Acqua, rifiuti: bolletta doppia. I Comuni fanno pagare due volte

di Riccardo Galli
Pubblicato il 16 Luglio 2012 - 14:07 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Caro, hai pagato la bolletta?”. “Si amore, due volte!”. Sembra una battuta ma una battuta non è, o almeno non solo. E questo perché gli italiani, praticamente, le bollette le pagano due volte. Una prima all’azienda che eroga il servizio, e una seconda sotto forma di tasse locali. Questo perché, quando i Comuni hanno esternalizzato il servizio che prima fornivano ai cittadini, si sono dimenticati di eliminare quella quota di tasse che il servizio “dismesso”  dovevano finanziarie. Così, le nuove società, non godendo di entrate sotto forma di tasse, hanno aumentato le loro tariffe rispetto al passato per coprire quei costi che i Comuni coprivano attraverso le entrate fiscali, e i consumatori si sono ritrovati a pagare bollette più care senza nessuna diminuzione delle tasse.

Come racconta La Stampa le tariffe in Italia aumentano più che nel resto d’Europa praticamente in tutti i settori anche se, in alcuni casi, gli aumenti sono giustificati dai prezzi di partenza sensibilmente differenti e più bassi rispetto agli altri paesi europei. Ma se il paragone europeo serve a misurare gli aumenti, nelle tariffe nostrane c’è una peculiarità tutta italiana: il persistere delle tasse locali anche la dove i servizi sono stati esternalizzati. “Il problema – scrive La Stampa – non è tanto che le tariffe sono aumentate per far fronte alle spese in conto capitale, quanto che i comuni non hanno abbassato il prelievo fiscale di una cifra paragonabile a quella che prima spendevano per allestire i servizi. Detta in sintesi: abbiamo pagato l’acqua due volte, una perché al comune abbiamo dato gli stessi soldi di prima come se avesse dovuto provvedere agli investimenti sulla rete idrica, e un’altra perché la società del’’acquedotto ci ha chiesto un aumento dato che il Comune non rispondeva più degli impianti. Non c’è dubbio, tuttavia, che le società in house sono state spesso dei carrozzoni politici, incapaci di migliorare i processi di lavoro e di ottimizzare le risorse, tant’è che hanno semplicemente gestito l’esistente e rilevato i costi del servizio per scaricarli poi sulle tariffe. D’altronde parliamo di quasi 4 mila società, a volte legate a enti locali molto piccoli, e quindi governate come si poteva e senza pretese”.

Al binomio danno più beffa costituito dagli aumenti e dal permanere del prelievo fiscale, forse potrà porre qualche rimedio la spending review che, all’articolo 4, stabilisce di fare piazza pulita di tutte le società “esterne” che i servizi gestiscono. La norma prevede che entro la fine del 2013, le società in house, cioè quelle a totale capitale pubblico (con la sola eccezione di quelle quotate in borsa) vengano dismesse e quindi liquidate, oppure che almeno il 40% del capitale passi in mani private. Dopo di che la società si presenterà ad un concorso pubblico per l’assegnazione del servizio, in regime di libera concorrenza. I benefici certo non saranno immediati e forse nemmeno automatici, ma è lecito aspettarli.

Nel frattempo però i dati diffusi da Confartigianato raccontano che, negli ultimi 5 anni, la bolletta dell’acqua è aumentata in Italia di quasi il triplo rispetto agli altri paesi dell’area euro (47,2% rispetto al 17,1%), e peggio ancora è andata se si guarda indietro fino a 10 anni fa: più 82,4% rispetto al 32,3% dell’area euro. La raccolta dei rifiuti è cresciuta del 59% rispetto al 35,5%, i trasporti dell’88 contro il 34, il trasporto ferroviario del 48 contro il 38. Mentre meglio è andata al trasporto urbano, più 34 contro un più 33.