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Italiani “poco occupabili”, scandalo! Ma Costituzione dice “capaci e meritevoli”

di Alberto Francavilla |10 Ottobre 2013 13:42

ROMA – Dopo essere stati definiti “bamboccioni”, “sfigati” e “choosy”, gli italiani scoprono ora di essere “poco occupabili”. Glielo hanno annunciato il ministro del Lavoro Enrico Giovannini e, soprattutto, i dati Ocse sulla preparazione e sulle competenze dei lavoratori di mezzo mondo. Come nei precedenti casi, anche in quello dei “poco occupabili”  gran maggioranza gli italiani organizzati in partiti, sindacati, associazioni e via andare si sono offesi. Si sono sentiti e dichiarati lesi, hanno gridato allo scandalo per le parole volutamente usate o non volendo sfuggite.

Poco occupabile sarà lei ha cominciato a cantare l’Italia al ministro. Ma gli italiani, anche quelli che cercano lavoro, sono agli ultimi posti delle classifiche, tutte. Sindacati e forze politiche hanno immediatamente condannato le parole del ministro, non i dati Ocse perché con i numeri, si sa, non si può far polemica. La preparazione media degli italiani è però effettivamente di basso livello, e questo dovrebbe forse far indignare più che le parole di chi questa condizione denuncia. In fondo anche la nostra Costituzione parla di “capaci e meritevoli”. Meritevoli da aiutare, incoraggiare, proteggere, corredare di concreti diritti. Meritevoli e anche capaci. La capacità, la competenza, la preparazione, la professionalità sono condizioni senza le quali non c’è lavoro non solo nel mercato cattivo e crudele ma anche nella cultura della “Costituzione più bella del mondo”, ammesso che lo sia.

Articolo 43 della Costituzione Italiana: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Dice chiaro e tondo quindi la nostra Carta fondamentale che i “capaci” hanno diritto a raggiungere i più alti gradi degli studi che altro non sono che il viatico per un buon impiego e una successiva carriera. La continuità tra il mondo dello studio e quello del lavoro è assolutamente esplicita.

I dati Ocse, e a dire il vero anche solo un minimo di spirito critico e d’osservazione, indicano chiaramente che gli italiani, e quindi anche i lavoratori italiani, spesso “capaci” non sono. O comunque lo sono meno dei loro concorrenti. Tra i 24 paesi presi in esame, paesi tra figurano anche diversi stati che fanno parte della Comunità Europea, stati tra cui, è bene ricordare, vige anche la libera circolazione dei lavoratori, siamo ultimi per competenze in lettura e penultimi in competenze in matematica e per capacità di risolvere problemi in ambienti ricchi di tecnologia. Un dato questo che basta da solo a capire come il prodotto “lavoratore italiano” sia sul mercato europeo poco appetibile. Senza considerare che, spesso, i lavoratori almeno di alcuni paesi dell’area Schengen, oltre ad essere più preparati, costano anche meno.

Roberto Giovannini, su La Stampa, sciorina poi altre “qualità” di noi italiani:

“L’analisi dei ricercatori Ocse porta a conclusioni davvero impietose. Tanto da far parlare di ritorno “all’analfabetismo funzionale”: tecnicamente significa saper leggere, scrivere, far di conto, ma allo stesso tempo non saper utilizzare quelle informazioni, non saper capire una tabella o un grafico, non saper utilizzare un computer. Secondo lo studio, gli adulti (tra 15 e 65 anni) del Belpaese sono in fondo alla classifica europea che stima la capacità e preparazione letteraria e matematica di 24 paesi. Risultiamo, per la precisione, ultimi per competenze in lettura e penultimi in competenze in matematica e per capacità di risolvere problemi in ambienti ricchi di tecnologia. Addirittura il 28% degli italiani è al livello più basso di competenze in lettura (media 15% nell’area Ocse). Quasi un terzo della popolazione leggendo un testo scritto riesce ad interpretare soltanto informazioni semplici. Il 32% non sa decifrare dati, tabelle e grafici”.

“Non sono i lavoratori a scegliere di essere ‘inoccupabili’”, dice il segretario confederale Cgil Serena Sorrentino. “Quella di Giovannini pare una generalizzazione improvvida”, le fa eco la collega Elena Lattuada. Critiche che arrivano non solo dal mondo sindacale e dei lavoratori, ma anche dalla politica, dal Pd come dalla Lega Nord.

Un coro unanime o quasi levatosi contro le parole del ministro. E non è certo la preparazione degli italiani l’unico ed il solo problema del mercato del lavoro italiano. I problemi che lo affliggono sono anzi, e purtroppo, tanti e diversi. Certo è che se fossimo davvero “capaci”, come Costituzione chiede, potremmo avere qualche chances in più. E non a caso i nostri cervelli, cioè le menti migliori e più capaci, un lavoro, all’estero, lo trovano.

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