Isis con la Bomba: in quella valle del Pakistan…

di Riccardo Galli
Pubblicato il 6 Aprile 2016 - 14:28 OLTRE 6 MESI FA
Un fungo atomico che si forma dopo un'esplosione nucleare

Un fungo atomico che si forma dopo un’esplosione nucleare

WASHINGTON –Isis con la bomba, in quella remota valle del Pakistan può diventare realtà. Lo Stato Islamico vuole la bomba, quella atomica. E ha forse anche trovato il luogo in cui andarsela a procurare: una remota valle pakistana dove sono custodite alcune delle riserve atomiche di Islamabad.

Il terrorismo nucleare “è una delle minacce più forti” che segnano il nostro mondo e la nostra epoca. Ne è convinto il presidente americano Barack Obama che lo ha sottolineato al vertice nucleare tenutosi nella capitale Usa. L’Isis in primis avrebbe tra le sue mire quella di riuscire a mettere le mani se non su una bomba atomica ‘convenzionale’, almeno su del materiale radioattivo con cui creare una cosiddetta bomba sporca.

Un’eventualità che se trasformata in atto reale farebbe impallidire gli attentati di Parigi e Bruxelles provocando non decine né centinaia di morti come accaduto sinora, ma migliaia. E l’ipotesi è tutt’altro che remota. Le nazioni e i siti dove reperire materiale radioattivo non sono pochi, e l’anello più debole della catena è il Pakistan, ed in particolare la valle del Balochistan, sede negli anni ’90 dei programmi nucleari di Islamabad ed oggi ad un passo dalle roccaforti talebane del vicino Afghanistan.

“Il Nuclear Security Summit internazionale di Washington, convocato da Barack Obama e al quale partecipano da ieri oltre 50 capi di Stato e di governo dalla Cina all’Italia, dal Giappone alla Corea del Sud – scrive Marco Valsania sul Sole24Ore -, prende le mosse dalla memoria fresca degli attentati di Bruxelles e prima ancora di Parigi e San Bernardino. E guarda con preoccupazione allo spettro delle tragedie ancora più devastanti che avrebbero provocato se i terroristi fossero stati in possesso di ‘cocci radioattivi’. Se avessero cioè detonato uranio o plutonio radioattivi, rastrellati sul mercato nero o rubati dagli innumerevoli siti spesso civili – da depositi a reattori e ospedali – tuttora mal protetti e sparsi per il mondo.

L’allarme si è fatto strada nell’agenda esplicita del vertice: per la prima volta dal suo debutto nel 2010 organizza una sessione interamente alle risposte al terrorismo urbano e a simulazioni di strategie per affrontare imminenti attentati atomici. E proprio il Belgio, teatro dell’ultimo massacro, è una delle frontiere atomiche più allarmanti agli occhi dell’amministrazione americana: i consiglieri per la sicurezza nazionale della Casa Bianca denunciano disorganizzazione e incapacità nelle indagini da parte dalle autorità locali, che ora stanno aiutando. E ricordano come la vulnerabilità del Paese nel cuore dell’Europa sia emersa fin dal 2014: da allora un impianto nucleare è finito vittima di sabotaggio, uno scienziato è stato spiato ed è venuto alla luce l’esodo di dipendenti del settore alla volta di Siria e Iraq per combattere sotto le bandiere di Isis. Assieme a Pechino e altri sei Paesi, Bruxelles riceve il voto più basso dagli esperti per la ciber-sicurezza dei suoi impianti”.

Ma se in Europa il Belgio ha mostrato tutta la fragilità del suo sistema di sicurezza che coinvolge, inevitabilmente, le sue centrali nucleari poco e mal sorvegliate, nel mondo sono altri e tanti i siti che preoccupano le intelligence di mezzo pianeta. Si va dalla Russia, che ha disertato il vertice e mette oggi all’indice qualunque negoziato sulla neutralizzazione di materiale atomico sotto la leadership statunitense, alla Corea del Nord, con la sua escalation di esperimenti atomici. Ma tra queste e i molti stati dell’ex Unione Sovietica che ancora hanno depositi di materiale radioattivo, e altri paesi come l’Arabia Saudita che la bomba vorrebbero sviluppare, è il Pakistan il vero punto debole. Islamabad è infatti oggi per gli Stati Uniti un alleato scomodo che ha sposato una nuova generazione di armi nucleari tattiche di piccole dimensioni, più difficili da tenere sotto chiave.

In particolare è la valle del Belochistan l’obiettivo su cui lo Stato Islamico, che non fa mistero di puntare alla realizzazione di una bomba sporca, ha messo gli occhi. Una regione strategica del Pakistan al confine con Afghanistan ed Iran teatro di test atomici controversi condotti in laboratori sotterranei negli anni ’90 e area ben nota per essere al centro dei programmi nucleari di Islamabad.

A preoccupare Obama ed il mondo non solo la vicinanza fisica tra la zona in questione e i territori talebani oltreconfine, ma anche e soprattutto la vicinanza che i servizi pakistani hanno in più di un’occasione dimostrato di avere con l’universo dell’integralismo islamico e della jihad. Non è un caso che Osama Bin Laden scelse proprio il paese asiatico per nascondersi, e non in una grotta, ma in una casa fortificata difficile da non notare.