Calcio Serie A. Dietro la Juventus, Lazio, Inter, Napoli, Roma in lotta

di Renzo Parodi
Pubblicato il 22 Dicembre 2012 - 23:37 OLTRE 6 MESI FA

Nel campionato di calcio di Serie A, l’ultima giornata dell’anno solare, la penultima del girone di andata, ridisegna la vetta della classifica alle spalle della Juventus fuggitiva (è a più otto sulla seconda, la Lazio), che trascorrerà un sereno Natale e un festoso Capodanno.

Sudata la vittoria (3-1) sul Cagliari, colta con un furibondo finale suggellato dai gol in rimonta di Vucinic e Matri (doppietta). La Lazio ritrova a Genova contro la Sampdoria del riverito ex Delio Rossi i tre punti in trasferta, dopo due mesi e mezzo (7 ottobre, 3-0 a Pescara) e scavalca la Inter al secondo posto. «Non siamo da scudetto», frena Vlado Petkovic.

E’ la verità, solo la Juventus può sgambettare la Juventus, ma il resto del gioco è aperto. I nerazzurri, agganciati alla terza piazza dalla sbarazzina Fiorentina di Montella (perentorio 3-0 a Palermo), scampano fortunosamente alla sconfitta contro il Genoa, riacchiappando il pareggio (vantaggio di Immobile) contro un Genoa gagliardo e saggiamente disposto da Delneri col 4-5-1.

Sulle macerie delle quattro battute d’arresto filate tra campionato e coppa Italia, rinviene il Napoli terremotato dalle vicende di una giustizia sportiva sempre più incomprensibile e tutt’altro che irreprensibile: si attendono ancora notizie sulla vicenda che coinvolge Mauri e la Lazio. Il 2-0 al Siena segnala che la squadra di Mazzarri serba capacità di reazione e orgoglio. Al resto dovrà provvedere De Laurentiis, intervenendo in sede di mercato invernale per tappare la falla difensiva aperta dalla squalifica di Cannavaro (Neto, del Siena è nel mirino) e magari regalando a Mazzarri il famoso vice Cavani: voci sul bomber Bobadilla, dello Young Boys, 4 gol alla Udinese in Europa League. In speranzosa attesa della cancellazione del -2 in sede di appello, il Napoli resta pienamente in corsa per l’obiettivo realistico, ossia la zona Champions.

La concorrenza è agguerrita, oltre a Lazio, Inter, Fiorentina e Napoli coltiva ambizioni la Roma, che ha domato senza sudare il Milan e consolida il sesto posto a 32 punti. Il calcio di Zeman è goduria allo stato puro per noi suiveurs innamorati del dio-palla. La difesa spericolatamente altissima di Zeman regala brividi di paura alla folla giallorossa ma ne vale la pena.

La cifra offensiva della squadra sfiora a tratti il sublime, Totti è il Toscanini di un orchestra che suona la Quinta di Beethoven, De Rossi è il suo primo violino. Zeman alla vigilia si era tolto un bel po’ di sassolini declamando un pesante attacco agli arbitri, eccessivamente sensibili – ecco la sua ardimentosa tesi – al peso politico della concorrenza. Come se la Roma (detenuta al 40% da Unicredit, squadra della Capitale) fosse un paria della serie A. Singolare lettura del boemo che era entrato in campagna elettorale, sentenziando che Berlusconi aveva fatto meglio come presidente del Milan che come presidente del consiglio. Opinione peraltro largamente condivisa nel Paese.

In trenta minuti, la sua Roma arrembante pareva aver archiviato la pratica Milan, infilando tre volte il povero Amelia, con Burdisso (che radiomercato dà in partenza a gennaio), Osvaldo e Lamela. Totti e De Rossi, ripescato come centrale basso davanti alla difesa (Zeman si è convertito?), hanno guidato il maramaldeggiante primo tempo romanista al quale il Milan ha opposto appena un’occasione-gol di El Shaarawy, neutralizzata alla grande da Giocoechea, ormai titolare consacrato a spese di Stekelenburg, così come Amelia sembra aver superato nelle gerarchie interne Abbiati.

