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Pensioni. Napolitano ha firmato legge incostituzionale, ricorsi dei magistrati

di Marco Benedetto |6 Novembre 2020 20:26

Giorgio Napolitano ha firmato una legge incostituzionale

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato la legge (n. 147/2013) di stabilità del governo Letta-Alfano. Per il terzo anno consecutivo, anche nel 2014 resterà così il blocco della perequazione per i titolari di pensioni superiori ai 38.646 euro lordi l’anno che subiranno un ulteriore notevole danno irreparabile e con effetti permanenti.

Sono anche operativi i nuovi pesanti tagli sulle pensioni oltre 90 mila 168 euro lordi l’anno a scaglioni del 6% (fino a 128 mila 812 euro, 12% da a 128 mila 813 euro a 193 mila 218 euro lordi l’anno e 18% oltre quest’ultimo limite).

I più colpiti sono i titolari di vitalizi compresi nella fascia tra i 128 mila 812 euro lordi l’anno e i 150 mila euro lordi l’anno, i quali pagheranno il 12% con un aumento addirittura del 7% rispetto a quello del 5% già in vigore dei governi Berlusconi e Monti, bocciato a giugno dalla Corte Costituzionale.

Per far annullare entrambi i commi 483 lettera e) e 486 della legge n. 147 del 27 dicembre 2013 (pubblicata nel Supplemento ordinario n. 87 alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre) restano ora solo 2 strade:

1) un eventuale dietro-front del Governo e del Parlamento che annulli le 2 modifiche con un apposito emendamento ad un decreto legge in corso di conversione (ipotesi, però, piuttosto improbabile, visto che l’8 gennaio saranno discusse 7 mozioni di 121 deputati di tutti i partiti, tranne Forza Italia, che ipotizzano nuove pesanti restrizioni per tutti i pensionati attuali e futuri);

2) un nuovo ricorso dei pensionati alla magistratura (tribunali del lavoro per gli ex lavoratori privati o Corte dei Conti regionali per gli ex dipendenti statali) con l’assistenza di un legale. È quest’ultima l’ipotesi più concreta anche perché i magistrati in pensione ordinari (cioè di tribunali, corti d’appello e Cassazione), amministrativi (Tar e Consiglio di Stato), contabili (Corte dei Conti) e dei tribunali militari, nonché ex avvocati generali dello Stato, ex ambasciatori, ex generali ed ammiragli, titolari di pensioni superiori ai 90 mila 168 euro lordi l’anno stanno già predisponendo gli atti per presentare nuovi ricorsi sostenendo l’incostituzionalità dei commi 483 e 486 perché non rispettano affatto i principi fissati dalla Consulta nelle sentenze n. 316 del 2010, 116 e 304 del 2013.

Motivo: le loro pensioni restano ingiustamente “congelate” dal 2012 e non possono essere considerate “d’oro” perché nella maggior parte dei casi sono state maturate con oltre 45 anni di versamenti contributivi e incassate solo a 75 anni di età. Ed è palese la disparità di trattamento non solo rispetto a tutti gli altri contribuenti italiani non pensionati a parità di reddito, come i lavoratori dipendenti i quali non subiscono né il blocco della rivalutazione Istat sui loro stipendi, né il taglio degli stessi se superiori ai 90 mila 168 euro lordi l’anno, ma anche nei confronti dei vitalizi degli stessi parlamentari il cui taglio, pur indicato sulla carta dal comma 487 resta tutto da verificare in concreto, ma è comunque palesemente incostituzionale perché avente natura tributaria essendo destinato per legge, nientemeno, che ad alimentare il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e per la prima casa, anziché il Fondo INPS per gli esodati.

Con ogni probabilità sarà quindi ancora una volta la Corte Costituzionale a doversi pronunciare sulla complessa e delicata materia (si ricorda che per quanto riguarda il precedente blocco della perequazione per il 2012-2013 il tribunale di Palermo si è già rivolto due mesi fa alla Corte Costituzionale).

In caso di annullamento dei 2 contestati commi della legge n. 147 di stabilità potranno beneficiarne tutti i pensionati anche non ricorrenti perché le sentenze della Corte Costituzionale hanno valore di legge, come già avvenuto 7 mesi fa.

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