall’odio sociale e non dal diritto, di riaprire un discorso che si riteneva già chiuso 7 mesi fa.

Per rendere più digeribile il comma 486 il Parlamento ha parallelamente introdotto con il successivo comma 487 la possibilità di tagliare anche i vitalizi dei parlamentari di importo superiore ai 90 mila 168 euro lordi l’anno. Questa notizia enfatizzata da molti giornali avrebbe dovuto placare le ire dei cittadini e degli altri pensionati titolari di vitalizi, impropriamente definiti “d’oro” anche se conseguenti a cospicui versamenti contributivi previdenziali per oltre 30/35/40 e persino 50 anni. Ma leggendo bene tra le righe questa norma ci si accorge che sotto sotto c’é un bel trucco, come nel “gioco delle 3 carte”.

Innanzitutto questo taglio dei vitalizi dei parlamentari di importo superiore ai 90 mila 168 euro lordi l’anno non é assolutamente certo, ma del tutto ipotetico. Quello che é più grave, però, è che questa disposizione di legge sembra assolutamente incostituzionale perché il ricavato del taglio non é destinato come il comma 486, ma finirebbe in 3 distinti Fondi previsti dal comma 48, cioè: 1) nel Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese; 2) nella Sezione speciale di garanzia «Progetti di ricerca e innovazione», istituita nell’ambito del precedente Fondo di garanzia di cui al punto 1; 3) nel Fondo di garanzia per la prima casa.

Si tratta in sostanza di Fondi dello Stato che conferiscono chiaramente al taglio la natura tributaria, e quindi incostituzionale. Da ciò – a fortiori – emerge anche un’ulteriore disparità di trattamento tra i parlamentari titolari di pensioni superiori ai 90 mila 168 euro lordi l’anno e tutti gli altri pensionati italiani titolari di vitalizi superiori allo stesso importo. I primi infatti – a differenza dei secondi – otterrebbero facilmente il rimborso dell’eventuale taglio del vitalizio per la macroscopica violazione della sentenza n. 116 del 2013, apparendo scontatissimo il via libera della Consulta alla restituzione di quanto indebitamente fosse trattenuto. Insomma, i parlamentari si sono creati ad hoc un bel salvacondotto. Ma hanno fatto i conti senza l’oste.

Infatti, di fronte ad una simile congerie di palesi ingiustizie c’é solo una strada da percorrere ed é quella tracciata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 116 permeata di equità, equilibrio e buon senso e che lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con altrettanta lungimiranza e saggezza avrebbe vanamente prospettato ai deputati il 17 dicembre scorso. La notizia é riportata dal quotidiano “Libero” in un articolo di Franco Bechis, come al solito ben documentato e mai smentito dal Quirinale.

La via maestra resta quella di garantire ugualmente l’introito per l’Erario di 50 milioni di euro l’anno previsto dal comma 486 senza, però, colpire in via esclusiva i cosiddetti “pensionati d’oro”, compresi i vitalizi dei parlamentari, ma elevando dal 3% al 4% il contributo di solidarietà dovuto da tutti i contribuenti italiani titolari di redditi dichiarati al fisco superiori ai 300 mila euro lordi l’anno, compresi ovviamente i pensionati.

E’ questo l’unico modo per assicurare la stessa entrata nelle casse dello Stato, rispettando in pieno la sentenza n. 116 della Corte Costituzionale ed evitando anche migliaia di lunghe e costose vertenze legali in tutta Italia.

Tecnicamente tutto é ancora possibile, se lo si vuole davvero, perché materialmente l’INPS e gli altri enti previdenziali non potrebbero operare il taglio delle pensioni prima del 1° febbraio 2014 anche se con effetto retroattivo dal 1° gennaio 2014.

Basterebbe quindi aggiungere un’apposita disposizione nel “decreto milleproroghe” che sarà varato domattina a palazzo Chigi dal governo Letta-Alfano come previsto, ad esempio, dopo vivaci polemiche, per neutralizzare finalmente “gli affitti d’oro”, consentendo la disdetta quasi immediata e senza più un ampio preavviso dei contratti di locazione a Roma dei palazzi della politica già di proprietà dello Stato, che furono svenduti all’asta pochi anni fa e – guarda caso – riaffittati dagli acquirenti sempre all’Erario a cifre da capogiro per riutilizzarli come in precedenza.

Per risolvere il nodo del taglio delle pensioni sarebbe, appunto, sufficiente sopprimere del tutto i commi 486 e 487 e parzialmente il comma 590, sostituendoli con un nuovo testo del comma 590 che elevi dal 3% al 4% il contributo di solidarietà dovuto da tutti i contribuenti italiani titolari di redditi e/o di pensioni superiori ai 300 mila euro lordi l’anno.

Ci si augura quindi che il Capo dello Stato, che già pochi giorni or sono ha clamorosamente bocciato il decreto “Salva Roma”, diventato “Salva-tutti”, voglia rilanciare la Sua semplice, ma efficace, risolutiva e saggia proposta e che il Parlamento possa tramutarla presto in realtà nel pieno rispetto della Costituzione. In pratica, la legge di stabilità 2014 entrerebbe tranquillamente in vigore il 1° gennaio 2014, ma contestualmente sarebbero di fatto sostituite in corsa le sole norme che appaiono, come spiegato sopra, inique ed illegittime.

 

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