Nella ripresa la furia podistica della Roma si è placata, non la geometrica potenza delle mitragliere giallorosse, il talentuoso baby Lamela ha arrotondato al quarto d’ora, il Milan aveva l’aria dell’agnello sacrificale ma si è riscattato con un virulento finale e ha dimezzato lo svantaggio: 4-2. Onore alla squadra di Allegri, non ha mollato neppure sullo 0-4, ha sfiorato il gol con Boateng e con l’ex Bojan. E infine segnato due volte a partita virtualmente conclusa, negli ultimi giri di cronometro. Su rigore da Pazzini, falciato in uscita da Goicoechea e con l’ex Bojan. La Roma ha concluso in dieci uomini, espulso Marquinos da Rocchi per fallo di mano da ultimo uomo su El Shaarawy. Opinabile. Il rocambolesco finale ha rovinato il gusto della vittoria a Zeman, che non tollera cali di applicazione dai suoi. Sarà un caso ma Totti non era più in campo, sostituto sul 4-0. Piatto ricco e speziato si annuncia, il giorno dell’Epifania, il vis a vis Napoli-Roma. Due idee del calcio a confronto.

Complessivamente, la superiorità tecnica romanista è stata a tratti abbacinante. Solo la Juve può vantare altrettanti squisiti interpeti del rito pagano della palla che rotola. Il calcio non sarà una scienza esatta, ma le assomiglia, in linea di logica pura. E l Roma rivaleggia con la Juve in fatto di talenti. “Il calcio è un gioco difficile perché si fa con i piedi”, sentenziava soave Fulvio Bernardini, il Profeta, un antico romano prestato ai contemporanei. Un signore delle panchine, in tutti i sensi. Da calciatore, Vittorio Pozzo, il ct della Nazionale degli anni Trenta, nel ruolo di centromediano metodista (allora cruciale) gli preferì il ruvido Ferraris IV. «Giocavo un calcio troppo raffinato per i suoi gusti», raccontò il Dottore, decenni dopo. Chiusa la parentesi.

Prima della quadruplice scoppola, Berlusconi aveva escluso l’arrivo di Balotelli (troppo caro) e ammesso che Drogba gli piace ma che non può permetterselo, pure l’ex Chelsea è un pezzo da collezione, la Juve ha un preaccordo con lui e nella corsa all’ivoriano parte avanti. Essendo il Cavaliere in campagna elettorale, vale la pena di credere alle sue affermazioni minimaliste. Se partissero Robinho e Pato (piacciono rispettivamente a Santos e Corinthians) arriverebbe una punta. Almeno una. A 15 punti dalla Juve, lo scudetto per il Milan è un miraggio e lo si sapeva. Ma anche per la zona Champions la risalita da meno otto si annuncia un sesto grado, una montagna buona per superscalatori alla Messner.

Del pessimo arbitraggio di Damato in Cagliari-Juventus possono lamentarsi entrambe le sqaudre. Giusto, a stretto termine di regolamento, ma severo il rigore accordato al Cagliari (calcione di Vidal su Sau), che ha spezzato l’equilibrio del risultato. Idem il penalty accordato a Giovinco (lieve trattenuta di Del Fabbro).

Imperdonabile sullo 0-1 non fischiarne un secondo pro Juventus (cintura di Astori su Quagliarella), l’azione era in campo assolutamente aperto e qualcuno (l’arbitro centrale, l’arbitro di porta, l’assistente) avrebbe dovuto rilevarlo. Era certamente da rigore lo spintone su Asamoah che stava ribadendo in rete il pallone, ma lo juventino era in posizione di fuorigioco e dunque l’errore è risultato ininfluente.

La svolta della partita è arrivata con l’espulsione di Astori, decretata per doppia ammonizione. Molto fiscale il secondo giallo. Il resto l’ha messo lo spirito che rugge dentro la squadra campione d’Italia, riattizzato dalla presenza in panchina di Antonio Conte. Un tostissimo Cagliari, dedito al pressing assiduo fino alla tre quarti campo, aveva peraltro complicato la vita alla Vecchia Signora per un’ora buona, segnalandone le difficoltà in sede di sviluppo del gioco.

Manca un pizzico di fantasia e imprevedibilità e le giocate sulle fasce, con Lichtsteiner, Asamoah e Vidal non più ispiratissimi, procede a strappi. In attacco Vucinic (subentrato in corso di gara) è imprescindibile, Conte lo vede in tandem con Giovinco, ma farà bene a non trascurare Matri, che ha senso del gol ed è tra i pochi ad entrare subito in partita. I due gol segnati al Cagliari non sono casuali. La pista Drogba sembra essersi raffreddata, l’infortunio lungo di Chiellini (due mesi al minimo) impone a Marotta di provvedere un rinforzo alla difesa. Piace Bocchetti, l’ex genoano ha il contratto col Rubin Kazan in scadenza a fine 2013, guadagna due milioni di euro netti a stagione e costa cinque milioni. Si può fare. Pista calda anche verso l’atalantino Peluso, esterno mancino di difesa.

