Referendum, se vince il no, si metterà in moto una catena di conseguenze che Giuseppe Turani, in questo articolo pubblicato anche su Uomini & Business, sintetizza in una battuta: “Mi dia una birra, paga Dibba”. Dibba è Alessandro Di Battista, uno dei leader emergenti del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. La birra, anticipa Turani, sarà tanto cara da valere mezzo stipendio e solo Dibba, insediato al Governo, potrà pagarcela. Questo per effetto di una svalutazione della lira, cui Beppe Grillo ci avrà riportato, talmente forte da ricordare i tempi della Repubblica di Weimer. Andrete al bar, ordinerete una birra, vi diranno: le conviene pagare subito, nel tempo che l’avrà bevuta, il prezzo sarà ancora salito.
Ma sì, certo che anche se vince il no non succede niente. Saremo ancora tutti qui. A meno che nella confusione successiva (un po’ di trambusto, via, ci sarà), la destra grillina non trovi il modo di fare dei passi in avanti. E non salti fuori che l’armata del No in effetti è un’armata del no euro. Infatti tranne gli avanzi della sinistra dem (che su questo stanno zitti, per ora) tutti gli altri del prode esercito sono fieramente no euro. E anche sui sinistrati dem non farei gran conto: sono talmente confusi e inattendibili che potrebbero anche schierarsi per l’uscita dall’euro. O almeno per un euro 2, povero, per i paesi del sud Europa.
In questo corroborati da vari studiosi che, nulla avendo da dire, nessun Nobel da conquistare, nemmeno fra mille anni, cercano un po’ di pubblicità con questa fola dell’euro (fuori o 2).
E’ bene allora informarli subito che non si può. Sarebbe davvero come buttarsi giù dal ventesimo piano senza l’ombrello.
Come non si può? Il popolo è sovrano, perdio.
Ma certo. Nulla vieta che salga al potere una forza politica anti-euro e che proclami, dopo qualche giorno la decisione di uscire dalla moneta unica, inviando, ad esempio, Dibba a Bruxelles per trattare la questione, non in motorino, ma con regolare e lussuoso aereo di Stato.
Ma potrebbe anche farne a meno. A quel punto infatti non ci sarebbe più niente da cui uscire.
Nel senso che, nemmeno davanti alla vittoria elettorale di qualche anti-euro (poniamo i grillini), ma semplicemente davanti al primo sondaggio davvero positivo e credibile, ci sarebbe un festoso assalto a tutti i bancomat d’Italia. Mica siamo stupidi. Corriamo a ritirare euro buoni, pronti a scambiarli il mese successivo (a nostro vantaggio) con quello che ci sarà, ad esempio un euro 2 che varrà la metà del primo (quello di oggi, “tedesco”) o con una lira che varrà ancora meno.
La stessa cosa, ovviamente, ma molto più in grande, farebbero tutte le multinazionali operanti in Italia e anche le aziende italiane. Banche vuote in mezza giornata, e tutte in crack, naturalmente.
Lo spread, il famoso spread, già davanti al primo sondaggio credibile, volerebbe a quota 600.
A quel punto Dibba, invece di volare a Bruxelles a trattare l’uscita dall’euro, potrebbe benissimo rimanere a Roma e andare al Testaccio a farsi una buona pajata.
Prima di sera, la troika sarebbe insediata in una suite dell’hotel Excelsior in via Veneto, la Banca d’Italia (saggiamente) avrebbe già chiuso il mercato dei cambi e tutte le banche dalla sera prima (ormai senza soldi).
Un colpo di Stato ordito da Bruxelles e dall’infida signora Merkel? No.
La troika arriverebbe in seguito al disperato appello di sindacati, maestre, idraulici, pensionati, casalinghe di Voghera e di Tortona, associazioni benefiche varie, ferrovieri. E persino di un comitato di quelle teste dure della Val Brembana che da anni si ostinano a votare per la Lega. Tutti spaventatissimi all’idea che la ritrovata lira o l’euro 2 valgano così poco che una buona birra finisca per valere mezzo stipendio.
Insomma, repubblica di Weimar. “Signore, le conviene pagare la sua birra prima di berla. Dopo potrebbe anche essere già raddoppiata di prezzo”.
Non succederebbe niente, via. Solo quello che qui si è appena provato a raccontare.