Portogallo, la buona politica dei socialisti di casa: una lezione ai sovranisti d’Europa

Portogallo, la buona politica dei socialisti di casa: una lezione ai sovranisti d’Europa. Nella foto Ansa il premier Antonio Costa

ROMA – Nell’Europa attraversata dal vento impetuoso del sovranismo, tocca ai socialisti portoghesi il compito di denunciare il “virus del protezionismo e del nazionalismo emergente”. È stato il premier António Costa a definirlo così, aprendo la pre-campagna elettorale per il voto di maggio, nella Convenzione del Ps che s’è tenuta nei giorni scorsi a Tavira, in Algarve.

Secondo il capo del governo di Lisbona, e segretario generale del partito che quarant’anni fa fu protagonista della storica “Rivoluzione dei garofani” contro il regime salazarista, questo “virus” sta minando le fondamenta della solidarietà fra i nostri popoli. E perciò il Partito socialista portoghese ha organizzato una serie di assemblee in tutto il Paese che culmineranno il 6 febbraio a Gaia, la seconda città più popolosa del Portogallo dopo la Capitale, per impugnare la bandiera della mobilitazione popolare.

“A Europa está em todo o sítio”, l’Europa è dovunque, ha proclamato il premier Costa. E ha aggiunto: “Immaginiamo che cosa sarebbe il Portogallo fuori dello spazio di libera circolazione europeo”. Un ammonimento che può valere per tutti i Paesi dell’Unione e in particolare per l’Italia giallo-verde, insidiata dall’euroscetticismo di marca leghista. Neppure il capo del governo portoghese si nasconde i rischi e le incognite di un processo di unificazione ancora incompleto. Ma “le sfide della globalizzazione – avverte – non potranno avere successo se non saranno incarnate da una forma solidaristica: ciascun Paese, isolatamente, ha poche possibilità di negoziare con nazioni come gli Stati Uniti e la Cina”.

A suo giudizio, lo “sviluppo sostenibile” passa attraverso la realizzazione delle politiche ambientali per la riduzione del carbonio, ma anche attraverso la soluzione della questione immigrazione, “assegurando a dignidade da vida humana”. Su entrambi questi fronti, il Portogallo vanta legittimamente un impegno che può rappresentare un esempio per tutti. Da una parte, infatti, è il Paese europeo che produce più energie rinnovabili dal sole e dal vento in rapporto alla sua popolazione. E dall’altra, ha un’antica tradizione di integrazione multietnica e multiculturale, essendo stato nella sua storia per seicento anni un grande impero d’oltremare che ha imposto il colonialismo in diversi Paesi africani (Guinea-Bissau, Angola, Mozambico, Capo Verde, São Tomè) e poi per primo ha abolito lo schiavismo.

Nelle strade della Capitale, popolate di gente di tutte le razze, si possono vedere cartelloni della Camera Municipal che raffigurano una donna araba con il velo in testa e accanto la scritta: “Sou muçulmana, fui forçada a sair do meu pais, Lisboa acolheu-me, tenho novamente esperança, agradeço-vos shukran!”, in segno di ringraziamento per l’accoglienza della popolazione locale.

E negli stadi di calcio, dove i tifosi vanno a vedere le imprese agonistiche di squadre titolate come il Benfica, lo Sporting e il Porto, non si trovano abitualmente ultrà che intonano cori razzisti. Per bocca del leader António Costa, il Partito socialista europeo rivolge il proprio appello anche ai partiti schierati alla sua sinistra, convinti che “fuori dall’euro staremmo meglio”, ricordando i costi economici che il Regno Unito deve sostenere per l’uscita dall’Ue.

Tanto che il ministro degli Esteri, Augusto Santos Silva, è stato incaricato di andare a Loulè per spiegare il programma della Brexit alla comunità britannica residente nella regione dell’Algarve. “Abbiamo il piacere di assicurare a tutti – ha annunciato il premier Costa – che, anche in caso di fallimento dell’accordo fra Londra e Bruxelles, potranno continuare a risiedere qui, tranquillamente e serenamente”.

Nelle prossime elezioni europee, ha ricordato infine il capo del governo portoghese rivolgendosi in particolare ai più giovani, andranno a votare per la prima volta i cittadini che sono nati nel XXI secolo: “Questa generazione dovrà trovare, qui in Portogallo, tutte le opportunità per una piena realizzazione personale, professionale e familiare, come se fosse nata in Germania, in Svezia o in qualsiasi altro Paese”.

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