2001, avevamo 1586 € in più in tasca. Ma non ce li ha tolti l’euro o la Merkel

ROMA – Meno 6,5% dal 2001 ad oggi, è la perdita in termini di Pil pro capite italiano da quando esiste l’euro. Tradotto in soldoni tutti noi, nel 2012, abbiamo in tasca 1586 euro in meno rispetto a dieci anni fa. Manna dal cielo per i detrattori della moneta unica e acqua al mulino degli euroscettici. Ma la colpa dell’impoverimento, nonostante vada di moda dire che è tutta dell’euro e in seconda battuta della Germania e della Merkel cattiva, è invece tutta o quasi… italiana. Siamo più poveri per colpa dei nostri governanti e di nessun altro. E loro ci hanno impoveriti non osando toccare il nostro sistema, il nostro modello sociale. Per chi avesse qualche dubbio ecco le cifre, incontestabili: nello stesso periodo il Pil pro capite di Germania e Francia è cresciuto rispettivamente del 14,3% e del 4,3%. Significa poco dirà qualcuno, Germania e Francia, bella forza…

E invece no, significa molto perché, da quando la moneta unica esiste, solo il Portogallo ha visto oltre l’Italia contrarsi il proprio Pil pro capite, anche se in misura inferiore al nostro. Mentre tutti gli altri paesi che hanno adottato la moneta unica si sono almeno un po’ arricchiti, compresa la Spagna in crisi, Cipro dalle banche allegre e persino la Grecia, quella Grecia che nonostante sia assurta a paradigma delle difficoltà economiche europee ha visto, da quando l’euro esiste, aumentare il proprio Pil pro capite. Racconta Sergio Rizzo sul Corriere della Sera:

“La prova del nostro declino è facilmente reperibile nella banca dati del Fondo monetario internazionale. Nulla di nascosto: tutto online. Basta saper (e voler) guardare. E anche se i numeri del 2012 sono per forza di cose ancora provvisori, la sostanza può cambiare ben poco. Le cifre dicono che lo scorso anno ognuno di noi era più povero di 1.586 euro rispetto all’inizio del secolo. Dal 2001 a oggi il Prodotto interno lordo procapite a prezzi costanti, cioè la ricchezza reale realizzata mediamente da ciascun cittadino, si è ridotto in Italia del 6,5 per cento. Unico Stato dell’eurozona ad aver accusato una botta simile. Con il segno ‘meno’ davanti a questo indicatore, oltre a noi, c’è soltanto il Portogallo. Dove però la flessione, stando sempre ai dati del Fmi, è stata del 4,1 per cento: dunque ben inferiore. Tutti gli altri quindici Paesi dell’Ue che utilizzano l’euro si sono invece arricchiti. Quasi impercettibilmente, come Cipro: isola che pur investita da una crisi finanziaria senza precedenti ha visto crescere il Pil procapite reale di 0,3 punti. Oppure in modo impetuoso, se si guarda al +61,1 per cento e al +51,4 per cento messi rispettivamente a segno dalla Slovacchia e dall’Estonia. Ma sono i confronti con le economie più vicine alla nostra a rivelarsi davvero sconcertanti. Mentre l’Italia si impoveriva del 6,5 per cento, la Germania accresceva il Pil procapite reale del 14,3 per cento: 3.556 euro. L’Austria, del 13,8. I Paesi Bassi, dell’8 per cento. Il Belgio, del 7,9. L’Irlanda, del 6. La Francia, del 4,3. La Spagna, aggredita dalla recessione ancora più violentemente dell’Italia, del 2,8. Perfino in Grecia, Paese oggi in ginocchio, la ricchezza procapite reale prodotta nel 2012 risultava superiore dell’1,6 per cento a quella del 2001: ogni greco produceva a conti fatti 238 euro in più”.

I numeri, per loro natura, tendono ad essere imparziali, non tifano né pro né contro la moneta unica ma raccontano, semplicemente, quello che è successo. Ma se non è l’euro il colpevole del nostro impoverimento, con chi dobbiamo prendercela? In realtà semplicemente con noi stessi. O meglio con chi in questi ultimi anni ci ha governato, che poi vuol dire sempre che noi stessi dobbiamo arrabbiarci visto che i nostri governati li abbiamo scelti noi con il nostro voto. E quindi, anche se va molto di moda l’euroscetticismo, anche se sempre più proseliti fa chi dubita o non vuole proprio più la moneta unica, anche se la cancelliera Angela Merkel è vista più o meno come un vampiro crudele che succhia sangue e ricchezze all’Europa tutta, dovremmo in realtà ricordarci che chi è causa del suo mal meglio farebbe a piangere se stesso.

La colpa del nostro impoverimento, come riconosce Rizzo, è tutta nelle mani di chi ci ha governato. E’ una responsabilità tutta inscritta nella nostra incapacità di fare le riforme, nella nostra non volontà di ammodernare lo Stato e snellire, tagliando, gli enormi costi che la nostra pubblica amministrazione ha. Scrive ancora Rizzo:

“Quel -6,5 per cento è il frutto delle riforme mai fatte per mettere il Paese in condizioni di competere nel mondo globalizzato: un’Italia meno corrotta, con una pubblica amministrazione efficiente, un fisco equo, una giustizia decente, opportunità per le donne e le giovani generazioni… È il frutto, per dirla tutta, dell’incapacità mostrata nel dare risposte a questi problemi da parte di una classe politica (e dirigente) vecchia, egoista, insensibile all’etica e refrattaria al cambiamento. Così, mentre gli italiani si impoverivano e i politici non si stancavano di promettere tagli alle tasse e cure dimagranti per lo Stato, la pressione fiscale raggiungeva livelli record al fine di saziare il costo crescente degli apparati pubblici. Fa impressione notare come al calo di sei punti e mezzo della ricchezza abbia corrisposto, nello stesso periodo, un aumento altrettanto reale della spesa pubblica al netto degli interessi pari al 12,5 per cento. Se questa voce avesse seguito il calo del Pil procapite, oggi lo Stato spenderebbe circa 200 miliardi in meno: 600 anziché oltre 800. Per non parlare dei costi della politica, del tutto indifferenti al declino del Paese. Il sindacato Uil ha calcolato che quel fardello abbia ormai raggiunto 24 miliardi”.

Leggendo questi dati vieni da chiedersi se gli italiani abbiano imparato la lezione, se abbiano compreso che devono assumersi le proprie responsabilità e non, come è nostra abitudine, cercare di scaricare le colpe su qualcun altro, l’euro, la Merkel o chi che sia. La sensazione però, visti anche i consensi che raccolgono gli euroscettici nel nostro Paese, storicamente europeista, è che non lo sia.

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