Alluvione, lato oscuro: bottiglie d’acqua a 5 euro e lacrime sul cemento

Monterosso dopo l'alluvione (foto Lapresse)

GENOVA – Lo si potrebbe definire “il lato oscuro dell’alluvione”, fatto di quei piccoli e grandi sfregi perpetrati al territorio in nome del turismo, del businnes da una parte, e degli affari da sciacalli dall’altra. L’alluvione che ha colpito Liguria e Toscana, e in particolare le Cinque Terre, non è fatta di sola acqua. A monte ci sono gli abusi, o comunque le scelte edilizie, fatte in quel territorio in nome del turismo e, a valle, gli approfittatori, quelli che all’indomani della tragedia vendono una bottiglia d’acqua minerale a 5 euro o una pala a 40. In mezzo, l’acqua e il fango che si sono portati via vite, auto, case e tutto il resto.

“Piove, governo ladro”, una massima buona per tutte le occasioni ma in Italia, e sulle Cinque Terre, l’acqua dal cielo è sempre caduta. Forse in passato con meno violenza rispetto a quella che si è rovesciata pochi giorni fa, ma questo non basta, da solo, a spiegare la tragedia che ha colpito quelle terre. Come al solito la colpa è anche, se non principalmente, dell’uomo. Sua è la colpa della rinnovata violenza delle precipitazioni, conseguenza dei cambiamenti climatici. Ma soprattutto sua è la colpa della mancata cura di un territorio molto delicato come quello delle Cinque Terre. Cura che è stata, negli ultimi decenni, messa in secondo piano rispetto alle esigenze del turismo. Quel turismo che porta denaro e benessere, altare su cui si può sacrificare tutto, salvo poi pentirsene quando è troppo tardi.

“Da 30 anni si è smesso di contenere i corsi d’acqua, rinforzare le terrazze e i muretti a secco. La gente si è arricchita in un colpo solo. Oggi chi possiede anche solo una cantina non ha nessuna intenzione di lavorare”, denuncia lo scrittore Maurizio Maggiani, ligure di Castelnuovo Magra. Il sindaco di Monterosso dice che il suo paese non esiste più, per Maggiani “non esiste più da venti anni”. E lo scrittore non è il solo a ritenere che la gestione del territorio sia almeno una delle cause dei 10 morti e dell’alluvione. “Ci siamo venduti la terra, la casa e l’anima”, parola non di un paesano che ha perso tutto, ma dell’ingegnere Franco Siccardi, docente di costruzioni idrauliche all’università di Genova. Uno che in materia ci capisce qualcosa.

“Cementificazioni? Quando mai? Qui ci sono vincoli ferrei, siamo nel parco delle Cinque Terre. E’ dal ’77 che non si costruisce niente…” obietta Angelo Betta, sindaco di Monterosso. Eppure, dal ’77, qualcosa si è costruito: un autosilo da 300 posti in cima a Monterosso; la piscina di un hotel a picco sul mare; e poi quella storia di presunti abusi edilizi in cui è finito il senatore Luigi Grillo, potente in zona e presidente della commissione lavori pubblici, per alcuni interventi nella sua tenuta. E il punto non è solo quello che si è costruito. Il cemento che avrebbe “aiutato” l’alluvione non è solo quello colato ex novo per necessità turistiche. Ma anche quello che invece non è stato usato, la mancata cura dei muretti a secco, delle “miagie”, dei terrazzamenti che imbrigliano e contengono queste montagne a picco sul mare. “E’ prevalso un modello di gestione che trascura la conservazione dell’ambiente perché non ha un ritorno economico immediato” dice il geologo Alfonso Bellini.

E poi, dopo la tragedia, a spuntare non sono stati i funghi, ma i “furbi” dell’emergenza. Non quelli della ricostruzione che “quando c’è un terremoto ridono” pensando ai futuribili appalti. Ma quelli che quando c’è fango da spalare una pala la vendono a 40 euro e quando manca l’acqua fanno lievitare il prezzo di una bottiglia sino a 5 euro. E’ successo anche questo, non solo la maggioranza dei volontari che hanno spalato e spalano e degli italiani che sottoscrivono aiuti, ma anche chi si è tuffato nella “occasione”. Una minoranza fortunatamente, ma una minoranza fortemente “antipatica”. Acqua a cinque euro e cemento colato e negato, il lato oscuro dell’alluvione.

 

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