Serie A, il punto: Ventura santone, Mihajlovic delude

di Renzo Parodi
Pubblicato il 27 Aprile 2015 - 11:41 OLTRE 6 MESI FA
I tifosi del Torino (foto Lapresse)

I tifosi del Torino (foto Lapresse)

ROMA – Quando la finiremo di stupirci della violenza che travolge il nostro calcio? Raccogliamo quello che abbiamo seminato in lunghi anni di inerzia, complicità, silenzi interessati. Tavecchio, che sta in plancia da decenni, di fronte alla tentata strage dello stadio di Torino (una bomba-carta scagliata dagli juventini sui rivali granata, quindici all’ospedale ed è andata anche bene), parla di “atto eversivo”. Cominci a chiedersi cosa ha fatto per stroncare il cancro nei lunghi anni in cui ha regnato in Lega Pro e poi ha diretto la baracca come vicepresidente vicario della Figc (ora è in vetta, incredibile ma vero). Nulla, al di là delle canoniche espressioni di esecrazione. Intendiamoci, Tavecchio è in larga compagnia. La Lega litiga per i diritti sportivi ma non muove paglia per costringere i club a recidere i legami con le frange radicali che fanno talvolta comodo ai presidenti cme forza d’urto contro allenatori, calciatori e giornalisti sgraditi. Una legge dello Stato impedisce alle società di finanziare gruppi di tifosi. Si cominci ad applicarla, andando a frugare negli inconfessabili rapporti fa dirigenti e capi-banda, pseudoappassionati che fanno i tifosi di mestiere e ci lucrano tanti bei soldi. Trascinandosi appresso torme di giovincelli che cercano un ruolo e uno scopo nella vita.

In questura, ci sono elenchi infiniti di questa gentaglia, conosciuta personalmente con nome e cognome e domicilio. La tessera del tifoso è un fallimento ma la si impone, forse per scoraggiare la brava gente ad andare allo stadio (le tv ringraziano), come se servissero motivi speciali per starsene a casa. L’allenatore della Juve, Allegri, lo ha detto fuori dai denti: “Portare un bambino allo stadio è una follia”. Gli stadi giustamente si svuotano, le società piangono miseria ma per tacitarle basta gettare un pezzo di carne (ossia una manciata di milioni) nella gabbia dove si esibiscono i gladiatori. E tutto torna alla normalità. Questa normalità, intrisa di violenza gratuita, sopraffazione, prepotenza organizzata, assenza totale di cultura sportiva. Poche, pochsisime migliaia di violenti, di delinquenti prestati al calcio, tengono in ostaggio centinaia di migliaia di appassionati veri, pacifici. Basterebbe cacciarli dagli stadi, come hanno fatto vent’anni fa gli inglesi, per ridurli all’impotenza. Scagliano sassi contro il pullman della squadra avversaria, come è accaduto nel prederby alla Juventus? Bene, le forze dell’ordine intervengano come fanno contro chi viola una qualunque disposizione di legge, identifichino e arrestino i facinorosi. Altro che Daspo a vita dagli stadi, come ciancia Alfano. La galera, magari con l’aggravante dell’evento sportivo (basta un codicillo in una legge). Meglio ancora i campi di lavoro e i servizi sociali, per far assaggiare a questa feccia il sapore del sudore. Ma ancora una volta – scommettiamo? .- non accadrà nulla. E si andrà avanti ad esecrare, ad indignarsi e a promettere. Viene in mente la canzone di De Andè. “Lo Stato s’indigna e s’arrende con gran dignità”. Quanto ai club, si comincia a dare punti di penalizzazione in classifica e vediamo se i cosiddetti appassionati cultori della maglia si daranno una calmata.

Toccherebbe parlare anche dii calcio, del bellissimo derby della Mole, vinto dal cuore Torino su una Juve un po’ appassita dalle fatiche di coppa. Ventura è un santone che meriterebbe palcoscenici più ambiziosi, lo dico col rispetto che merita il gagliardissimo Toro di stagione. La Juventus inciampa in un sassolino che non incrina la sua primazia. Battendo la Fiorentina – sconfitta in casa dal redivivo Cagliari, le coppe europee si pagano – sarà ad un tiro di schioppo dal quarto scudetto filato. A proposito, scrissi che era un errore richiamare in servizio Zeman, sublime maestro di calcio del tutto inadatto alle temperie mefitiche della bassa classifica. I fatti mi hanno dato ragione. Probabilmente il Cagliari retrocederà comunque ma a testa alta, battendosi fino all’ultimo minuto. Se gli riuscisse il colpo a casa del Chievo e il Cesena battesse l’Atalanta nello scontro diretto, tutto tornerebbe in gioco per la salvezza. Nubi nere anche a Bergamo, il tanke Denis segna il gol del pareggio bergamasco e negli spogliatoi tira un pugno in faccia all’empolese Tonelli. “Aveva minacciato me e la mia famiglia”, la spiegazione del gesto. Indagherà la procura federale e la Digos, ma che tristezza. Osannati milionari che scadono a facchini maneschi.

Resta apertissima anche la corsa al secondo posto e all’Europa. Al tonfo della Roma, battuta a San Siro dall’Inter (ennesimo gol di Icardi, sublime puntero), non ha fatto riscontro la vittoria laziale, il Chievo ha strappato all’Olimpico un punto meritato che conferma la reputazione di cui gode Maran. La trasferta genovese contro la Sampdoria, il derby romano e la chiusura al San Paolo contro il Napoli diranno se la Lazio riuscirà a spuntarla sui cugini che stanno un po’ meglio ma non abbastanza da cucirsi addosso l’etichetta dei favoriti. Si fa sotto il Napoli che ha demolito una Sampdoria molle e svagata, schierata da Mihajlovic con un tridente che non regge più e un centrocampo estenuato che avrebbe bisogno di forze fresche che peraltro sono pronte all’uso (Duncan, Acquah, Rizzo). Cosa aspetta il serbo a buttarle nel fuoco? Sinisa rischia di rovinare lo stupendo campionato blucerchiato e anche un pezzo della propria reputazione. Andrà a Napoli ma con quale viatico?

Si rifanno sotto anche Torino e Genoa, il Grifone si è mangiato facilmente il docile e rassegnato Cesena e ripensa all’Europa. Deve vincere almeno una delle due trasferte, a Milano rossonera e a Roma giallorossa. Impresa accessibile. L’Inter sta due gradini sotto a granata e rossoblù ma sta prendendo coraggio e coscienza di non essere quella armata brancaleone vista in qualche mesta occasione. Il lavoro di Mancini comincia a pagare. Del Milan non mette conto parlare. Prima finisce la stagione meglio è per tutti. Anche per Inzaghi che sarà accompagnato alla porta. Da Berlusconi o dalla nuova proprietà cinese, questo è tutto da scoprire.