La Lazio a Genova ha cancellato il digiuno in fatto di vittorie esterne che durava da due mesi e mezzo. Un tiro in porta, di Hernanes, le è bastato per piegare la Sampdoria che la brevissima cura cui l’ha sottoposta Delio Rossi non poteva, logicamente, rigenerare in soli cinque giorni di lavoro. L’osservazione non suoni come un rimprovero, le grandi squadre riescono appunto a lucrare il risultato producendo il minimo sforzo, attraverso l’assoluta padronanza del gioco.

Se ha graffiato poco, la squadra biancazzurra ha rischiato pochissimo. Possesso di palla, giro assiduo della medesima, le sono bastate per disporre di una Sampdoria generosa, ma confusa e velleitaria. Rossi l’ha disposta con un inedito rombo a centrocampo, rinunciando a Maresca, perno della squadra guidata da Ferrara. Davanti due punte (Edere Icardi, poi Pozzi), difesa a quattro.

Niente di rivoluzionario, semplicemente il tentativo, un po’ al buio, di ridisegnare una squadra slabbrata, cominciando a riportare i giocatori (Poli e Krsticic) nei ruoli naturali di interni. Esperimento riuscito a metà, la qualità tecnica della Sampdoria è modesta e si avverte la mancanza di esterni di centrocampo con i quali allargare la manovra e renderla più veloce e incisiva. Per giocare nell’imbuto servono piedi raffinati, specialità semisconosciuta tra gli ancora acerbi ragazzi blucerchiati della terra di mezzo: Soriano, Krsticic., Obiang, Poli. Per non parlare dei difensori, ruvidi come terzini d’antan.

In realtà l’organico di esterni ne annovera tre: i mancini Poulsen ed Estigarribia, nonché De Silvestri, destro naturale. Peccato che siano tutti e tre fuori forma, improponibili. Fastto sta che la Lazio ha “macinato” la Sampdoria sulle due fasce, con gli arrembaggi di Lulic,di Koko e di Mauri. Rossi farà bene a battezzare uno o due moduli di gioco (3-5-2 o 4-3-1-2), in attesa di ricorrere all’eventuale 4-4-2 del futuro, praticabile se la società ne asseconderà i desideri in sede di calciomercato.

Un dato fa riflettere. In sedici delle diciotto partite disputate la Sampdoria ha subìto gol. E’ dunque la difesa il reparto più bisognoso di puntelli. Altra realtà su cui riflettere. Nella squadra presentata in avvio da Delio Rossi non figurava neppure uno degli acquisti operati dall’ex ds Pasquale Sensibile. Era la Sampdoria dell’anno scorso, in serie B. Allarmante.

S’è rivisto Palombo, acclamato dalla folla blucerchiata. Ostracizzato dal duo Sensibile-Ferrara, l’ex capitano sta riguadagnandosi spazio e reputazione. Rossi ha chiarito di non avere preclusioni nei suoi confronti. Meglio così, la sua esperienza sarà preziosa nel kindergarten sampdoriano. Per buona misura la Sampdoria si ritrova a da gestire il caso Icardi, furente per non aver avuto l’ok della società alla partecipazione con l’Argentina al campionato mondiale under 20. Con Lopez fuori fino a fine gennaio, Pozzi ed Eder convalescenti, Rossi non aveva altra scelta.

L?Inter ha rischiato di perdere a San Siro contro un Genoa rivitalizzato da Delneri e apparentemente pure dalle liti intestine: Borriello punito e spedito a casa, alla vigilia, per un litigio con dg Foschi. Piano piano si comincia a vedere la mano dell’allenatore. Quando riavrà Jankovic (convalescente da pubalgia) il tecnico potrà varare in pieno il prediletto 4-4-2.A Milano si è adattato al 4-5-1, con Immobile unica punta, appoggiato da Bertolacci. Il Grifone ha costruito il pari (largo) sulla verve dell’attaccante napoletano, su un Kucka di lotta e di governo, sul portiere Frey (due parate da incorniciare) e sul vigorosissimo Granqvist, difensore centrale che piace in Russia E’ sul mercato, costa sette milioni di euro. Mistero fitto sulla rivoluzione preannunciata da Preziosi, che sarà comunque ad amplissimo raggio. A questo punto l’ipotesi di cedere Borriello diventa praticabile. A patto che arrivi una punta centrale (Floccari), da affiancare a Immobile e a Floro Flores. Già a Genova l’ex laziale Matuzalem e in arrivo il terzino Pisano, dal Palermo.

