Protesta giustificata degli agricoltori europei, tre punti chiave: sussidi, carburante e green deal.
Due o tre cose bisogna pur dirle sulla rivolta degli agricoltori che hanno portato in settimana la loro protesta in mezza Europa, assediando con i loro trattori Parigi e Bruxelles, bloccando autostrade (anche in Italia), facendo blitz nei mercati francesi, distribuendo caos ovunque.
Tensione e uova contro l’Europarlamento (giovedi 1 febbraio). Blocchi e roghi. Scultura storica del 1872 abbattuta a Bruxelles. Polizia in tenuta antisommossa. Città ricoperte di cartelli (“Basta terreni incolti”, “Stop import sleale”, “No farmers, no food”, “Mungiamo le mucche, non gli allevatori “). Ma detto questo vanno aggiunte alcune riflessioni.
1. LA RABBIA DEGLI AGRICOLTORI È GIUSTIFICATA
È un bene che le proteste degli agricoltori stiano alzando il livello di attenzione in tutta Europa. Meritano ogni comprensione e quello che colpisce, come ha scritto Fabrizio Garbarino sul Manifesto è che “partecipando a una qualsiasi delle tante manifestazioni degli agricoltori di questi giorni, non è la dimensione dei trattori a colpire, ma l’assenza di qualunque bandiera delle tre organizzazioni professionali cosiddette maggiormente rappresentative. Cioè Coldiretti, Confagricoltura, Cia.
La rinuncia del mondo agricolo alla delega è il primo segnale visibile del malessere che si è andato accumulando nel corso degli anni e che di tanto in tanto esplode”.
Tre i punti chiave della mobilitazione: sussidi, carburante e il cosiddetto “green deal”, ovvero le iniziative strategiche sulla strada della transizione verde promosse dalla Commissione Europea e mal digerite.
2. FRONTE DIVISO AL SUO INTERNO
Si è visto alla fiera di Verona, mercoledì scorso, che il movimento al suo interno è diviso. Ci sono cioè diverse anime, come ha verificato lo stesso ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida incontrando i manifestanti.
Il ministro ha detto “che le battaglie che fa l’Italia in UE sono per voi”. Ma chi ha parlato con il ministro “non ci rappresenta”, come ha detto Danilo Calvani, ex leader dei forconi (movimento politico in auge nel 2013), oggi guida del “Comitato degli agricoltori Traditi”(cra); stessi toni e visioni.
Comunque spiragli confortanti se ne intravedono già. La UE ha teso la mano agli agricoltori arrivati a Bruxelles; la Commissione ha aperto sui limiti alle coltivazioni. Una deroga sugli obblighi.
Spunta anche l’ipotesi di nuovi sconti Irpef. Ursula Von der Leyen, nel tentativo di calmare le acque (e i fuochi), ha rassicurato:”Gli agricoltori sono la spina dorsale della sicurezza alimentare della UE e il cuore delle nostre zone rurali. La misura proposta offre ulteriore flessibilità agli agricoltori”. Belle parole ma occorrono fatti.
3. OGNI PAESE HA LE SUE RIVENDICAZIONI
Il rinnovo delle deroghe sullo stop nei campi non basta per spegnere la rivolta. E i burosauri di Bruxelles lo sanno. I sindacati europei e italiani (Copa e la potente Cogeca) non mollano. Lo devono ai 22 milioni di agricoltori che rappresentano. E ogni Paese ha le sue necessità. Ecccole.
FRANCIA – Soprattutto chiede sussidi per il gasolio.
BELGIO – No all’accordo sul taglio delle emissioni di azoto.
OLANDA – Più indennizzi per le 3.000 stalle a rischio chiusura.
GERMANIA – Più sovvenzioni e stop ai rincari fiscali.
SPAGNA – Gli standard ambientali sono da rivedere perché troppo rigidi.
ITALIA – No al rincaro dei prezzi e alle politiche UE.
POLONIA – Basta con gli aiuti all’Ucraina.
GRECIA – No alla crescita dei prezzi e sostegni governativi.