Napoli perde il treno di testa, Inter in crisi. Seedorf, buona la prima

Soccer: Serie A; Ac Milan-Hellas VeronaROMA –  Il treno di testa perde un vagone, si stacca il Napoli (scivolato a -12 dalla Capolista) fermato sul pari a Bologna. Juventus e Roma, battuti Sampdoria e Livorno, proseguono di conserva ma ben distanziate l’una dall’altra (8 punti) il duello privato per lo scudetto.

La Juventus non fa quasi più notizia. Dodicesima vittoria consecutiva (seppure tra qualche serio affanno, la Sampdoria di Mihajlovic ha venduto cara la pelle ed è stata pure sfigata, traversa di Gabbiadini per il 3-3). Eguagliato il record domestico del campionato 1928/29 (l’ultimo prima dell’istituzione del girone unico). Madama ha raccolto 55 punti su 60, 14 i gol subiti (solo la Roma con 10 ha fatto meglio) e non c’è verso che si distragga o si contempli allo specchio.

Se l’appetito vien mangiando la Magna Madama finirà alla lunga per sbranare anche la scintillante Roma, che pure regge la corsa dall’alto di una difesa superblindata e di un gioco estremamente collaudato (dopo pochi mesi! Garcia sei un drago!) e redditizio. I freschi arrivi di Nainggolan e Bastos (il brasiliano soffiato al Napoli grazie all’intervento di Garcia) mettono a disposizione del tecnico un organico più ampio e meglio assortito e non è detto che Walter Sabatini si fermi qui. La porta verso Sanabria resta aperta e Paredes andrà a farsi le ossa per sei mesi alla Sampdoria. Il progetto insomma prende corpo per davvero.

Il Napoli perde colpi e ha voglia Benitez a rimarcare che la squadra sta crescendo deve solo trovare i giusti equilibri. Ancora non si è visto all’opera il neoacquisto Jorginho prelevato dal Verona, ma i problemi restano tutti sul tappeto. La difesa prende troppi gol (22) il centrocampo procede a strappi e il peso maggiore dell’attacco ricade su Higuain (a Bologna a segno su rigore). Buon per Benitez che gli esterni, Maertens e Callejon (in rete pure lui), spesso suppliscano al digiuno delle punte. C’è poi il problema Hamsik, rientrato part time dopo un lungo infortunio. Lo slovacco dovrà trovare collocazione nel 4-2-3-1 di Benitez e non sarà semplice. Si sa che predilige agire da mezza punta, sebbene con Mazzarri giocasse spesso da centrocampista. Negli schemi dik Benitez la mezza punta classica (o rifinitore) non è contemplata e Benitez dovrà cavare fuori un coniglio dal clindro per far quadrare gli equilibri tattici del suo Napoli.

Che ora deve guardarsi dalla rincorsa della Fiorentina, che ha sbancato Catania, dove il ritorno di Maran si è risolto (per ora) in un fiasco. Doppietta del redivivo Matri, il giusto mix tra Pepito Rossi e Gomez lo ha definito quel volpone di Montella. Consolidato il quarto posto a (a tre lunghezze dal Napoli), la Viola torna a coltivare sogni di Champions. Il duello si annuncia a coltello, l’arrivo di Anderson dal Manchester United porta nuova linfa anche al centrocampo e la cifra di gioco della squadra, si sa, resta tra le migliori della serie A.

Il debutto di Clarence Seedorf sulla panchina del Milan,a San Siro, annunciato da prolungati squilli di trombe e rullare di tamburi è stato benedetto dalla vittoria sul coriaceo e svelto Verona, che conserva conserva il quinto posto a pari merito con l’Inter. Decisivo il calcio di rigore trasformato nel finale da Balotelli (fallo folle di Gonzales su Kaka). Il salmo d’esordio finisce in gloria, ma il Milan resta piccolo e incerto, con saltuati segnali di ripresa. Seedorf ha optato per il 4-2-3-1, che sta diventando di gran mnoda (lo adottato Sampdoria e Napoli). Non poteva fare di più in tre giorni, Clarence che da mercato non si attende rinforzi decisivi. Ma va bene così, per cominciare. La rincorsa alle prime resta alquanto problematica, perlomeno l’aria in casa Milan tornerà respirabile. A giugno si vedrà. Senza Toni, influenzato e Jorginho, ceduto al Napoli, il Verona ha dato battaglia a viso aperto. Non è casuale l’eccellente classifica, ora il problema è mantenere la posizione.

 L’Inter nell’acquitrino di Marassi raccoglie la terza sconfitta filata in trasferta. Non ha mai vinto nel 2014 e ha segnato appena due gol nelle ultime tre partite. La parola crisi è l’unica che rende bene l’idea della condizione, mentale e tecnica, della squadra. Mazzarri la assolve, fatto sta che l’Inter anziché migliorare nel tempo, come il buon vino, va scadendo alla maniera di un formaggio malamente impastato dal casaro. Mazzarri ha presentato la coppia ex genoana Palacio-Milito segnoc he l’obiettivo era – come non poteva che essere – la vittoria. La perdita precoce di Alvarez per infortunio, ha tolto una freccia appuntita all’arco nerazzurro e sgonfiato un avvio promettente, tre palle-gol per Palacio e Jonathan mandate ai pesci. Molti errori di mira di qua e di là, propiziati dal pessimo stato del terreno di gioco, allagato a chiazze, il pallone sempre pronto a schizzare via pattinando sulle pozzanghere o ad impantanarsi negli angoli fangosi. Un tempo non si sarebbe giocato, oggi la tv detta legge e quindi avanti i carri.

