ROMA – Un materasso europeo per evitare che chi ha i soldi in banca corra a prenderli per ficcarli sotto il materasso di casa: questo stanno tentando, e in tutta fretta, i governi europei. Riusciranno in tempi brevi e in forme certe a fornire a chi ha un conto corrente in banca una garanzia non solo nazionale ma continentale che, anche se la banca salta, i soldi non si perdono? Per ora la garanzia c’è, ma è nazionale, ed è questo il problema visto che non tutti gli euro sono per i mercati e tra un po’ anche per la gente proprio “uguali”.
Di code agli sportelli delle banche in Grecia se ne sono viste parecchie, e qualcuna è comparsa anche in Spagna. Si prelevano euro che domani potrebbero diventare dracme oppure si levano soldi dalle casse di una banca che può fallire. Casi specifici, però…Però l’ipotesi da sempre considerata scolastica in cui tutti i correntisti si presentano in banca per prelevare i loro soldi, facendo così crollare il sistema bancario, sembra non essere più così scolastica. Il premier Mario Monti ha portato al G8 un piano per evitare che questo possa accadere: un sistema paneuropeo di garanzia per i conti correnti bancari. Una sorta di materasso che possa attutire il “botto” delle banche se tutti i risparmiatori decidessero di affidarsi al loro, di materasso, per custodire i soldi.
Ancora una volta, come ormai abitudine da qualche tempo a questa parte, il problema e la paura arrivano da Atene dove, tra meno di un mese, il 17 giugno, si tornerà alle urne per cercare di dare un governo al paese e per capire se la Grecia resterà o meno nell’euro. Ma, si sa, la paura non conosce pazienza e l’appuntamento elettorale rischia di arrivare a decisioni già prese, e prese non dai governi, ma dai cittadini, dai fatti e dalla paura. In Grecia è già cominciata infatti la corsa a ritirare i risparmi dalle banche ritenute non più affidabili e a ritirarli prima che si trasformino in dracme senza valore. La corsa è iniziata, lo ha detto apertamente il capo della banca centrale greca e lo dicono i numeri, ma il punto di non ritorno ancora non è stato raggiunto ma, se venisse raggiunto prima del prossimo 17 giugno, le elezioni avrebbero poco da dire. Se infatti le banche greche resteranno senza soldi perché tutti, o comunque molti cittadini greci hanno deciso di riprendersi i loro di soldi, il governo, di transizione o politico che sia, non potrebbe far altro che stampare moneta per far sopravvivere il paese. Abbandonando l’euro.
Come sempre accade però il panico non conosce confini, e la paura è già uscita dalla Grecia. Anche in Spagna si sono registrate code agli sportelli e un calo dei depositi bancari, e tutto con Atene ancora dentro l’euro. Quello che potrebbe accadere qualora la Grecia abbandonasse l’euro lo si può solo immaginare, ma è una prospettiva che fa paura. Nessuno stato singolarmente sarebbe infatti in grado di reggere ad un ritiro massiccio dei depositi bancari. Il sistema, semplicemente, crollerebbe. Così, quasi tra l’indifferenza generale, l’Europa sta studiando un sistema che possa scongiurare questo scenario. Monti ha portato un piano al G8, il governatore della BCE è spettatore interessato come lo sono la Merkel, Hollande e tutti i leader europei, soprattutto quelli dei paesi dalle economie più fragili.
Oggi non esistono regole comunitarie che tutelino i depositi bancari, ma le norme variano da Stato a Stato. Non tanto nella quantità della garanzia, ma soprattutto nella qualità. In quasi tutti gli Stati dell’Unione i depositi bancari sono garantiti sino a 100mila euro circa, significa che se la banca fallisce e si avevano depositati 80mila euro nessun problema, ma se ne avevi 150mila 50mila sono persi. Il punto però è chi garantisce, perché diverso è se a garantire è lo Stato tedesco o quello portoghese. Il fondo di garanzia che assicura il pagamento entro venti giorni dei centomila euro “assicurati” è nazionale, ma se è appunto la “nazione” a diventare insolvente? Uno degli scenari ipotizzabili dopo l’uscita di Atene dall’euro è infatti una corsa dei correntisti dei paesi meno solidi al ritiro dei loro soldi per trasferirli in banche di paesi, sempre euro, ma più solidi. Una garanzia paneuropea scongiurerebbe questo scenario ed eviterebbe il panico in tal senso. Gli americani si chiedono e lo hanno chiesto ancora nell’ultimo vertice a Camp David: “Ma voi europei non avete un sistema europeo di garanzie bancarie, quel che è successo da noi nel 1929 e negli anni ’30 non vi ha insegnato nulla?”. Sembra che sia pure in ritardo i governi europei stiano correndo a imparar la lezione.
Nota, diciamo così di servizio: garantiti fino a centomila euro sono i soldi in banca, i soldi “puri”, insomma quelli sul conto corrente. Obbligazioni, azioni, titoli di Stato e tutto quanto è investimento ovviamente non è garantito.
Scrive il Sole24Ore di domenica 20 maggio: “Di un sistema unico per l’Europa o anche per la sola Eurozona si è discusso a lungo, non solo in sede accademica. I suoi vantaggi, infatti, sono visibili a occhio nudo, a cominciare dalla riduzione dei costi amministrativi. Tenere in piedi tanti sistemi nazionali di garanzia comporta un sovraccarico di costi pari a 40 milioni di euro all’anno; inoltre, uno schema unico potrebbe assicurare una gestione migliore di un fallimento bancario perché l’impatto di un fallimento bancario su un sistema ampio e sovranazionale rispetto a quello provocato su un sistema di assicurazione dei depositi a scala nazionale sarebbe minore. Ma non basta: in un’ipotetica situazione di crisi bancaria transnazionale uno schema valido per l’intera Eurozona potrebbe incentivare una soluzione comune nell’interesse di tutti i depositanti, non solo di quelli di un determinato paese. In questa direzione andavano i suggerimenti di Mario Draghi quando guidava il Financial stability board. Ma il presidente della Bce ne ha parlato anche di recente nella sua qualità di chairman dell’Esrb (European systemic risk board) responsabile della vigilanza macroprudenziale in Eurolandia. Va detto, del resto, che la crisi ha già impartito all’Europa una dura lezione sugli effetti perniciosi del “fai da te”: nell’autunno del 2008, di fronte alla crisi del proprio sistema bancario, l’Irlanda si mosse da sola offrendo garanzie illimitate sui depositi e oltre a destabilizzare mezza Europa creando un deflusso di risparmio da altri Paesi attraverso un’azione di vero e proprio “moral hazard”, creò anche un buco ingestibile nei propri conti pubblici. Proprio in seguito a questo episodio, d’altra parte, nei mesi successivi si mosse anche l’Unione europea presentando una direttiva che cerca di armonizzare le regole dei dei vari schemi nazionali di assicurazione dei depositi sia per il livello (100mila euro per depositante sia per il tipo di copertura (viene istituito un meccanismo basato prevalentemente sui contributi ex ante da parte del sistema bancario). Adesso, la nuova fase di fragilità messa in moto in Eurolandia dal dramma della Grecia ha impresso un’accelerazione alla discussione sulla rete di protezione comune”.
Il famoso materasso, di protezione, di cui si sente sempre più forte il bisogno, per evitare di finire con i soldi nel materasso, ma quello dove li custodiva la nonna.