Staminali per compassione e non per scienza, come acqua santa a spese pubbliche

LaPresse

ROMA – “È scandaloso che per avere il diritto a delle cure ci si debba rivolgere ai giudici”. Parole di una mamma con una figlia di appena 17 mesi che, a causa di un’asfissia al momento del parto, deve vivere con l’ausilio delle macchine. Per la bimba, Smeralda, il giudice ha ordinato di proseguire una terapia fatta di cellule staminali. Una storia diversa e simile a quella della piccola Celeste, anche per lei cure a base di staminali attivata dalla magistratura. I genitori delle due bambini esultano per le decisioni dei giudici. E nessuno può dargli torto. Ma è giusto che lo Stato paghi queste cure?

La domanda risulterà certo indigesta a molti lettori, il dolore di un bambino non è certo merce su cui si mercanteggia e anzi bravi i loro genitori che con tutte le forze si sono battuti, rivolgendosi anche ai tribunali, per garantire ai loro piccoli le cure che sembrano migliori. Ma proprio qui è la questione, in quel “sembrano”. Da un punto di vista “di stomaco” le cure vanno garantite, ma se non con la pancia ma con la testa la questione viene affrontata, emergono particolari diversi e qualche distinguo. Le cure certo vanno garantite e in uno Stato con la “S” maiuscola è la collettività che le paga. Questo perché tutti hanno diritto ad essere curati e tutti hanno diritto alle cure migliori possibili, anche quando eccessivamente costose e al di là delle possibilità economiche dei singoli. Così funzionano, o dovrebbero funzionare le comunità di esseri umani. Ma le cure migliori non sono e non possono essere quelle che “sembrano” migliori. Sembrano lascia infatti troppo spazio all’interpretazione. Le cure migliori, e a carico della collettività, sono quelle e solo quelle che la scienza certifica come valide.

Le cure che Celeste e Smeralda ricevono non sono terapie dal risultato scientificamente provato. Può darsi che funzionino, come può darsi che non abbiano alcun effetto. I genitori delle piccole e anche alcuni medici hanno visto dei miglioramenti, ma questo non rende la terapia efficace. Esistono dei protocolli, degli studi, una casistica che certifica quando una terapia è valida dal punto di vista scientifico e quando invece non lo è.

Le cure a base di staminali forse in futuro saranno accreditate come terapie efficaci, ma al momento non lo sono. Porre la domanda “è giusto che lo Stato paghi per queste cure” a questo punto risulta meno antipatico. Perché è vero che la sanità pubblica deve farsi carico di curare nel miglior modo possibile, ma non è altrettanto vero che debba accollarsi le spese di qualcosa che dal punto di vista scientifico non è dimostrato. Se si prescinde dalla “verifica”, dalla “prova” scientifica allora chiunque può reclamare e richiedere a buon diritto qualsiasi tipo di terapia. Dal veleno dello scorpione contro il cancro sino allo sciamano che cura attraverso le visioni.

Ovviamente le terapie a base di staminali nulla hanno a che fare con gli sciamani ma deve esistere un confine tra ciò di cui la sanità si fa carico e quello che rimane fuori. Si può discutere la bontà della sperimentazione e la modalità di accesso al “ruolo” di terapia, ma dal creare un confine non si può prescindere.

“Se non ci fossero stati i benefici, piccoli ma visibili – ha spiegato il padre di Smeralda – non avremmo presentato ricorso e il Tribunale non avrebbe disposto la ripresa della terapia. Con due cicli di cura Stamina i medici sono riusciti a staccarla dal respiratore, anche se per pochi giorni: sembrano cose irrisorie, ma sono quelle cose che ti fanno andare avanti”. Mario Andolina, pediatra delle due bambine, Celeste e Smeralda, parla di risultati persino insperati anche per l’altra bimba: “È riuscita persino – rivela il medico – a sollevare un pugnetto, non era mai accaduto”. Dalla bocca di Adolina non arrivano però solo buone notizie, ma anche polemiche, polemiche contro l’Agenzia italiana del farmaco che contesta il ricorso alla magistratura per imporre cure alternative. “L’Aifa – sostiene il medico – ha già dimostrato in più occasioni di non avere competenza in questo campo”.

Ma il laboratorio del caso Celeste viene definito “inadeguato alla manipolazione di cellule” da un verbale dell’Istituto superiore della Sanità di Roma. Verbale di una riunione cui erano presenti i Carabineri dei Nas, l’Istituto di sanità, il Centro nazionale Trapianti, l’Aifa. Tutti hanno firmato il verbale. Tutti concordi sui dubbi su cosa viene realmente iniettato “sulla riproducibilità della procedura, sulla loro eventuale natura staminale…”. “Non è mai stata fornita alcuna prova scientifica della validità del metodo Stamina”. Firmano tutti, sono tutti crudeli, spietati e cattivi d’animo?

Il giudice ha sentenziato che il trattamento deve riprendere per ragioni “compassionevoli”, per compassione e non per scienza. Come fosse l’acqua santa, ma aspersa a spese pubbliche e con pubblico denaro. Gran criterio quello della compassione ma chiunque può invocarlo e allora “compassionevoli” trattamenti fornita dalla Sanità pubblica saranno tutti quelli che nel magico mondo dei guaritori salvano la vita o addirittura resuscitano?

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