Facile dire che la precarietà della malandata pelouse genovese ha sfavorito la squadra più tecnica, ergo l’Inter. E’ possibile, ma se si sbagliano dei gol fatti (e mettiamoci pure l’abilità di Perin, un gatto magico) e si prende gol su calcio d’angolo con la difesa di belle statuine qualcosa davvero non funziona. La strada dell’Inter è ormai tracciata: a distanza siderale dalla Juve (23 punti), separata da un oceano anche da Roma (15) Napoli (11 punti) e Fiorentina 8), appaiata al Verona ……… è destinata ad un campionato grigio. Da comparsa o poco di più. Fa tremare i tifosi della Beneamata e inquieta il sonno di Mazzarri il progetto enunciato dal presidente Erik Thohir: prima si risanano i conti, poi si ricostruisce. Tradotto, a gennaio non si cambia quasi nulla in organico, a giugno si vedrà, a seconda di come andranno i conti del club. Mazzarri quindi dovrà far fuoco con la legna che ha in cascina, massimo traguardo raggiungibile la zona Europa League. Già meglio del deludente nono posto della passata stagione.

Torino, Parma e Genoa celebrano i successi sul Sassuolo, il Chievo e, appunto, l’Inter. Zitti zitti, Ventura e Donadoni, due tecnici che amano l’undestatement e detestano le smargiassate, hanno issato le rispettive squadre al settimo posto. Il Toro si gode Immobile e Cerci e rivede in loro, con un po’ di fantasia, le anime belle e nobili di Pulici e Graziani. Il Parma riconquista Cassano (gol e assist di tacco per il gol-vittoria), cosa che equivale ad una assicurazione sul futuro. Fantantonio ritrova il sorriso e la parola e giura che si dedicherà anima e corpo al Parma, la Sampdoria è stato soltanto un fantasma passeggero. Se manterrà in campo, chissà che anche Prandelli non gli conceda una chance.

Tre punti pesanti anche per il Genoa che Gasperini gusta con particolare piacere. Aver ricordato una verità storica – l’Inter ha vinto quando Moggiopoli ha cancellato la Juve – gli ha attirato gli strali nerazzurri. Il Gasp se n’è giustamente lagnato: “Non somo io ad aver offeso l’Inter, semmai il contrario”: Alludeva al linciaggio, mediatico ma non solo, al quale fu sottoposto durante e dopo la brevisisma, sfortunata parentesi alla guida dell’Inter. Chi la fa l’aspetti, adesso sono cavoli della Beneamata, il Genoa l’ha battuta dopo quasi vent’anni di astinenza e anche questa è una gioia preziosa.

Esulta anche l’Atalanta che in casa non fa quasi mai prigionieri.Ha battuto il Cagliari che ha colpito tre pali, dunque non è stato a guardare, grazie al gol di Bonaventura. Colantuono e i suoi hanno messo sette punti fra sé e le tre avversarie (Chievo, Bologna e Sassuolo) che annaspano a quota 17, sotto stanno soltanto Livorno e Catania, a 13 punti, sull’ultimo gradino che sprofonda all’inferno.

Sulle ceneri dell’Udinese – terza sconfitta consecutiva, Guidolin giura che la squadra è con lui eppure si sente in discussione – è risorta definitivamente la Lazio (imbattuta nella seconda era Reja), vittoriosa a Udine al termine di una partita rocambolesca, rimontata due volte e conclusa in inferiorità numerica col gol-vittoria, bellissimo, segnato da Hernanes. Inutile il ritorno al gol (su rigore) di Di Natale, l’ultima volta Totò aveva timbrato il 30 ottobre. Il brasiliano della Lazio sarà pure un tipo lunatico col quale non è facile entrare in sintonia (vero Petkovic?) ma si fa fatica a immaginarselo in panchina (a Udine è subentrato). Alla fin fine nel calcio ciò che conta è la qualità dei piedi. Apposta è un gioco difficile, salmodiava il grande Fulvio Bernardini. Perché si gioca con i piedi…

*** Postilla. Nell’autodafè contro la vigorosa Sampdoria sentiti allo Juventus Stadium cori razzisti contro Mihajlovic. Ll’epiteto era: “zingaro”!. Persino la civilissima (un tempo) Bologna prina  durante Bologna-Napoli si è sfogata con cori che invitavano i tifosi napoletani a lavarsi (scarsa fantasia, oltrettutto). Ballardini si è dissociato. Bravo, però non c’è proprio da scherzare. Il malcostume dilaga nelle curve e le sanzioni, opportunanente addolcite con la condizionale, evidentemente non fanno paura alla feccia che le infesta. Modesta proposta: perché non si comincia a togliere punti in classifica alle squadre delle tifoserie che si abbandonano al razzismo? In genere i cantori che insultano i neri, i diversi, i nemici territoriali della loro bandiera si proclamano tra i tifosi più fervidi e fedeli dei propri colori. Vuoi vedere che la minaccia di mutilarne la classifica della squadra del cuore li riconduce a più miti consigli? Provare per credere. Purtroppo il Sinedrio dei pavidi che governa il nostro calcio non avrà il coraggio di farlo. E dunque rassegnamoci alla vergogna e al bla bla bla inconsistente.

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