Dazi: Trump costa 4mila miliardi al mondo e…si spara sui piedi

Nuovi dazi alla Cina: Trump costa 4mila miliardi al mondo e...si spara sui piedi
Dazi: Trump costa 4mila miliardi al mondo e…si spara sui piedi (foto Ansa)

WASHINGTON – Dazi e tweet.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sferra un altro attacco alla Cina, minacciando la possibilità di imporre dazi aggiuntivi su merci cinesi pari a 100 miliardi di dollari. Il rischio è di tornare a infuocare le tensioni fra Usa e Cina, già innescate nei giorni scorsi con l’annuncio di tariffe pari a 50 miliardi di dollari.

Una miscela esplosiva che costerà, e anzi è già costata migliaia di miliardi di dollari, e che ha tutto l’aspetto di un boomerang che finirà per colpire chi per primo l’ha lanciata. I miliardi di dollari sono quelli già bruciati dai mercati da quando Donald Trump ha avviato la prima guerra commerciale dell’era globalizzata, mentre l’effetto boomerang è quello che potrebbe abbattersi sull’America e sui lavoratori a stelle e strisce che, oltre a ricevere e subire contromisure analoghe da parte della Cina, rischiano di perdere fette di mercato di cui l’inquilino della Casa Bianca sembra non aver nozione.

Fare i conti e tradurre in numeri la guerra appena iniziata a colpi di dazi è cosa complessa quasi ai limiti dell’impossibile viste le dimensione delle due economie in gioco, quella americana e quella cinese, e le interrelazioni che che le contraddistinguono. Interrelazioni che sono quelle che rischiano di riservare le peggiori sorprese per The Donald e i suoi elettori. Ci sono però già delle certezze. E sono i 4mila miliardi di dollari (avete letto bene) già volatilizzati dalla piazze finanziarie di mezzo mondo. “L’indice della volatilità, il Vix, è tornato su livelli di preoccupazione, vicino ai 25 punti (quando i mercati sono tranquilli questo indice oscilla tra 10 e 15 punti) – scrive Vito Lops sul Sole24Ore – Mentre le Borse dal 13 marzo hanno perso 4.000 miliardi in termini di capitalizzazione.

Da allora Wall Street ha perso il 7%, Francoforte il 4%, Shanghai il 5,3% e Milano il 2%”. E non siamo che all’inizio. Ma se le paure dei mercati e i costi diretti di dazi e contro-dazi sono cosa più o meno nota, meno prevedibili sono le conseguenze meno immediate. E qui torna utile uno studio fatto dalla Deutsche Bank e citato ancora dal Sole24Ore: “secondo i calcoli di Deutsche Bank – racconta in questo caso Moyra Longo – le imprese americane hanno venduto nel 2015 in Cina prodotti per un valore di 372 miliardi di dollari. Di questi, però, solo 223 miliardi di dollari sono effettivamente stati esportati dagli Stati Uniti. I restanti, circa 150 miliardi di dollari, riguardano invece i prodotti americani creati e venduti direttamente in Cina. Un terzo del totale, insomma.

Invece i prodotti cinesi venduti in America (pari a 402 miliardi di dollari) sono quasi interamente frutto di esportazioni. Ebbene: se si guarda la bilancia commerciale, si vede che gli Stati Uniti hanno un deficit enorme nei confronti della Cina. Ma se si prendesse il totale dei prodotti americani venduti nel Paese orientale, calcola Deutsche Bank, il deficit di ‘vendite’ sarebbe di appena 30 miliardi. Ben poco insomma. Morale: una guerra commerciale – secondo gli economisti di Deutsche Bank – avrebbe solo il risultato di spingere Pechino a ‘punire gli interessi economici americani in Cina’”. Esiste insomma, ed è quello che sottolinea la Deutsche, una fetta di economia americana che ‘nasce’ direttamente in Cina e che nelle cifre citate dal presidente Usa, che ha sempre parlato del deficit di 500mld, sembra totalmente assente.

Fetta che, ed è facile capirne la ragione, rischia di essere la più duramente colpita dallo scontro commerciale Washington Pechino. Sinora Trump e la sua amministrazione hanno steso una lista di 1.133 prodotti su cui gli Usa applicheranno dazi alla Cina per il 25%. Valore dell’operazione, 50 miliardi di dollari. Mentre Pechino ha risposto pubblicando un elenco di 128 prodotti statunitensi su cui praticare “contro-dazi”. E secondo molti questo non è che l’inizio dello scontro. Uno scontro sul cui sfondo incombono i 1.168 miliardi di titoli di Stato Usa, cioè di debito americano, che detiene Pechino.

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