Stramaccioni in partenza ha osato una formazione sbilanciatissima, con Alvarez a supporto del tridente Cassano-.Milito-Palacio. Esperimento subito abortito, Alvarez ha dovuto uscire (guaio muscolare) ma i pochi minuti giocati non ha affatto convinto, ingabbiato in un bizzarro 4-2-4 che lasciava al Genoa sconfinate praterie per le sue ardimentose ripartenze. Strama ha corretto e ricorretto l’assetto tattico, passando al 4-3-3 nella ripresa, con l’inserimento di Chivu nel ruolo di regista centrale (fuori Juan Jesus) e nel finale con l’ingresso di Livaja.

Il giovinotto di belle speranze l’ha fatta grossa. Sull’1-1 segnato di testa da Cambiasso, si è letteralmente divorato il gol-vittoria, mandando a schiantarsi sul palo, da due metri!, il comodo pallone servitogli da Milito: l’unico acuto del Principe, affogato nella difesa rossoblù. Imperdonabile! Ma il Genoa non avrebbe meritato la beffa. L’assenza di Guarin ha pesato in modo decisivo. Il colombiano è l’unico centrocampista che sa spezzare il tran tran della manovra centrale, affidata a troppi mediani che masticano il pallone senza genio né cambio di passo.

E non si può chiedere a Cassano di alimentare da solo la manovra d’attacco, per di più Antonio ultimamente sembra un poco fanè. Fossimo Moratti, valuteremmo il sacrificio di Sneijder (l’olandese sembra rassegnato a fare le valigie) a patto di portare a Milano un regista vero. Uno alla Pirlo, per capirci. Paulinho è un ottimo centrocampista, ma non assomiglia a quello che il maestro Gioanbrerafucarlo battezzerebbe, alla francese, un meneur de joux, insomma un creatore di gioco. In assenza di un interno che lavori il pallone di fino, l’Inter resterà né carne e né pesce, prigioniera degli umori dei suoi isolati solisti d’attacco.

Sta benissimo la Fiorentina, ormai una realtà, non più una sorpresa. La vittoria di Palermo la consacra al terzo posto, parlare di cammino prodigioso non è una esagerazione. In estate la Fiorentina ha cambiato pelle, tredici i nuovi arrivi, e nuovo è l’allenatore. Eppure in pochissime settimane Montella ha assemblato una squadra convincente e convinta, che allieta il palato dei gourmands pallonari con un gioco fluido, divertente e assolutamente redditizio. Centrare la zona Champion equivarrebbe ad una impresa storica.

Nella zona bassa della classifica, pesano i tre punti raccolti da Pescara e Torino. Si lamenta con qualche ragione il Catania per il gol annullato a Marchese, un fuorigioco di Castro considerato erroneamente influente. Il Torino piega il Chievo (2-0), Ventura riesce a spremere il meglio da una squadra tecnicamente modesta ma molto compatta e tignosa da affrontare. Il Chievo veniva da tre vittorie filate, è abituato a lottare per salvarsi e non è un vantaggio da poco.

Il Bologna ha interrotto la rincorsa cadendo in casa contro un Parma sempre più convincente. Il Cagliari ha dissipato il bottino accumulato nelle prime uscite del duo Pulga-Lopez. Non lo aiuta l’obbligo di peregrinare per lo Stivale, colpa dello stadio domestico inagibile. Anziché azzuffarsi col mondo, il presidente Cellino dovrebbe lagnarsi con se stesso. Ha litigato col comune di Cagliari preferendo giocare a Quarto Sant’Elena, nonostante lo stadio fosse ancora in costruzione.

L’invito ai tifosi di riempirlo nel match con la Roma, nonostante l’ordinanza prefettizia di inagibilità, è roba da codice penale. E ora Cellino attacca la Juve perché si è rifiutata di giocare all’Is Arenas. Inaccettabile. Il problema se lo è creato lui, da dolo. Il Palermo annaspa, vit6tima di una congenita anemia da gol.

La squadra è male assortita e avrebbe bisogno di un restyling radicale ma è tutto da vedere se Zamparini vorrà mettere davvero mano al portafoglio. Disperata la situazione del Siena, ultimo a 11 punti, sebbene sul campo ne abbia raccolti 17. Il neoallenatore Iachini, che ha sostituito Cosmi, ha di fronte un’impresa al limite del impossibile.

Il Genoa dà qualche segnale di vita ma la classifica resta molto critica, il Grifone è sempre penultimo a 14 punti e si giocherà moltissimo il giorno dell’Epifania ospitando il Bologna, che sta quattro gradini più su. La Sampdoria (17 punti reali, 18 senza la penalizzazione) è alla terza sconfitta consecutiva e alla ripresa l’attendono la Juventus a Torino e il Milan a Marassi. La Superba ripiega mestamente le vele.