ROMA – “Non è necessario essere snob, basta saper mangiare con le posate per inorridire di fronte allo spaccato di umanità che prospera all’ombra del potere berlusconiano. Nani e ballerine di memoria craxiana erano, al confronto, un’élite professionale, per non dire dei laboriosi ragiunatt di partito che si sudavano il pane riscuotendo tangenti per la ditta. (…) Ce n’è perfino uno, latitante, che dice di essere direttore dell’ Avanti!. Ma io non ci credo. Anche se fosse vero: mi rifiuto di crederci”. Scriveva così Michele Serra nella sua rubrica “l’amaca”, scriveva riferendosi a Valter Lavitola, direttore dell’Avanti oggi latitante o, come dice lui, “all’estero per lavoro”. Personaggio strano questo Lavitola, praticamente uno sconosciuto sino a che Bocchino non fece il suo nome durante una puntata di Annozero in riferimento alla vicenda della casa a Montecarlo che coinvolse Gianfranco Fini. Uno sconosciuto con molti amici e molti affari, uno sconosciuto figlio, anzi “nipote”, dell’era Craxi. Uno sconosciuto però molto inserito nella corte di nani e ballerine che circonda il premier, anche se con competenze non chiarissime che spaziano dall’alta finanza sino alle considerazioni sulle fellatio “che nessuna donna negherebbe a Silvio”.
Cercando di ricostruire un identikit del faccendiere / editore, e tentando di capire cosa esattamente facesse nella vita, in primis ci si imbatte in Finmeccanica, la stessa Finmeccanica di cui Luigi Bisignani, quello della P4 per intendersi, era consulente. Ma Lavitola non sopporta e disprezza Bisignani, forse per motivi di concorrenza. L’inchiesta napoletana su Tarantini e il ricatto a Berlusconi nascono proprio sul business Lavitola di casa a Panama aveva appunto con Finmeccanica, con sue aziende e i rapporti che intesseva con i suoi dirigenti, primo fra tutti il direttore commerciale Paolo Pozzessere. Con questi in una conversazione telefonica Lavitola “lavora” al pagamento all’estero di rilevanti somme da parte dell’azienda e discute e consiglia sul “come si fa”. “Da molte delle conversazioni sopra richiamate – scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – è emerso uno stretto collegamento tra il Lavitola e alcune società del gruppo Finmeccanica operanti prevalentemente all’estero, quali, ad esempio, Agusta, Selex e Telespazio Brasile. Nell’operare per conto delle predette società, l’indagato intrattiene un livello di relazioni molto alto, nell’esercizio delle quali pone in essere non meglio precisati movimenti di danaro da impiegare verso terzi”. Una delle competenze di Lavitola è quindi quella di “mediatore”, di ponte. Ha contatti in Finmeccanica, in sud America e con il presidente del Consiglio. Un triangolo che ben sfruttato porta denaro e potere.
Ma l’altra faccia della medaglia Lavitola è quella del questuante importuno. Insistente, mieloso, irrefrenabile. L’uomo che a detta di Italo Bocchino confezionò l’attacco a Fini sulla casa monegasca, l’uomo che fa pressioni sul cavaliere per promuovere gli interessi di Finmeccanica, l’uomo che non è latitante ma all’estero per lavoro, è lo stesso uomo che voleva farsi prestare lo yacht da Berlusconi, e pure farglielo spostare da Miami, dov’è oggi, a Panama. Questo aspetto lo rivela uno stralcio d’intercettazione: “Ah, da ultimo – fa Lavitola a Silvio Berlusconi – quella storia della barca… lei l’altra volta me la diceva così, per dire?… o veramente… la vogliamo portare a Panama?… così… che se lei va… come si chiama lì… ai Caraibi… se lei vuole…”. Silvio gli dice che no, non si preoccupi, grazie mille, la barca è già a Miami, sarà per un’altra volta, e qualunque persona di media educazione a quel punto prenderebbe la porta e ciao, arrivederci, o saluterebbe rapidamente per telefono e a presto, di nuovo; ma quello insiste, placca, pressa, con parole sudaticce: “Ah peccato… ma dico… qualche giorno a Panama non la può mandare?… invece… di Miami?”. Berlusconi allora riprova a glissare, “no no… ma io poi… non c’ho mai tempo per andarci”, e il questuante allora che fa? Si getta a tappetino e pietisce, “sennò… mi faceva fare qualche giro a me… lei m’aveva detto…”. La barca su cui Lavitola vorrebbe farsi ospitare è un 48 metri a due alberi e potenti motori che Berlusocni comprò a Natale del 2000, direttamente da Rupert Murdoch, per 28 miliardi e mezzo di lire (oggi vale sui diciotto milioni di euro).
Un altro passaggio dell’intercettazione del 13 luglio tra il Cavaliere e Lavitola regala un’ultima pennellata all’affresco di questo personaggio della corte di Berlusconi. Dopo l’editore / faccendiere e il meschino / questuante, esiste anche il Lavitola adulatore, contraddistinto dalla classe e l’eleganza che gli appartengono. “ma qui…con le balle…perché lei..tutti i casini che ha avuto…non li ha avuti per delle gran balle…e lei..che ha fatto..pagava le puttane…o..per caso…faceva le droghe ..o le cose..le porcherie che dicevano loro…io.. sinceramente…non credo che ci sia una donna al mondo…che se lei la telefona…dice vieni qua..a farmi una pompa…quella non viene correndo”. Un vero signore.
Le competenze di Valter Lavitola sono quindi le più disparate: intreccia e mette insieme affari da milioni, lusinga il capo e cerca di arraffare tutto quello che può. E, stando a quanto detto da Bobo Craxi l’anno scorso a Massimo Bordin di Radio Radicale, fu proprio Bettino ad Hammamet che affidò a Lavitola l’incarico di far rivivere L’Avanti, glorioso quotidiano socialista nato con Leonida Bissolati e finito, appunto, a “Valterino”, come lo chiama talora il Cavaliere.