Salvi Iva, ammazzi salario. Troppo per il governo dei separati in casa

letta (2)ROMA – Evitare l’aumento dell’Iva è una “storia complicata”. Tutti, nel mondo e in Europa come in Italia, tutti quelli almeno che sanno far di conto e non rispondono solo all’istinto di lobby e di teatro politico, chiedono che il carico fiscale italiano venga spostato, anzi riequilibrato dal lavoro ai consumi, dal salario al patrimonio. L’esatto opposto di quanto fatto finora.

In Italia c’è troppa Irpef e troppa Irap e troppe tasse sulla busta paga e sull’impresa che quella busta paga. E c’è poca tassa sul patrimonio in qualunque sua forma e relativamente poca tassa sui consumi. Quindi, ancora una volta, se il governo “salva” l’Iva, cioè non la’aumenta, ammazza il salario, cioè non riduce il cosiddetto “cuneo fiscale” o non lo fa in misura sufficiente e percepibile  Una legge di stabilità da varare, “con interventi strutturali sul cuneo fiscale, non spiccioli” è però quel che Enrico Letta si propone e propone. “Cuneo fiscale”, la differenza, il cuneo appunto,che divarica il costo lordo di un lavoratore per l’impresa, il costo compresi contributi e tasse, e il netto del suo salario o stipendio. Tra bastonare il “cuneo” e salvare l’Iva tocca scegliere. Ma può davvero scegliere un governo che giovedì mattina non cade dopo il primo voto in Senato su Berlusconi ma che da quello stesso giovedì sarà nei giorni buoni un governo da separati in casa e nei giorni cattivi un governo con la guerra civile in casa tra Pd e Pdl? Domanda retorica e risposta netta: non può e non ci saranno vere scelte.

Dice molto il premier Enrico Letta nella sua apparizione nel salotto di Bruno Vespa. Parla di Renzi, di Berlusconi e del governo. Ma parla anche di questioni molto concrete e di sicuro più nel cuore e nelle tasche dei contribuenti italiani. L’aumento dell’Iva di un punto percentuale, dopo l’ennesimo rinvio, è dietro l’angolo. Dal Pdl, per bocca del solito Renato Brunetta, come per l’Imu si promette che l’aumento non ci sarà ma il premier riconosce che evitare l’aumento non è affatto scontato ed anzi è “una storia complicata”. Complicata non solo perché le finanze italiane non brillano ma anche, e forse soprattutto, perché la nostra economia, come tutti o quasi riconoscono, avrebbe bisogno di un’inversione di rotta: meno carico su lavoro e più carico su patrimonio. L’abolizione dell’Imu 2013 è andata nel senso opposto ed è forse arrivato il momento di far qualcosa. Di metter mano, come Letta dice, al cuneo fiscale.

Idea piena di buon senso e che risponde a richieste di soggetti solitamente su posizioni differenti come sindacati e Confindustria ma idea che, per realizzarsi, ha bisogno di un governo che le dia corpo. E per intervenire significativamente sulla redistribuzione del carico fiscale italiano serve, qui come altrove, un governo non necessariamente forte ma almeno non fragilissimo che possa e sappia farsi carico di una simile decisione.

Non corrisponde però il governo Letta a questo identikit, nonostante lo stesso premier annunci che nella legge di stabilità si lavorerà proprio sul cuneo fiscale. Non gli corrisponde non per colpa del primo ministro ma per colpa dei due principali alleati di governo: Pd e Pdl. Alleati che, oltre alle distanze e alle differenze che da sempre esistono, si preparano a vivere i prossimi mesi da separati in casa, in un clima da guerra civile governativa.

A breve arriverà infatti il voto della giunta del Senato sul caso Berlusconi e poi, probabilmente, quello dell’aula di Palazzo Madama. Votazioni che sanciranno verosimilmente una rottura definitiva tra democratici e pidiellini. Rottura che non si tradurrà con ogni probabilità in crisi di governo, non conviene nemmeno a quel Berlusconi che da tempo la minaccia, ma che metterà l’esecutivo nelle condizioni di non poter far nulla. Rende bene, in questo senso, il parallelismo con i separati in casa. Vi immaginate moglie e marito che, non parlandosi più ma abitando sotto lo stesso tetto si mettono d’accordo sulla ristrutturazione della loro abitazione e dividono le spese? Ovviamente faticate a farlo. Provate ora ad immaginare Pd e Pdl che non si parlano e si accusano reciprocamente di essere traditori, infami, ladri, giustizialisti e simili e che devono accordarsi su come scaricare il lavoro dal peso delle tasse e su dove reperire quei soldi altrimenti. Fantascienza.

Come analizza anche Stefano Folli sul Sole24Ore l’esecutivo supererà lo scoglio Berlusconi, crisi non sarà ma il governo che rimarrà sarà un governo di macerie, un governo prodotto solo dall’assenza di alternative e, forse, dalla paura del voto.

Mostra ottimismo, e probabilmente non potrebbe essere altrimenti, il premier Letta: parla della legge di stabilità da varare e dell’intenzione di ridurre il cuneo fiscale, indica la lotta al precariato come un obiettivo da raggiungere e sottolinea come vada cambiata la legge elettorale perché “col Porcellum non si può votare”.

Tra meno di due settimane l’aumento dell’Iva, in assenza di provvedimenti compensativi da confezionare prima, sarà automatico. Poco dopo, nella prima metà di ottobre, il Senato voterà sulla decadenza del Cavaliere. Iva o cuneo, qualcuno dovrebbe scegliere, decidere ma il dibattito politico è per ora catalizzato dalla decadenza del senatore Berlusconi.

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