Niente alberi a sei metri dalle strade: sarà la strage dei tronchi?

ROMA – Altro che alcol e velocità, sono gli alberi che contornano le strade italiane ad essere responsabili della morte di centinaia di automobilisti ogni anno. Pericolosi fuorilegge travestiti da innocue escrescenze arboree, compresi quelli secolari che osservano il via vai degli uomini sin da quando questi si spostavano a piedi o al massimo a cavallo. È questo l’innovativo principio giuridico di sicurezza stradale stabilito dalla Cassazione nella sentenza di condanna per omicidio colposo al capo cantoniere dell’Anas di Foligno, Bruno Bruni. Secondo la Corte suprema l’uomo avrebbe dovuto provvedere a mettere in sicurezza la statale centrale umbra “predisponendo un idoneo guardrail nel tratto di strada dove si trovava la pianta”. Alberi secolari, bellissimi da vedere, ma pericolosissimi per gli automobilisti. Se l’avesse fatto, Michela Crucianelli non si sarebbe schiantata a bordo della sua vettura contro uno di quei platani-killer. E non sarebbe morta.

Tutti gli alberi, anche quelli secolari che si trovano entro sei metri dalle strade extraurbane, sono dunque fuorilegge. L’articolo 26 del regolamento che dà attuazione al codice della strada entrato in vigore il primo gennaio del 1993 aveva vietato la presenza di alberi entro una distanza minima di sei metri. Sembrava però che quella norma non fosse retroattiva, che non riferisse quindi agli alberi preesistenti, ma solo a quelli piantati da quel momento in poi. Ci sono voluti 17 anni affinché la Cassazione dirimesse questo equivoco, decidendo una volta per tutte che il divieto vale per tutto il patrimonio arboreo che orla le strade extraurbane, sia quello precedente il ’93, sia quello successivo.

La sentenza che ha condannato a un anno e sei mesi il cantoniere dell’Anas di Foligno costituisce adesso un punto di riferimento sia per tutti i tribunali e le procure d’Italia, sia per gli enti proprietari delle statali extraurbani, in primo luogo l’Anas e le Province che d’ora in avanti dovranno stanziare ingenti investimenti per mettere in sicurezza le strade alberate. Sentenza che oltre a far tremare i succitati enti sancisce che la stragrande maggioranza delle strade extraurbane italiane sono fuorilegge e obbliga, in teoria, all’abbattimento di migliaia di alberi. Operazione che rischia non solo di risvegliare le proteste di ambientalisti e difensori del verde pubblico, ma che mette anche a rischio alberi dal grande valore storico, come i cipressi cari al Carducci nel livornese per citare solo un caso. L’avvocato civilista Sandra Gracis è la prima ad essersi ispirata alla sentenza della Suprema corte per riaprire una vecchia causa. “Tutti i parenti di automobilisti morti avvenuti nell’ultimo decennio contro un albero – spiega il legale – possono ora fare una causa civile per ottenere un indennizzo”. “Ho subito citato l’Anas – aggiunge l’avvocato Gracis – per la morte di Tommaso Rossi, schiantatosi l’11 giugno del 1996 (allora aveva 28 anni) contro un platano della statale “Pontebbana” fra Treviso e Conegliano. Una strada del Trevigiano sulla quale sono morti contro gli alberi decine di automobilisti”. In tutta Italia ci sono migliaia di chilometri di strade extraurbane che hanno sul ciglio alberi killer. L’Aci da alcuni anni ha deciso di non proseguire più nel censimento degli incidenti stradali contro gli alberi, ma le vittime restano ogni anno centinaia, colpa di subdoli killer che attendono immoti l’arrivo di un auto.

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