ROMA – Isis, quando attacca in Europa a noi brava gente tranquilla piace raccontarci che con tutta probabilità sono “lupi solitari”. E infatti spesso e volentieri così ce lo raccontano i notiziari, non di rado con l’aggiunta ipotesi che il lupo solitario sia anche un disadattato sociale e un disturbato mentale. Insomma sentiamo il bisogno tutti, dal conduttore di telegiornale alla nonna di fronte al nipotino, di un identikit del terrorista che attacca e uccide in Europa che sia più o meno con queste caratteristiche: solo e folle.
Anis Amri insegna, anzi conferma che non è così. Solo? Incapaci di spiegarci, anche solo di interrogarci sul perché la Tunisia (paese di Amri) nazione relativamente più laica e democratica del Nord Africa abbia l’incredibile numero di cinquemila combattenti nelle file dell’Isis su ogni fronte, ci inventiamo una solitudine sociale e culturale che il vero Amri nella sua vita non ha mai respirato. Se l’attuale governo tunisino dichiara pubblicamente l’emergenza ordine pubblico per i troppi soldati Isis tunisini di rientro in patria, tanto solo Amri non si deve mai essere sentito.
E solo non è stato nelle carceri italiane dove sono centinaia i detenuti di fede musulmana che si “radicalizzano” (alla criminalità italiana la radicalizzazione islamista non fa barriera per fare affari e accordi e questa è altra triste storia che mai ci raccontiamo). E solo Amri non è stato culturalmente e ideologicamente in Germania dove centri islamici e imam coltivavano in neanche tanto rigida clandestinità la predicazione e la fede nella guerra agli infedeli nel nome del califfato.
Solo allora organizzativamente? Uno segnalato da polizia europea a polizia europea che per molti mesi si muove come pesce in acqua nei campi e centri profughi tanto solo non è. Solo nel mobilitarsi? Uno che posta il video che subito Isis mette in rete? Uno che sceglie itinerari e treni secondari per viaggiare da Berlino all’Olanda e poi alla Francia e poi all’Italia? Quell’Italia dove è un pregiudicato e ricercato e lo sa? Ha tratto questo suo modus operandi dalla visione di film al cinema? O ha avuto il tempo e il modo per prepararsi ad essere un operativo di Isis in Europa? Tempo e modo se uno li ha suppongono niente solitudine.
E i contatti in Germania, quelli in Italia, quelli in Tunisia sono la solitudine di un folle? E l’azione di impadronirsi di un Tir, far fuori il conducente e buttarlo come una bomba in mezzo ai “crociati” a Berlino è la riposta di un folle all’esplicito comando venuto da Isis ad attaccare usando i Tir come arma?
Non ci sono lupi solitari e non ci sono menti impazzite. Ci piace dirlo ma non è vero. In qualche modo ci consola dirlo ma non ci aiuta, non più di quanto aiuti una pietosa bugia. Ci sono soltanto branchi. In Europa Isis non ha eserciti e neanche reggimenti o battaglioni. Ma ha soldati e simpatizzanti in numero esiguo ma sufficiente a formare branchi organizzati che si disperdono e radunano alla bisogna e si attivano e sostengono.
E non sono per nulla folli, sarà sempre troppo tardi il giorno in cui smetteremo di raccontare che devono essere “pazzi” per farci la guerra e che quindi non ce la fanno davvero e non è guerra vera perché sono “pazzi”. Questa specie di comma 22 che applichiamo a tutela della nostra tranquillità superficiale rischia di ipnotizzarci di fronte a quello che è un miraggio.
Già, ma quando smetteremo? Per ogni dove, ad ogni occasione definiamo “assurda” la realtà. Assurda la cronaca, assurdi i fatti. Assurdo, cioè impossibile o quasi, così battezziamo nella lingua parlata la realtà. Aggettivo che mostra tutta la nostra fatica e rifiuto a comprendere ciò che viviamo, aggettivo che dovremmo abolire quando lo accoppiamo in automatico alla realtà, perché proclamarla “assurda” è abolire la realtà.