Pubblico o privato? Cambia solo chi paga il prezzo della corruzione

Si è messa in moto la fiera delle privatizzazioni, che in Italia essa pare essere legata a stretto filo con governi tecnici e della quale un primo segnale sembra essere la recente notizia su una possibilità concreta per Snam.

Non c’è da stupirsi, se pensiamo che una  clausola chiave (ancora sconosciuta) contenuta nel nuovo Trattato europeo (ancora sconosciuto) chiede la riduzione del debito-PIL ogni anno del 3% per 20 anni. Essa non potrà (nella sua pervicace assurdità) che essere raggiunta con l’aiuto di un progetto di dismissioni.

Quando facemmo le privatizzazioni negli anni 90 lo facemmo per motivi di apparente emergenza di riduzione del debito a fronte di chi chiedeva invece di avviare prima le liberalizzazioni e poi le privatizzazioni.

Tale scelta fu drammaticamente dannosa per l’avanzamento fattivo delle liberalizzazioni: immaginate quanto l’acquirente privato di aziende monopolistiche o oligopolistiche pubbliche fosse contento di immaginare il suo settore liberalizzato … e quanto si sia dovuto dare da fare per bloccare o ostacolare queste una volta fatta la privatizzazione e risultato lui il nuovo proprietario delle aziende dismesse dallo Stato.

Date queste premessesarebbe bene vigilare sulle argomentazioni addotte a favore della privatizzazione.

C’è chi sostiene che privatizzare abbia questo beneficio aggiuntivo di ridurre la corruzione. Specie nel settore bellico. Ora, conoscere la struttura proprietaria dell’industria della difesa in Europa è particolarmente complesso ma suona particolarmente difficile da digerire l’idea che privatizzando l’industria bellica essa possa “ripulirsi” dei suoi peccati.

La corruzione nel settore difesa è altissima, in tutto il mondo. E’ alta perché ci sono pochi compratori (di fatto i 180 Paesi o giù di lì) per di più dominati dalla politica e pochissimi venditori, con conoscenze sofisticate e capacità finanziarie gigantesche volte ad effettuare investimenti enormi, che fa sì che sia difficilissima l’entrata di nuovi fornitori.

Insomma, un gioco ripetuto nel tempo tra clienti e fornitori che si conoscono benissimo tra loro ed interessi in gioco enormi se si pensa che quando si vende un aeroplano non si vende solo quello ma il supporto logistico per i successivi … 50 anni. Vogliamo ora credere che se privatizziamo queste aziende otteniamo minore corruzione? Per favore…

Se è la minore corruzione nel settore difesa che vogliamo conseguire, ben altri sono gli strumenti a disposizione. Per esempio strumenti di governance interna per ridurre gli enormi problemi che, indipendentemente dalla natura privata o pubblica dell’organizzazione, si rendono necessari per mitigare la corruzione. Lo so, è poco rispetto alle enormi pressioni, ma meglio di niente.

Ma, più di tutto, sarebbe utile anche il pensare a “stornare” la corruzione dal compenso al politico di turno a beneficio della collettività che acquista il bene o servizio militare. Non è uno scherzo, è un metodo usato ampiamente in forma contrattualista. Si chiama “offset” e prevede che al Paese acquirente di tecnologia bellica l’azienda venditrice si obblighi a fornire una serie di servizi, anche al settore civile, in cambio. L’Italia è particolarmente carente in questo rispetto ad altri paesi, ma dovrebbe imparare a farsi … restaurare il suo patrimonio culturale con i fondi dei fornitori esteri di tecnologia militare.

Dà un po’ i brividi, lo capisco. Ma se questa tecnologia dobbiamo acquistare comunque per fini di difesa e di protezione della pace a livello mondiale, tanto vale che ne traiamo un beneficio anche noi come cittadini a livello nazionale.

Ma non c’è solo la difesa tra i settori in cui cattiva gestione e corruzione sono rampanti.Pensiamo ai servizi pubblici locali. C’è da scommettere che presto qualcuno ci spiegherà che privatizzandoli corruzione e malgoverno spariranno.

A frenare gli entusiasmi c’è un bel lavoro di Martimort e Straub , due economisti dell’Università di Toulouse, i quali dimostrano che le privatizzazioni cambiano solo il tipo di corruzione e l’identità dei gruppi da essa danneggiati, non la riducono.

I contribuenti sono coloro che soffrono della corruzione quando le imprese sono pubbliche, i consumatori dei servizi pubblici quando queste sono private.

Alla base c’è l’idea che i politici, comunque presenti anche dopo la privatizzazione, chiederanno compensi illegali anche alle aziende private che svolgono il servizio pubblico locale ed il costo delle inevitabili tangenti è incorporato nelle tariffe del servizio all’utente del servizio (privato).

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