Di Pietro sotto botta elettorale e mediatica. Idv non si “azzecca” più al capo

Antonio Di Pietro (foto Lapresse)

ROMA – La parabola politica di Antonio Di Pietro sembra avvitarsi o almeno inciampare su due ostacoli ben diversi ma contemporanei: l’uno elettorale e l’altro mediatico. Per la prima volta la sua figura di capo è messa in discussione, mediaticamente e politicamente. La prestazione eufemisticamente non brillante a Report è stata la scintilla, i risultati elettorali siciliani e le accuse all’ interno del partito rispettivamente il fuoco e la brace. 

Sono passati giusto 20 anni da quando il giovane pm Antonio Di Pietro inchiodava i politici dell’allora morente prima repubblica di fronte alle loro responsabilità. Sedeva allora Di Pietro in un tribunale e non in Parlamento, e vestiva la toga invece del titolo di onorevole. In 20 anni molto è cambiato. Di Pietro è entrato in politica prima e ha fondato un suo partito poi. Il tutto anche sull’onda della popolarità conquistata con le sue inchieste e sul suo presentarsi come una sorta di “moralizzatore tosto” della politica. Tutto questo era due decenni fa e, nonostante il nome Italia dei Valori, i valori possono nel tempo perdersi od offuscarsi. In una sorta di contrappasso dantesco la crepa, il colpo forse decisivo alla figura che sembrava sino a poco tempo fa inattaccabile di Di Pietro, è arrivata da una questione di soldi, soldi pubblici. Proprio la materia su cui da pm, Di Pietro, interrogava, incalzava e inchiodava i corrotti della prima repubblica.

Ad imbarazzare Tonino questa volta, non un giudice, ma una trasmissione tv che ha rivelato almeno tre vicende inattese e particolarmente delicate per chi, come Di Pietro, si presenta da sempre come paladino delle regole e di questo ha fatto il suo messaggio e progetto politico.

La prima storia – racconta La Stampa – riguarda, la gestione dei rimborsi pubblici indirizzati all’Idv. Tra il 2000 e il 2007 decine di milioni di euro non sono stati trasmessi direttamente al partito, ma – caso unico – ad una Associazione parallela composta da tre sole persone, Tonino, sua moglie e Silvana Mura. Interrogato a bruciapelo sul perché la moglie fosse sua socia nell’Associazione che controllava la cassa, Di Pietro ha risposto testualmente: “Ma guardi che mia moglie… non è, non è… mia moglie. E’ una signora che c’ha una sua testa, è… una sua politica e una sua esistenza”, come se il problema fosse l’intelligenza della signora. Quanto alla moglie di Tonino, alla giornalista di Report che ha cercato di intervistarla, le telecamere hanno immortalato la “fuga” e il rifiuto di rispondere. La seconda vicenda attiene invece ai soldi donati nel 1995 dalla signora Borletti a Romano Prodi e a Tonino Di Pietro per il progetto dell’Ulivo. Alla giornalista di Report Sabrina Giannini che gli chiedeva come abbia utilizzato il miliardo di lire ricevuto, il leader dell’Idv ha risposto: “La parte che mi ha dato in donazione, l’ho usata… personale. Me l’ha data a livello personale”. Subito dopo la risposta del Professore: “Non ho mai pensato che li avesse dati a me, per la mia bella faccia”, ma semmai al Movimento dell’Ulivo. La terza questione riguarda il patrimonio immobiliare della famiglia Di Pietro che, secondo Report sarebbe aumentato a partire dal 2000. Fin qui l’articolo de La Stampa.

La performance televisiva di Di Pietro è stata effettivamente imbarazzante e ha contribuito in modo determinante ed evidente alla demolizione mediatica dell’ex pm. Ma i problemi di Di Pietro non sono nati su Rai3 e non sono solo mediatici. Sono in primis politici, e le elezioni siciliane ne sono prova. Appena pochi mesi fa l’Italia dei Valori aveva “imposto” il suo candidato sindaco per Palermo alle primarie, candidato uscito poi vincitore con un ampia maggioranza dalle urne delle amministrative e Idv che ora, alle regionali, non è riuscita a superare la soglia di sbarramento rimanendo fuori da palazzo dei Normanni. E poi a livello nazionale l’essere praticamente scaricato dal Pd e snobbato da Grillo sono indizi della fragilità politica del partito di Di Pietro.

Infine, ma non ultime, le vicende giudiziare che negli ultimi mesi hanno coinvolto diversi esponenti Idv e, su tutti, Vincenzo Maruccio, ex autista e amico del capo che lo volle ad ogni costo assessore alla Regione Lazio per ritrovarselo accusato di essersi messo in tasca ottocentomila euro di rimborsi.

Puntuale e inevitabile è arrivata anche la contestazione interna. Le critiche al segretario/fondatore/padrone sono state per la prima volta al centro di un ufficio di presidenza dell’Idv, e si è persino arrivati a ipotizzare un congresso anticipato, l’equivalente di una mozione di sfiducia. Per ora Tonino ha retto all’attacco e il congresso verrà, probabilmente, posticipato a dopo le politiche.

La spiegazione di questa curva discendente va cercata, secondo il Corriere della Sera, guardando la base del partito. “Pochi luoghi come la Liguria raccontano dell’attuale sgretolamento di antiche certezze, o speranze. Sotto la patina di una Marylin Fusco, vicepresidente regionale appena dimessa causa inchiesta della magistratura, si nasconde una selezione del personale politico che sembra il bar di Guerre stellari. In questi anni sono passati nella squadra dell’Idv locale: un ex vigile divenuto consigliere provinciale che si intascava le multe pagate dai cittadini; un ex finanziere segretario provinciale arruolato nel partito nonostante fosse accusato di concussione, peculato e falso, per via dell’abitudine a ricattare i baristi del circondario; una candidata alle Regionali del 2010 che faceva distribuire le sue foto elettorali a un sostenitore della legalità condannato a vent’anni di carcere per spaccio di droga. (…) In Emilia Romagna fino al 2010 il volto dell’Idv era il sorriso rubizzo di Paolo Nanni, oggi accusato di peculato per i fondi trattenuti nel quinquennio 2005-2010 quando era capogruppo di se stesso, unico eletto in Regione, e aveva ricevuto contributi per 450 mila euro. Celebri i suoi convegni, che avevano la curiosa caratteristica di saltare all’ultimo minuto, lasciando uno spiacevole strascico di ‘cene istituzionali’ con conti da duemila euro”. Questi il testo e l’analisi del Corriere della Sera.

Va ricordato che per accuse simile a quelle che hanno intessuto la trama della puntata di Report a lui dedicata Di Pietro è già ricorso in giudizio ottenendo anche risarcimento, quindi con tutta probabilità la crepa di immagine non si trasformerà in  smottamento giudiziario. Però vengono, emergono evidenti i limiti del partito “personale” e della gestione di fatto personale delle candidature e delle risorse economiche. Il che, unito a un molto faticoso 4 per cento, a una concorrenza spietata e vincente di Grillo, ad un abbandono prima cercato e poi subito da parte di Bersani, fa più di una finestra che sbatte o di un intonaco che cede. Fa dell’Idv il terzo partito “ad personam”, dopo quelli di Bossi e Berlusconi, che alla persona prima e unica, come direbbe Tonino, “non si azzecca più”, anzi si scolla.

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