Amnistia, Alitalia…Renzi scoperchia i sepolcri imbiancati del Pd

stampaROMA – Pagina strana la numero 30 dell’edizione odierna de La Stampa. In alto, Luca Ricolfi, firma un ragionamento dal titolo “Il Paese dove non cambia mai nulla” e, subito sotto, Federico Geremicca, un’analisi dal titolo “Matteo e il partito-Kamikaze”. Convivono, nella stessa pagina, due note assolutamente dissonanti. Una, la prima, quella che canta di un paese immobile e capace solo di fare “ammuina”. Il secondo, di una partito che starebbe andando incontro ad una vera e propria rivoluzione e che, essendo uno dei più forti del Paese, trascinerebbe nella rivoluzione e quindi nel cambiamento anche l’Italia. Pagina strana, come strana è l’Italia e come è strana in fondo la realtà, sempre più complessa e complicata di quanto ci piaccia immaginare.

La pagina è strana e in qualche modo cacofonica ma, a ben guardare, Ricolfi e Geremicca firmano due editoriali che non sono in antitesi tra loro. Anzi. Racconta Geremicca dell’avvento di Matteo Renzi e, in particolare, di quello che questo arrivo produrrebbe sul partito democratico prima e sul Paese poi. Renzi, immagina Geremicca, vorrebbe e farebbe del Pd un partito “autonomo, pronto alla polemica spiazzante, moderno, corsaro e imprevedibile quanto basta”. Aggettivi che ben descrivono la rivoluzione rispetto al Pd di oggi, paludato, lento nelle reazioni e da tempo affossato sugli stessi uomini e dietro le stesse questioni.

Cosa fa Renzi e perché desta così “scandalo” nel partito, nel Pd, dentro e non fuori? Geremicca comincia il suo articolo descrivendo l’esitazione di Renzi nel rispondere sì e basta alla domanda se “ami” il Pd. Renzi esita, è vero. Esita perché lui questo Pd non lo “ama” e non accetta l’implicito “il Pd si ama non si discute”. Renzi il Pd lo discute, eccome. Attribuisce al Pd una parte dalla responsabilità dei venti anni perduti dal paese. Rompe il tabù interno secondo il quale contro Napolitano (governo Monti) si mugugna in silenzio ma mai si profferisce verbo. Smonta del Pd gli alibi e i metodi di governo: “Poste in Alitalia è un tampone e non una soluzione”.

Roba da reazione di rigetto nei vari Zanonato e in tutti i Bersani del Pd. Ma non solo, Renzi scoperchia i sepolcri imbiancati che il Pd non scoperchia mai: l’essere legalitari, per la rigidità della legge giustamente su Berlusconi ma smettere di essere legalitari appena non si parla più di Berlusconi (amnistia/indulto). L’obbedire a Napolitano per sentirsi protetti. Il continuare a gettare denaro pubblico senza nulla di efficiente chiedere in cambio (Alitalia). E, ultimo ma non ultimo, il lavorare ad una nuova legge elettorale sostanzialmente proporzionale, cioè il lavorare a rendere stabile la piattaforma che consente ai governi di larghe intese di essere gli unici a galleggiare (“togliamo la riforma elettorale dalle mani della Finocchiaro”.

Un partito che si prepara dunque ad una rivoluzione copernicana ma che, paradossalmente, lo fa controvoglia e solo come estrema conseguenza dell’immobilismo descritto da Ricolfi. Se il sindaco di Firenze sarà il prossimo segretario Pd, come appare molto probabile, lo sarà perché il partito prima lo ha scartato, poi messo da parte e infine ripescato solo dopo l’ultima Waterloo elettorale. Ha dovuto il Pd perdere l’ennesima elezione che non si poteva perdere. Con Renzi non si sa se il risultato sarebbe stato lo stesso, non esiste ovviamente controprova, ma la sensazione è che sì, qualcosa di diverso sarebbe accaduto. E comunque ora, per uscire dalla crisi, il Pd ha bisogno di un volto nuovo, di idee nuove e, l’unico candidato in tal senso, è proprio Renzi.

Cambiamento quindi accettato solo come ultima ed estrema necessità da un Pd che, inevitabilmente, è specchio del Paese. Questioni spinose, i cosiddetti “sepolcri imbiancati” dei democratici verrebbero certamente alla luce con il cambio di rotta renziano. Dalla legge elettorale al rapporto con i sindacati, su tutte le questioni spigolose di cui come dice Ricolfi non si parla, il sindaco di Firenze ha detto la sua, spesso in netto contrasto con la posizione ortodossa del partito.

“Da vent’anni – scrive Ricolfi-, in questo Paese ‘non muove foglia’. Tutto è immobile e congelato. O forse sarebbe meglio dire: tutto cambia, ma gattopardescamente. Cambiano i governi, cambiano le mode, cambiano i palinsesti della tv, ma tutto avviene in modo che nulla di essenziale cambi davvero. Siamo il Paese più conservatore del mondo, o perlomeno così appaiamo ai miei occhi. (…) Su entrambi i versanti dello schieramento politico l’attenzione si concentra, come limatura di ferro attirata da una calamita, sulle questioni che creano identificazione, dibattito, indignazione, visibilità sui media: legge elettorale, immigrazione, carceri, diritti dei gay e delle donne. E rifugge invece dai nodi di politica economica e sociale, assai meno interessanti sul piano emotivo, ma molto più influenti sul futuro del Paese. Eppure anche le grandi questioni di civiltà sono assai più difficili da affrontare in un Paese che, anno dopo anno, diventa sempre più povero. Senza tornare a crescere e a produrre ricchezza non avremo mai le risorse per affrontare i gravissimi problemi sociali dell’Italia: disoccupazione, sottoccupazione, povertà, illegalità diffusa, ignoranza (vedi gli ultimi dati Ocse, pubblicati pochi giorni fa). Su tutto questo destra e sinistra sono sostanzialmente mute. Non perché non abbiano le loro ricette, ma perché sono le ricette di sempre, che né l’una né l’altra sono state in grado di applicare con successo né nelle loro legislature lunghe (1996-2001 e 2001-2006), né nelle loro legislature corte (1994-1996 e 2006-2008). La sinistra non sa come combattere l’evasione fiscale senza soffocare l’economia. La destra non sa come abbassare le tasse senza fare nuovo deficit pubblico”.

Conclude Geremicca: “E’ presto, forse, per dire con completezza cosa sarà (cosa sarebbe) il Pd di Renzi. Ma se un partito-mare sarà, una cosa si può darla per sicura: sarà un mare burrascoso, e i giorni di calma potranno contarsi sulle dita di una sola mano…”.

 

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